II
POLITICA
II
Continua il balletto
sulla legge elettorale
lezioni anticipate? Coi pro-
blemi che ci sono, penso
che si debba andare al voto tra
aprile e maggio del 2013». L’ex
ministro dell’Innovazione, Renato
Brunetta, non ha dubbi: «Ci sono
tante cose da fare, prima di allora.
In questo momento delicato sa-
rebbe solo un danno. Fare una
campagna elettorale poi significhe-
rebbe di fatto sfiduciare il governo
e, in alcuni casi, anche mettere in
discussione la stessa Europa e mo-
neta unica. Come reagirebbero i
mercati?». Intervistato da
TgCom24, il deputato del Pdl par-
la anche della possibile candida-
tura di Silvio Berlusconi: «Auspico
che decida per il sì. Molto dipen-
derà dal sistema elettorale che si
definirà ma penso che sia questio-
ne di giorni e spero che poi avre-
mo una traccia di accordo per una
riforma seria ed equilibrata che ri-
porti ai cittadini il potere di scelta
e anche la chiarezza della scelta.
La sera dello spoglio dovrà essere
chiaro chi ha vinto e chi ha perso.
Penso che la chiarezza sulla legge
elettorale ci potrà essere tra questa
settimana e la prossima, poi si
chiarirà anche la scelta di Berlu-
sconi, che io spero sia positiva».
Sul tema della riforma della
legge elettorale è intervenuto an-
che il leader dell’Udc, Pier Ferdi-
nando Casini: «La legge eletto-
rale va fatta subito ma ci sono
«E
troppi che stanno cincischiando».
«In troppi», sostiene insomma
Casini, «al mattino dicono una
cosa e la sera cercano di disfarla
o di agire per il contrario. Credo
ci voglia più serietà per restituire
ai cittadini la possibilità di sce-
gliere i propri parlamentari». «Il
tema delle elezioni - conclude il
leader centrista - non è connesso
al tema della legge elettorale. So-
no due cose distinte che proce-
dono su binari diversi».
Durissimo, infine, il commento
dell’esponente del Pd, Arturo Pa-
risi: «Continua oltre la decenza il
teatrino della legge elettorale solo
con l’obiettivo di mettere gli op-
positori di fronte al fatto compiuto
quando non ci sarà più nulla da
fare, se non prendere o lasciare.
Stiano attenti tuttavia i congiurati.
I cittadini vedono. Guai se dovesse
restare il Porcellum». «Ancora
peggio - prosegue Parisi - se do-
vesse essere sostituito da una por-
cata maggiore che non restituisce
il diritto di nominare i parlamen-
tari e impedisce di influire sulla
scelta del governo. Quello che non
si capisce è il Pd. Se infatti è a Ca-
sini e Berlusconi che è dovuto il
“Porcellum 1”, difficilmente il Pd
potrebbe alleggerirsi della respon-
sabilità del “Porcellum 2”. Non è
bene dimenticare che alla fine ci
sono le elezioni».
(m.l.)
durato quattro anni, ma
“l’idillio” tra Raffaele Lom-
bardo, governatore dimissionario
della Sicilia, e l’ex pm Massimo
Russo, vice presidente della Re-
gione e assessore alla Sanità, è fi-
nito. Le annunciate dimissioni di
Russo, che verranno formalizzate
nei prossimi giorni, scrivono la pa-
rola fine ad un sodalizio iniziato
nel 2008, quando Lombardo gli
affidò in qualità di tecnico la gui-
da della Sanità siciliana. L’uomo
simbolo dei governi Lombardo
(l’attuale è il quinto) dice quindi
addio al leader del Partito dei si-
ciliani (ex Mpa) e lascia la giunta
non senza amarezza: «Considero
questa mia esperienza definitiva-
mente conclusa. In questi giorni -
ha affermato Russo - ho assistito
a un impazzimento della politica
che non condivido: per questo ho
deciso di lasciare la poltrona e di
tornare a fare il magistrato». È
l’ennesimo effetto della campagna
elettorale in Sicilia per le elezioni
del 28 ottobre, in cui giochi e gio-
chetti, tradimenti e “amori” ritro-
vati, odi, rancori, risentimenti e
calcoli di potere la fanno da pa-
drone. Non sono dimissioni qua-
lunque quelle dell’ex pm che ha
già preso contatti con il Csm per
rientrare in magistratura. Il loro
sapore è squisitamente politico.
D’altronde l’assessore alla Sanità
aveva già da tempo abbandonato
È
il suo ruolo di “tecnico” e non so-
lo partecipando ad eventi, con-
gressi e quant’altro legati all’Mpa,
il partito del presidente della Re-
gione. Ha fondato un suo movi-
mento “Team Sud” e poi ha ten-
tato la sfida alle scorse
amministrative di Palermo con
una lista civica “Palermo Avveni-
re”, creata insieme all’assessore
all’Economia Gaetano Armao, ri-
scuotendo un modesto risultato.
Ma le vere ragioni, o almeno una
parte di queste, hanno un nome:
Raffaele Lombardo. Russo già da
tempo aveva mostrato di non con-
dividere l’avvicinamento del go-
vernatore siciliano al leader di
Grande Sud Gianfranco Miccichè,
con il quale i rapporti, per usare
un eufemismo, non sempre sono
stati sereni. Anzi. Durissime pole-
miche e scontri al vetriolo, soprat-
tutto per quanto riguarda il mon-
do della Sanità, avevano portato
il partito di Miccichè a presentare
due mozioni di sfiducia, insieme a
Pdl e Pid, nei confronti di Massi-
mo Russo. Una sfiducia che, dopo
un primo tentativo andato a vuoto
il 12 luglio del 2011, verrà appro-
vata il 28 settembre. Dietro la
scelta dell’ex pm di presentare le
dimissioni c’è la decisione di Lom-
bardo di avere prima appoggiato
la candidatura a palazzo d’Orle-
ans di Nello Musumeci, sostenuto
da Pdl, Pid, Grande Sud, suoi stre-
nui avversari, e poi quella di
Gianfranco Miccichè. Ma non so-
lo. Russo era considerato il delfino
di Lombardo che, dopo le sue di-
missioni, gli affidò la vice presi-
denza della Regione. Ma il moti-
vo, forse quello vero per
comprendere la decisione dell’as-
sessore, sta nella sua candidatura
a presidente della Regione, lancia-
ta da Giovanni Pistorio il 25 giu-
gno scorso durante l’ennesimo
re-
styling
dell’Mpa e poi fatta cadere
per meri giochi di opportunismo
politico. Una candidatura che, a
questo punto, era solo uno spec-
chietto per le allodole. Eppure
Russo, dopo quattro anni a fianco
del governatore, avrebbe dovuto
accorgersi che Raffaele Lombardo
non guarda in faccia a nessuno.
ROSAMARIA GUNNELLA
Guerra fratricida nell’Mpa
Lombardomollato dal vice
Massimo Russo,
numero due in Regione,
annuncia le proprie
dimissioni.All’origine
dello strappo l’appoggio
dato dall’ex governatore
a GianfrancoMicciché
e una promessa mancata
Il“caso”intercettazioni e le responsabilitàdel Colle
di
FEDERICO PUNZI
questo punto tanto vale pub-
blicarle, tutte, maledette e su-
bito. Anzi, le stampi direttamente
la procura di Palermo le intercet-
tazioni che riguardano il Capo del-
lo stato. Di abuso in abuso, siamo
giunti al culmine di questo vero e
proprio bubbone che infetta le isti-
tuzioni e la politica. E accanto a
pezzi di magistratura che agiscono
come “servizi deviati”, cioè devian-
do e sconfinando dai limiti che la
Costituzione assegna al proprio uf-
ficio per giocare un ruolo politico,
si aggiunge una casta giornalistica
che trasuda ipocrisia da tutti i pori
(o quasi). Oltre al danno dell’abu-
so, la beffa: è evidente, infatti, che
queste intercettazioni girano, sono
di dominio pubblico nelle redazio-
ni dei più “autorevoli” quotidiani,
nei cosiddetti ambienti “bene in-
formati”. Le conversazioni del pre-
sidente non dovevano essere ascol-
tate. E se ascoltate casualmente,
non dovevano essere conservate,
ma immediatamente distrutte.
Questo sarà la Consulta a stabilir-
lo. Appurato che esistono, il latte
è versato, ma è ancora peggio che
da mesi se ne parli, che ci vengano
costruite sopra campagne di stam-
pa e difese d’ufficio, e che un cen-
tinaio di privilegiati – i quali evi-
dentemente ne conoscono il
contenuto – ne facciano l’uso che
fa loro comodo, mentre gli italiani
sono costretti a brancolare tra i so-
spetti incrociati. Anche nel dubbio
che siano state acquisite, conser-
A
vate e diffuse illegalmente, ci sa-
rebbe qualcosa di nobile per un
giornale nel pubblicarle integral-
mente, per mettere al corrente i
suoi lettori e tutta l’opinione pub-
blica. Ma evocarle strumentalmen-
te, usare ciò che si conosce non per
informare, bensì per alimentare al-
lusioni, sospetti, veleni, non si ad-
dice alla professione giornalistica.
E’ sciacallaggio sulla pelle delle isti-
tuzioni e alle spalle degli italiani.
Panorama
ha buttato altra ben-
zina sul fuoco, ma ha almeno ten-
tato di squarciare il velo d’ipocri-
sia. In alcune telefonate con l’ex
ministro dell’Interno Nicola Man-
cino, intercettate a quanto pare tra
novembre 2011 e aprile 2012,
quindi a cavallo della crisi di go-
verno, il presidente Napolitano
esprimerebbe pesanti riserve sul-
l’azione della Procura di Palermo
e sul protagonismo politico di al-
cuni pm, nonché giudizi poco lu-
singhieri su Antonio Di Pietro e Sil-
vio Berlusconi, su quest’ultimo per
la credibilità perduta dall’Italia sot-
to il suo governo. Non può essere
Panorama
, insomma, o almeno
non solo
Panorama
, la pietra dello
scandalo. È più grave il comporta-
mento di chi, venuto a conoscenza
del contenuto di quelle conversa-
zioni, ha deciso di utilizzarlo stru-
mentalmente senza condividerlo in
modo trasparente con il pubblico.
Suonano sibilline le dichiarazioni
attribuite dal
Fatto quotidiano
al
procuratore di Palermo Messineo:
«Che sia
Panorama
a pubblicare
queste notizie esclude che possano
essere uscite dalla procura di Pa-
lermo». Un’ammissione implicita,
forse, che sì, la Procura di Palermo
passa informazioni, ma ad altri or-
gani di stampa?
Il Quirinale reagisce duramen-
te, parlando di «autentici falsi»
che si aggiungono alle già nume-
rose «manipolazioni», bollando
come «risibile» la pretesa di poter
«ricattare» il Capo dello stato e
richiamando «chiunque abbia a
cuore la difesa del corretto svol-
gimento della vita democratica»
a «respingere ogni torbida mano-
vra destabilizzante». Ha avuto ra-
gione il presidente Napolitano ad
investire del problema la Consul-
ta, ma il suo intervento è tardivo
rispetto alla gravità delle anomalie
e limitato alla difesa delle prero-
gative della sua carica, mentre in
questi anni altre istituzioni – Par-
lamento e governo – avrebbero
meritato maggiore tutela dagli at-
tacchi, spesso impropri e con mez-
zi illegittimi, da parte di alcune
procure. Si può rimproverare a
Napolitano di aver deliberatamen-
te contribuito ad affossare un di-
segno di legge sulle intercettazioni
e di non aver intrapreso – pur es-
sendo al vertice dell’ordinamento
giudiziario, come presidente del
Csm – iniziative ben più incisive
per vigilare sulla corretta applica-
zione della legge e sul corretto
svolgimento delle loro funzioni da
parte di alcuni settori della magi-
stratura. Insomma, è spiacevole la
sensazione che Napolitano si sia
svegliato solo quando si è trovato
lui stesso coinvolto nel circolo
mediatico-giudiziario.
E ancor più grave sarebbe sco-
prire che confidava agli amici, in
privato, di essere consapevole del
ruolo indebitamente politico svol-
to da alcune procure e pm, senza
però fare nulla, nell’ambito dei
suoi poteri naturalmente, per por-
re fine a tali anomalie. È arrivato
il momento per il presidente Na-
politano di fare il presidente del
Csm e di dar seguito con atti pub-
blici, formali, alle convinzioni
espresse in privato.
La condizione di “ricatto” in
cui si trova, d’altra parte, è nei fat-
ti. Non una “ricattabilità” in senso
stretto, ovviamente, ma certo l’esi-
stenza stessa delle intercettazioni,
e il fatto ormai appurato che in de-
cine, se non in centinaia, ne cono-
scono seppure sommariamente il
contenuto, espongono l’istituzione
al rischio destabilizzazione e obiet-
tivamente tolgono al presidente
margini di manovra e serenità,
dunque piena libertà, nell’esercizio
delle sue funzioni. Si potrebbe pen-
sare, per esempio, che non agisca
– per quanto è nei suoi poteri – nei
confronti delle anomalie che egli
stesso vede nell’operato di parte
della magistratura, per timore di
subire altri attacchi. Va tenuto pre-
sente, comunque, che il problema
delle intercettazioni non è solo le-
gislativo, ma soprattutto discipli-
nare e di politica giudiziaria. Può
essere in vigore la migliore legge,
ma se non c’è alcun contrappeso
istituzionale all’arbitrio dei magi-
strati nell’interpretarla a loro co-
modo, non servirà a nulla.
K
Giorgio NAPOLITANO
K
Antonio INGROIA
L’OPINIONE delle Libertà
VENERDÌ 31 AGOSTO 2012
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