mercoledì 1 novembre 2023
A che cosa serve l’Onu? È utile, o no, a disinnescare e dirimere i conflitti tra Stati membri? Ha la capacità di far rispettare i diritti dell’uomo e quelli universali inscritti nella sua Carta fondamentale?
La risposta, ovviamente, è desolatamente negativa. Allora, due sono cose: o lo si riforma in profondità, o lo si abbandona come creatura nata morta, dato che fin dall’inizio la si è privata della “forza” per far rispettare e implementare le sue decisioni. Ma, un grave, incurabile difetto, riguarda la sua stessa costruzione giuridica, dato che mai come oggi occorre rispondere alla domanda: “Ma, gli Stati membri, sono tutti uguali?”.
Nel senso che, viene da chiedersi se, per caso, non sia da porsi un netto discrimine in grado di separare le democrazie liberali sia dalle dittature, che dalle autocrazie e teocrazie del resto del mondo. Possibile che fin dalla fondazione dell’Onu non sia stato posto un problema così macroscopico, che porta in sé il germe imperituro dello scontro di civiltà, quando si tollera l’asservimento di interi popoli a leader non eletti, o che dopo esserlo stati hanno preso di prepotenza il potere a vita, depredando e opprimendo le loro Nazioni?
Come si tollerano e si riconoscono rappresentanti dei loro Paesi coloro che, come prassi, segregano, imprigionano, torturano gli oppositori, sottraendo enormi ricchezze nazionali al proprio Paese, per arricchire a dismisura proxies, clientes politico-militari, dinastici e clanistici?
Quale potere e capacità ha oggi l’Onu di tenere uniti Global South e Global North, quando membri del Consiglio di Sicurezza, del calibro di Russia e Cina, possono impedire qualunque risoluzione di condanna per l’invasione dell’Ucraina e similari?
Per non parlare poi della mai risolta “questione palestinese”, la cui soluzione è stata di fatto e fin dall’inizio impedita, a turno, dai veti di uno o più membri del suo Consiglio di Sicurezza. E che dire delle accuse di corruzione (laddove non si sia parlato o accertato violazioni ben più gravi) di non poche sue unità di interposizione e di intervento in teatri di conflitto (qualcuno oggi ricorda il Ruanda, la Bosnia, e così via?), che non hanno evitato nessuna strage o genocidio delle minoranze che si intendevano proteggere, per i ridicoli e impotenti protocolli di ingaggio che caratterizzavano l’impiego di quegli stessi contingenti Onu?
Che dire in ultimo delle durissime accuse palestinesi in merito alla corruzione del contingente Onu che opera nella Striscia di Gaza?
Come si diventa “cives mundi”, analogamente a quanto accadde duemila anni fa per il “cives romani”?
Ovvero, chi è degno di stare dentro una Società delle Libere Nazioni? Storicamente, ad esempio, Roma prima conquistava territori con la forza delle sue legioni, poi imponeva ai propri sudditi il suo diritto romano che, però, aveva bisogno di un secolo almeno di dominazione per entrare nel dna del popolo assimilato/sottomesso, il quale era legittimato a mantenere intatta la sua identità, le sue tradizioni e i suoi dei.
Di quella lezione antica l’Occidente tecnologico e non più etico, vincitore della guerra fredda, da trenta anni a questa parte non ha minimamente tratto le ragioni della sua attuale rovina. Queste ultime sono finemente intrecciate con la sua presunzione di imporre all’universo-mondo i suoi “diritti universali”, che dovevano funzionare da livellatori di tutte le differenze e identità e divenire così legge per ogni Nazione dell’Onu.
Ora, il problema del nostro irreversibile fallimento ha diversi corni insolubili, che non si sciolgono con il profluvio dei “diritti” senza corrispondenti e altrettanto rigorosi doveri, né sanzioni né forza per far rispettare gli uni e gli altri. Al presente, molti intellettuali di tutti gli schieramenti cercano di spiegarci, partendo dall’attuale conflitto israelo-palestinese, i “perché” dello scontro di civiltà attuale tra democrazie, autocrazie e teocrazie, che oggi paradossalmente stanno tutte all’interno di un contenitore indifferenziato come l’Onu, malgrado le ultime due attuino il genocidio sistematico delle libertà individuali.
Per fortuna, con l’uscita recente di António Guterres tutto appare più chiaro. L’Onu ha operato dopo il 1991 un tilt o un radicale shift verso un netto terzomondismo, sposando le ragioni e le posizioni politiche “maggioritarie” assunte dall’attuale Global South, di tenore prettamente antioccidentale, soprattutto in materia di immigrazione. Il paradosso risiede nel fatto che si favorisce il diritto a migrare senza tenere in nessuna considerazione gli enormi costi economici, politici e sociali sia per chi abbandona in massa il proprio Paese, sia per chi li riceve, tenuto a esaminare una pseudo richiesta di asilo fondata su tutte altre premesse economiche, rispetto alla norma originaria.
Infatti, una equilibrata Società delle Libere Nazioni dovrebbe far precedere a tutto il resto il diritto a non-emigrare, soprattutto quando si è cittadini appartenenti a Paesi ricchissimi di risorse naturali, depredati e affamati da leadership autoctone e post-coloniali, molto spesso colluse con i grandi poteri economici mondiali.
Una società ideale dovrebbe innanzitutto fissare regole rigorose per l’adesione dei suoi membri, escludendo a priori, anche successivamente, quei Paesi che non vantino un’adeguata balance of powers e in cui i popoli non possano scegliere liberamente chi li governa, né avere diritto all’equi-ripartizione delle risorse, laddove abbondino materie prime e terre fertili, patrimonio della Nazione e di tutti i suoi cittadini.
Oggi, all’Onu, i suoi Segretari generali accolgono capi di Stato e di Governo che si sono macchiati di gravi delitti nei confronti del proprio popolo e delle minoranze, senza essere messi alla porta e vedere confiscati ovunque si trovino i loro conti esteri, per sanzionarne gli illeciti arricchimenti.
Una Società delle Nazioni Libere dovrebbe poter contare su una forza armata propria e permanente (ogni Paese membro fornisce truppe scelte in base al proprio peso demografico ed economico), per le necessarie e tempestive operazioni di polizia internazionale a difesa dei popoli oppressi e volte a impedire la violazione dei confini internazionali comunemente accettati e condivisi. Le stesse risorse militari in tempi di pace possono e debbono essere impiegate per il soccorso alle popolazioni civili, colpite da calamità naturali, ovunque si trovino nel mondo.
Per questo sarebbe bene che il Sud e il Nord globali si separassero, in modo che i regimi illiberali, teocratici e dittatoriali non stiano mai più sotto lo stesso tetto delle democrazie liberali. E, infine, bisogna “riarmare” il nucleare civile, con centrali piccole e sicure, in modo che i conflitti mediorientali contino per noi, in futuro, meno di quelli africani.
di Maurizio Guaitoli