II
        
        
          ATTUALITÀ
        
        
          II
        
        
          Pd e Udc esultano
        
        
          senza aver vinto
        
        
          osario Crocetta è stato eletto
        
        
          presidente della Regione Sici-
        
        
          lia: onore al vincitore e ai partiti
        
        
          che lo hanno sostenuto. Poi però
        
        
          ascolti Pier Luigi Bersani che parla
        
        
          di “risultato storico” e allora scatta
        
        
          un certa curiosità che ti porta ad
        
        
          evidenziare che, nel 2008, con An-
        
        
          na Finocchiaro candidata, il Partito
        
        
          Democratico aveva ottenuto oltre
        
        
          500
        
        
          mila voti ed una percentuale
        
        
          intorno al 19%. L’altro giorno i
        
        
          freddi numeri ci raccontavano in-
        
        
          vece di un Pd intorno al 13,5% e
        
        
          circa 258mila preferenze: pratica-
        
        
          mente la metà. E ciò, ci sia consen-
        
        
          tito, ci porta a nutrire più di una
        
        
          perplessità sulla “storicità” dell’esi-
        
        
          to della consultazione di domenica.
        
        
          C’è anche Casini ad esultare per il
        
        
          risultato del 28 scorso. E lo fa tra-
        
        
          scurando il fatto che il suo Udc
        
        
          (
        
        
          che con Pd, Mp e Unione Consu-
        
        
          matori appoggiava la candidatura
        
        
          Crocetta) nel 2008 sosteneva Raf-
        
        
          faele Lombardo ed ottenne oltre
        
        
          330
        
        
          mila preferenze (12,5%), a dif-
        
        
          ferenza di oggi che supera di poche
        
        
          migliaia le 200mila corrispondenti
        
        
          ad uno stiracchiato 11%. Secondo
        
        
          il leader Udc, inoltre, «è ineludibile
        
        
          il rapporto tra progressisti e mo-
        
        
          derati che metta al bando gli estre-
        
        
          mismi e i populismi» con chiaro
        
        
          riferimento a Sel e Italia dei Valori
        
        
          che a mettersi al bando, almeno in
        
        
          Sicilia, ci hanno pensato da soli.
        
        
          Ci si chiede dunque come farà Ber-
        
        
          
            R
          
        
        
          sani adesso a togliersi di torno Ni-
        
        
          chi Vendola, col quale si è politi-
        
        
          camente unito. La realtà è che il
        
        
          neo-presidente Crocetta dovrebbe
        
        
          ringraziare soltanto il duo Miccic-
        
        
          ché-Lombardo. Col loro raggrup-
        
        
          pamento, hanno soltanto aperto
        
        
          la strada alla vittoria (sia pur senza
        
        
          maggioranza assoluta) del centro-
        
        
          sinistra, spaccando un’area mode-
        
        
          rata che, se unita, avrebbe raggiun-
        
        
          to tranquillamente il 40% ed oltre.
        
        
          La vittoria Pd-Udc ha solo prodot-
        
        
          to l’ingovernabilità (almeno nu-
        
        
          merica ed allo stato dei fatti) della
        
        
          Regione, l’affermazione netta del
        
        
          M5S ed il trionfo dell’astensioni-
        
        
          smo, la cui percentuale è più alta
        
        
          di quella degli elettori che si sono
        
        
          recati alle urne. Eppure Bersani e
        
        
          Casini esultano: contenti loro...
        
        
          
            GIANLUCA PERRICONE
          
        
        
          di
        
        
          
            CLAUDIO ROMITI
          
        
        
          ell’attuale bailamme della po-
        
        
          litica, che appare ancora più
        
        
          confuso di quello che caratterizzò
        
        
          il trapasso della Prima Repubblica,
        
        
          si nota un crescente ed irrespon-
        
        
          sabile richiamo alla pancia dei cit-
        
        
          tadini più sprovveduti, ad opera
        
        
          dei tanti mestatori in servizio at-
        
        
          tivo permanente. Tra politici di
        
        
          professione, avventurieri dell’ulti-
        
        
          ma ora e telegiornalisti in cerca di
        
        
          facile consenso, tra cui Paragone,
        
        
          colpito sulla via di Damasco del
        
        
          collettivismo, si è scatenata una
        
        
          vera e propria gara a chi cavalca
        
        
          meglio le posizioni più demagogi-
        
        
          che. Mi colpisce, in particolare, la
        
        
          sempre più esplicita condanna del-
        
        
          l’euromoneta e il conseguente in-
        
        
          citamento, più o meno esplicito,
        
        
          rivolto al popolo a premere per
        
        
          un ritorno alla vecchia liretta. Pro-
        
        
          prio su questo piano, il citato con-
        
        
          duttore de L’Ultimaparola ha im-
        
        
          postato molte puntate del suo
        
        
          programma, invitando tutta una
        
        
          serie di personaggi, tra cui un an-
        
        
          tico pupillo di Santoro come Pao-
        
        
          lo Barnard o un teorico della spe-
        
        
          sa pubblica al pari dell’economista
        
        
          Giulio Sapelli. Personaggi, questi
        
        
          ultimi, che tendono ad avvalorare
        
        
          presso la cittadinanza l’idea, molto
        
        
          balzana, secondo cui la ricchezza
        
        
          equivale alla quantità di moneta
        
        
          circolante. Ergo, dato che la gab-
        
        
          
            N
          
        
        
          bia dell’euro ci impedisce di stam-
        
        
          pare banconote a piacimento,
        
        
          l’unica strada possibile per uscire
        
        
          dalla crisi consisterebbe in un ne-
        
        
          cessario ritorno alla valuta nazio-
        
        
          nale. Al grido “ridateci la nostra
        
        
          sovranità”, il fronte di chi tifa spu-
        
        
          doratamente per l’abbandono
        
        
          dell’attuale standard monetario
        
        
          vorrebbe convincere i più che i
        
        
          vantaggi di questa folle operazione
        
        
          risulterebbero ben superiori ai
        
        
          contraccolpi negativi, giudicati
        
        
          modesti. Ovviamente, proprio in
        
        
          ragione del progressivo impoveri-
        
        
          mento del Paese, suonando il pif-
        
        
          fero dell’anti-euro si ha buon gio-
        
        
          co a scaricare sulla moneta unica
        
        
          molte delle frustrazioni e delle pre-
        
        
          occupazioni delle persone comuni,
        
        
          trasformando lo stesso euro in un
        
        
          caprio espiatorio per i guai finan-
        
        
          ziari ed economici di un sistema
        
        
          che continua a voler spendere e
        
        
          distribuire risorse in deficit.
        
        
          Ciò che i teorici della succitata
        
        
          sovranità monetaria evitano di
        
        
          spiegare, sempre che ne abbiano
        
        
          cognizione, sono le inevitabili e
        
        
          catastrofiche conseguenze di una
        
        
          simile scelta. In particolare, all’in-
        
        
          terno di una economia che non
        
        
          cresce e con un sistema pubblico
        
        
          indebitato fino al collo, il ritorno
        
        
          alla vecchia liretta farebbe preci-
        
        
          pitare il Paese indietro di molti de-
        
        
          cenni, con una considerevole ed
        
        
          immediata perdita sul piano del
        
        
          risparmio accumulato, provocan-
        
        
          do tutta una serie di gravissime ed
        
        
          imprevedibili turbolenze sia sul la-
        
        
          to dei cambi, sia su quello dell’in-
        
        
          flazione. In sostanza, costretti a
        
        
          pagare in valuta pregiata energia
        
        
          e materie prime, il prevedibile de-
        
        
          prezzamento della lira ci spinge-
        
        
          rebbe verso una verticale riduzio-
        
        
          ne dei consumi, con le inevitabile
        
        
          consegunze del caso. Naturalmen-
        
        
          te (ed è per questo che molti ar-
        
        
          ruffapopoli di professione vorreb-
        
        
          bero affossare l’euro), riprendendo
        
        
          in mano la stampa di cartamone-
        
        
          ta, i sostenitori del più grande par-
        
        
          tito italiano (quello trasversale ba-
        
        
          sato
        
        
          sul
        
        
          deficit-spending)
        
        
          avrebbero modo di distribuire ul-
        
        
          teriori, immense quote di povertà,
        
        
          sotto forma di titoli di credito e
        
        
          stipendi sempre più svalutati.
        
        
          Quella brutta idea populista
        
        
          di tornare a stampare le lire
        
        
          Personaggi mediatici
        
        
          danno una risposta
        
        
          facile al popolo in crisi:
        
        
          «
        
        
          Riprendiamoci
        
        
          la sovranità monetaria».
        
        
          Senza però valutare
        
        
          le reali conseguenze
        
        
          di un’uscita dall’euro
        
        
          ohammed Morsi, presidente
        
        
          dell’Egitto in quota fratellan-
        
        
          za musulmana, e uomo chiave della
        
        
          politica mediorientale di Obama,
        
        
          ne ha fatta un’altra delle sue: pre-
        
        
          gare per la distruzione degli ebrei
        
        
          nel mondo islamico.
        
        
          Filmato e mandato in onda
        
        
          dall’agenzia di monitoraggio di tv
        
        
          e media arabi israeliana Memri,
        
        
          con tanto di controllabilissimi sot-
        
        
          totitoli in inglese, adesso rischia di
        
        
          mettere in grave imbarazzo la corsa
        
        
          alla rielezione del suo sponsor in
        
        
          America, reduce da un non brillan-
        
        
          tissimo terzo confronto. Con il suo
        
        
          sfidante Mitt Romney incentrato
        
        
          proprio sulla politica estera e sui
        
        
          rapporti Usa-Israele e Usa-Egitto.
        
        
          Il video in questione si può vedere
        
        
          su YouTube e ha già provocato la
        
        
          reazione del Simon Wiesenthal
        
        
          Center, secondo cui Morsi dovreb-
        
        
          be chiedere scusa a tutti gli ebrei
        
        
          del mondo.
        
        
          Nel video si vede Morsi in una
        
        
          moschea della città di Marsa Ma-
        
        
          truh. L’imam recita una serie di pre-
        
        
          ghiere e richieste e i fedeli rispon-
        
        
          dono con un “amen”. Ad un certo
        
        
          punto il religioso chiede a Dio di
        
        
          «
        
        
          distruggere gli ebrei e i loro soste-
        
        
          nitori e di disperderli e separarli».
        
        
          A quel punto si vede il presidente
        
        
          egiziano che risponde “amen”. La
        
        
          preghiera è stata trasmessa dalla Tv
        
        
          di Stato egiziana, il Canale 1 più
        
        
          esattamente, circostanza che dà un
        
        
          
            M
          
        
        
          ulteriore crisma di ufficialità a que-
        
        
          sta gaffe, mettendo in serio dubbio
        
        
          l’affidabilità geopolitica, per l’Ame-
        
        
          rica, di un siffatto personaggio.
        
        
          «
        
        
          Si tratta di uno schiaffo in fac-
        
        
          cia all’America, dato che il presi-
        
        
          dente Morsi incassa miliardi di dol-
        
        
          lari in aiuti statunitensi e poi dice
        
        
          “
        
        
          amen” a principi che sono ripu-
        
        
          gnanti per tutti gli americani», si
        
        
          legge nel comunicato del Centro
        
        
          Wiesenthal. E così la potente orga-
        
        
          nizzatore ha fatto appello al presi-
        
        
          dente Usa Barack Obama affinché
        
        
          condanni «le crescenti voci di an-
        
        
          tisemitismo in Egitto, guidate dai
        
        
          Fratelli Musulmani» e interrompa
        
        
          contatti con il movimento islami-
        
        
          co.
        
        
          Per la cronaca le testuali parole
        
        
          del predicatore Futouh Abd Al-Na-
        
        
          bi Mansour sono state queste: «Oh
        
        
          Allah, assolvici dai nostri peccati e
        
        
          fortificaci, e concedici la vittoria su-
        
        
          gli infedeli. Oh Allah, distruggi gli
        
        
          ebrei e i loro sostenitori. Oh Allah,
        
        
          disperdili e falli a pezzi. Oh Allah,
        
        
          dimostra su di loro la tua potenza
        
        
          e la tua grandezza. Mostraci la tua
        
        
          onnipotenza, oh Signore».
        
        
          L’ennesima figuraccia del presi-
        
        
          dente egiziano avviene a meno di
        
        
          tre settimane dalla pubblicazione
        
        
          di un articolo pubblicato, lo scorso
        
        
          8
        
        
          ottobre, sul quotidiano di Hamas
        
        
          “
        
        
          Al-Risala” da Kana’an ‘Obeid,
        
        
          consulente del “governo” di Hamas
        
        
          sulla striscia di Gaza. Titolo?
        
        
          «
        
        
          Israele è un’entità che deve spari-
        
        
          re». Hamas e i Fratelli Musulmani
        
        
          d’Egitto dimostrano una volta di
        
        
          più di essere lo stesso movimento
        
        
          e avere gli stesi obbiettivi. E Oba-
        
        
          ma, come la pensa?
        
        
          
            DIMITRI BUFFA
          
        
        
          «
        
        
          Allah, distruggi gli ebrei!»
        
        
          EMorsi risponde: «Amen»
        
        
          Tutte le tempeste
        
        
          sulla Casa Bianca
        
        
          K
        
        
          
            Mohammed MORSI
          
        
        
          empesta naturale sulla costa
        
        
          orientale degli Usa: New York
        
        
          devastata, almeno 15 morti, 50 edi-
        
        
          fici distrutti e 7 milioni e mezzo di
        
        
          persone rimaste senza corrente elet-
        
        
          trica in tutte le regioni coinvolte.
        
        
          Tempesta politica sulla Casa Bian-
        
        
          ca: lo scandalo “Fast and Furious”
        
        
          e l’uccisione di quattro statunitensi
        
        
          (
        
        
          fra cui l’ambasciatore in Libia) a
        
        
          Bengasi, fanno ancora parlare. E
        
        
          molto. Perché emergono nuovi det-
        
        
          tagli sempre più inquietanti che
        
        
          proiettano ombre oscure sull’am-
        
        
          ministrazione Obama.
        
        
          I riflettori dei media sono pun-
        
        
          tati sul disastro naturale, che sicu-
        
        
          ramente non è colpa dell’uomo.
        
        
          Ma la gestione dei soccorsi e della
        
        
          ricostruzione sono umani. E dipen-
        
        
          dono dall’amministrazione. Ricor-
        
        
          diamoci che George W. Bush perse
        
        
          la sua reputazione dopo un uraga-
        
        
          
            T
          
        
        
          no: Katrina.
        
        
          La Casa Bianca, piuttosto, do-
        
        
          vrebbe essere preoccupata dall’altra
        
        
          tempesta: quella politica. “Fast and
        
        
          Furious”, l’immissione di armi nel
        
        
          mercato nero per tracciare le rotte
        
        
          dei trafficanti è finita in una grande
        
        
          e involontaria donazione di arma-
        
        
          menti ai narcotrafficanti. E nella
        
        
          morte dell’agente di frontiera Brian
        
        
          Terry, ucciso proprio con una di
        
        
          quelle armi. Il deputato Darrell Issa
        
        
          e del senatore Chuck Grassley, che
        
        
          stanno investigando sulla vicenda,
        
        
          rivelano che cinque alti funzionari
        
        
          del Dipartimento della Giustizia
        
        
          non abbiano fatto tutto il possibile
        
        
          per prevenire il disastro, benché a
        
        
          conoscenza dei fatti.
        
        
          Anche sul “Bengasi Gate” emer-
        
        
          gono dettagli imbarazzanti. Stando
        
        
          a testimonianze di prima mano, Ty-
        
        
          rone Woods (morto in azione men-
        
        
          tre cercava di difendere il consola-
        
        
          to) avrebbe chiesto invano, per ben
        
        
          due volte, un intervento aereo. Il
        
        
          generale Carter Ham, che sta per
        
        
          essere sostituito da David Rodri-
        
        
          guez al comando di Africom (il co-
        
        
          mando Usa per le operazioni in
        
        
          Africa), stando a notizie non ancora
        
        
          confermate, sarebbe stato sollevato
        
        
          dall’incarico proprio perché voleva
        
        
          intervenire in difesa dei suoi uomi-
        
        
          ni. È vero? O è solo un normale av-
        
        
          vicendamento, come sostiene il Pen-
        
        
          tagono?
        
        
          
            STEFANO MAGNI
          
        
        
          Crocetta è primo.
        
        
          Ma parlare di successo
        
        
          “
        
        
          storico”, come ha fatto
        
        
          Bersani, è quantomeno
        
        
          esagerato: le liste
        
        
          vincenti hanno preso
        
        
          meno voti rispetto
        
        
          alle elezioni del 2008
        
        
          
            L’OPINIONE delle Libertà
          
        
        
          MERCOLEDÌ 31 OTTOBRE 2012
        
        
          
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