Regionali nel Lazio: l’occasione per il centrodestra

mercoledì 19 ottobre 2022


Tra un caffè e una telefonata il refrain è solito: il centrodestra alle Regionali del Lazio ha una grande occasione. Quella di salire al Governo e mandare a casa dieci anni di Nicola Zingaretti. Certo, la partita non è semplice. Da un lato, le radici lasciate dall’Amministrazione di centrosinistra sono ben radicate. Dall’altro, c’è l’euforia per il successo alle Politiche del 25 settembre. Proprio da qui la coalizione partirà per seguire l’onda lunga, anche perché l’appuntamento per la poltrona da governatore è previsto per l’inizio del 2023. Non a caso, il centrodestra ha tutti i motivi per accelerare i tempi, sfruttando – giocoforza – sulla situazione d’impasse del centrosinistra, impantanato al momento in un campo largo minato da insidie e duelli rusticani.

Il punto focale resta quello sul candidato. Paolo Trancassini – deputato e coordinatore regionale di Fratelli d’Italia – in un’intervista a L’Opinione sostiene che FdI “sarà protagonista” perché è il primo partito. Inoltre, “ha un’ottima classe dirigente” e quindi può presentare agli alleati un valido “ventaglio di ipotesi”. La sensazione, che è anche qualcosa di più, spinge sullo stesso tasto: il nome che verrà fatto, salvo sorprese, sarà uno in quota FdI. Troppo evidenti le tracce lasciate con il voto del 25 settembre: Fratelli d’Italia, ora, ha i numeri per dare le carte e la Lega nel Lazio ha poco appeal. Resterebbe Forza Italia: l’ipotesi di un suo candidato – per quanto defilata e motivata dal fatto di evitare un melonismo acchiappatutto – è rimasta in piedi fino al risultato delle Regionali siciliane, che vedono la vittoria dell’Azzurro Renato Schifani. Ora il quadro, però, è un altro. Anche se a dare un po’ di brio ci pensa il senatore di Fi, Claudio Fazzone, che in un’intervista al Messaggero torna sulla questione: “Se fossi in Meloni lascerei che il Lazio vada a Forza Italia. È una soluzione per non egemonizzare e dunque migliorare i rapporti tra alleati”. Autocandidatura non richiesta? Comunque sia, Fazzone offre pure un identikit sulla papabile nomination: “Deve essere un politico, che si dedichi totalmente all’attività regionale”. E su questo aspetto il coro è unanime. Cioè, il candidato dovrà essere d’alto profilo, in linea con quanto sta professando Giorgia Meloni per la scelta dei ministri. Un cambio di linea, in effetti, non sarebbe comprensibile. E finirebbe per indebolire un eventuale candidato già di per sé privo del phisique du role che serve per la competizione in arrivo tra pochi mesi. In tal senso, ecco l’altro invito (o meglio, l’auspicio): la scelta dovrà essere condivisa. Il motivo è semplice: non perdere per strada il flusso positivo.

Indizi ulteriori, in più, vanno pescati dal fronte “nazionale”, cioè dalla scelta dei capigruppo (per Camera e Senato) e da chi riempirà le caselle dei dicasteri. Finora, i nomi dei papabili per la corsa alle prossime Regionali non sono mancati: Francesco Lollobrigida (fresco di riconferma come capogruppo FdI alla Camera, quindi fuori concorso), Chiara Colosimo (neoeletta, già consigliere regionale del Lazio, in pole per il ministero dello Sport), il presidente nazionale della Croce Rossa, Francesco Rocca (che in tanti danno in lizza come futuro ministro della Salute) e lo stesso Trancassini. Ma c’è anche chi fa il tifo per Fabio Rampelli, ovvero non uno qualunque: ultimo vicepresidente della Camera in quota FdI, conosce come le sue tasche sia il Lazio che la macchina amministrativa regionale. Insomma, non avrebbe bisogno di alcun apprendistato. Tra l’altro, e ciò non guasta, gode di una filiera “che funziona a tutti i livelli”. Se dovesse restare fuori dalla partita dei ministeri, le porte della Regione potrebbero aprirsi per lui.

Gli ingredienti ci sono tutti. Dopo la formazione della squadra di Governo, quasi certamente, arriverà l’ufficialità del candidato. Che si troverà davanti, assicurano, una Regione “decisamente diversa da quella raccontata da Zingaretti” (immagina, puoi... verrebbe da aggiungere). Allo stesso tempo, secondo qualcuno, la gara dovrà essere affrontata “in maniera corale” e accompagnata da una melodia che suona più o meno così: “Basta errori”. Ogni riferimento al passato – la candidatura di Stefano Parisi per il Lazio (non supportata appieno, vista la presenza nella corsa di Sergio Pirozzi e la conseguente spaccatura del centrodestra) o quella di Enrico Michetti per il Campidoglio (sbagliata in toto) – non è puramente casuale. 


di Claudio Bellumori