mercoledì 1 novembre 2023
Ultima Generazione blocca l’autostrada, i liberali bloccano Hamas
Incoscientemente gli attivisti di Ultima generazione bloccano l’autostrada Milano-Torino in entrambe le direzioni. Automobilisti di tutto il mondo, sbuffate! Sbuffate – ovviamente senza bestemmiare – perché in questo momento di gestione dei rischi terroristici gli unici rallentamenti utili sono altri: quelli dovuti ai controlli al confine italo-sloveno, interno alla nostra grande casa europea. Non si tratta di forare la bolla dei sogni di attivisti metodologicamente discutibili, né si tratta di dire ai giovanissimi d’andare a sognare da un’altra parte. Si tratta, invece, di buon senso e di collaborazione generale da parte di tutti, durante un momento d’alte tensioni internazionali da cui, nel villaggio globale, nessun Paese è immune. L’Italia, spazio mediterraneo e post-balcanico di transito, men che meno.
L’applicazione del Trattato di Schengen sulla libera circolazione interna all’Ue viene temporaneamente sospesa dal Governo italiano, come misura estrema – e necessitata – a fronte di estremismi che mettono a repentaglio l’ordine pubblico, la salute psicofisica e la vita stessa di tutti noi euro-occidentali. Affinché in Italia non arrivino e non transitino cellule amiche di Hamas, della Jihad Islamica, dell’Isis e di tutto quel parterre nazislamista pronto a uccidere chiunque, occorre che la famiglia europea controlli quelle specifiche porte a rischio, che scricchiolano, tra una stanza e l’altra della grande casa. Così Palazzo Chigi, forte del parere positivo del Comitato di analisi strategica antiterrorismo del Ministero dell’Interno, sospendendo proprio Schengen resta europeista e anzi ancor più europeista diviene. Stando così le cose, infatti, il paradosso rappresenta la realtà.
L’Europa dei diritti è fondata sul paradigma delle libertà coscienti, sulla cura della vita dello Stato di diritto. Per far funzionare concretamente tutto ciò, i Paesi sulle cui forze si edifica l’Europa sono tenuti a scegliere il diritto alla vita: a una vita sicura per tutti, in ogni angolo della casa, Italia inclusa. Non è ideologica la scelta italiana, bensì pragmatica: proporzionata alla carica offensiva e alla portata adespota del nazislamismo cellulare di Hamas & company, il cui patrimonio negli ultimi tempi è stato abbuffato dagli aiuti dei bracci operativi del regime iraniano. Hamas è una minaccia agghiacciante per Israele, per le comunità ebraiche di ogni dove e per tutti i luoghi in cui donne e uomini praticano quello sforzo liberale di democrazia quotidiana, tra doveri, diritti e libertà.
Come Italia e come Unione europea, sentiamoci coinvolti. Siamo sotto attacco, in modo diverso e parallelo rispetto a Israele. Prima lo capiamo e meglio sappiamo evitare di piangerci morti, feriti e traumatizzati. A tutela dell’ordine pubblico demo-occidentale ovvero nella speranza pratica di coltivare un orto autodeterminante di liberaldemocrazia in Medio Oriente attraverso la cultura politica israeliana, uniti a Israele e per il bene delle giovani generazioni palestinesi, contrapponiamoci ad Hamas senza ambiguità. L’obiettivo dev’essere estirpare Hamas e tutte le risorse che questa ha accumulato nel tempo: dal 2007 il gruppo terroristico geopolitico incassa i dazi imposti sui prodotti che entrano a Gaza e convoglia valori in criptovalute, utilizzando società di comodo e altri mezzi elusivi o di segregazione patrimoniale.
Dopo il 7 ottobre 2023, davanti a tutte le atrocità bestiali e a tutto quel dolore immenso vissuto dal popolo israeliano, non possiamo non sostenere Israele fra prevenzione e contrasto dei sistemi del terrore, in un equilibrio fragile che concili la protezione dei diritti umani e la garanzia della civiltà democratica liberale, con una strategia necessariamente transnazionale. Occorre anche tenere in considerazione ciò che Joe Biden, pur nella sua goffaggine, ha fatto intendere durante la visita dal presidente israeliano: bisogna distinguere Hamas dal popolo palestinese ed evitare di commettere gli stessi errori del dopo 11 settembre 2001 in danno di tanta gente innocente che semplicemente viveva, e vive, in terre mediorientali martoriate dal fondamentalismo islamico.
Allora il farmaco che noi Stati e unioni di Stati laici, o comunque non islamici, dobbiamo prescrivere per curare questo morbo qual è? La proroga a gogò della sospensione geograficamente mirata del Trattato di Schengen? No. La mossa del Governo è stata una mossa utile e necessitata, ma pur sempre emergenziale, non sovrastrutturalizzabile all’interno dell’ossatura ordinamentale. Vi ostano le prescrizioni costituzionali nonché la stessa sensibilità della nostra civiltà italeuropea. Una sensibilità più libertaria che non. Restando pragmatici, al netto di ogni costosa miopia, dobbiamo difendere il nostro Occidente democratico dall’oscurantismo illiberale e illibertario, dalle talebanocrazie afghane, dal neo-sovietimperialismo putiniano, dalla radicalizzazione statolatrica islamica di quelle aree mediorientali dominate da gruppi terroristi alla ricerca di successi planetari. È morale il dovere di fugare ogni dubbio ed ogni ambiguità internazionale su ciò che l’Italia è, su ciò che l’Italia fa, dentro i propri confini e insieme agli altri Paesi membri dell’Unione europea.
Spiace leggere che il 17 ottobre l’autorevole Giorgio La Malfa abbia pubblicato nel commento politico Il momento della lungimiranza il suo parere secondo cui Israele sbaglierebbe se invadesse militarmente Gaza per colpire i mandanti della carneficina subita il 7 ottobre. Non si può pretendere una risposta israeliana in cartolina nei confronti dei depositi d’armi della disumana Hamas, sempre ove quest’ultima non utilizzi come scudi umani gli innocenti civili palestinesi, scudi umani – va ricordato – resi possibili anche dalla cattiva gestione dell’urbanizzazione edilizia che all’interno di Gaza si è talvolta sviluppata proprio a ridosso delle infrastrutture terroristiche. Sempre più alte devono farsi le pretese: come quella di parlare del bisogno d’istituire un esercito europeo, per difendere al meglio i confini esterni dell’Europa, per prevenire e fronteggiare al meglio i ciclici risvegli cellulari dello stragismo nazislamista.
Se sarà l’Italia a farsi fattiva pioniera riformista in Europa, per fondare una speranza strategica dalle ceneri del dolore di questi giorni attraverso la proposta di un esercito eurounionale a vocazione federale, sarà l’Italia stessa a farsi patria, nazionale ed europea. Cosa aspettiamo? Non diamoci in pasto alle nascenti o rinascenti egemonie neo-khomeiniste. C’è tanta carne per i nostri denti forti, amanti del progresso illuminato, dentro ed oltre ogni fragilità. Per combattere il nazislamismo, se sarà preliminarmente necessario, ci batteremo contro il buonisticamente corretto, o semplicemente lo bypasseremo politicamente.
di Luigi Trisolino