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ESTERI
II
La schiavitù del TerzoMillennio? Parla cinese
di
GIUSEPPE TALARICO
ulla stampa italiana e su quella
estera è apparsa una notizia che
ha destato l’attenzione di quanti si
chiedono quale sia la condizione
di vita dei lavoratori in Cina, la se-
conda super potenza mondiale, da
cui dipende la sorte dell’economia
planetaria. Il 24 settembre è una
data che rimarrà, secondo gli os-
servatori, nella storia della Cina,
poiché, in seguito ad una rissa av-
venuta nello stabilimento della
Foxcoonn, la produzione è stata
sospesa ed interrotta. Questa azien-
da si trova a Taiyuan, città indu-
striale situata tra le montagne dello
Shanxi. Si tratta di una azienda che
è divenuta il simbolo della moder-
nità, poiché produce ed assembla
iPhone5, il telefono di nuova ge-
nerazione, desiderato e ricercato
in occidente dalla masse dei con-
sumatori. A causa dell’incidente,
verificatosi tra domenica e lunedì,
per un giorno gli stabilimenti sono
rimasti chiusi ed inattivi.
Ovviamente sono stati riaperti
subito dopo. Questa storia è im-
portante e merita di essere valutata
con grande attenzione, poiché svela
e offre la possibilità di capire in
che modo ed in quali condizioni
vivono e lavorano gli operari di
questa grande azienda, che pro-
duce parti dei nuovi strumenti tec-
nologici per conto di multinazio-
nali quali Apple, Motorola,
Microsoft. Secondo la versione uf-
ficiale, che deve essere sempre va-
lutata con prudenza, in un Paese
in cui esiste la censura e la libertà
di informazione è negata in modo
sistematico, all’origine della rissa,
che ha provocato 40 feriti, e addi-
rittura 10 morti, notizia non veri-
ficata, vi sarebbe stato un conflitto
tra operai appartenenti a diverse
etnie, provenienti alcuni dallo
Shandong ed altri dall’Henana. In
realtà questa versione dei fatti, for-
nita dalle autorità cinesi, è stata
smentita da un diverso racconto
diffuso nel web da persone che
hanno assistito alla rissa ed alla
sommossa, avvenuta nella notte tra
domenica lunedì nella azienda
S
Foxconn di Taiyuan. In base a que-
sto versione dei fatti ed a questo
racconto, che grazie alla rete ha su-
perato il muro di incomunicabilità
frapposto dalla censura governa-
tiva, duemila dei settantamila ope-
rai di questa azienda si sarebbero
ribellati, poiché un loro collega è
stato con spietatezza picchiato e
sottoposto ad una brutale aggres-
sione da parte dei sorveglianti della
fabbrica che assembla iPhone5. La
colpa del dipendente e dell’opera-
rio, che ha indotto i sorveglianti a
malmenarlo con crudele perfidia,
era che non riusciva a svolgere il
lavoro straordinario a cui era te-
nuto.
Questo episodio mostra e rive-
la un fenomeno del sistema pro-
duttivo cinese, basato su uno pseu-
do-capitalismo autoritario e
illiberale, che si configura come
una forma moderna di schiavismo,
di fronte alla quale in occidente vi
è indifferenza e scarsa consapevo-
lezza. Infatti, in base ai dati diffusi
dalle o.n.g., soltanto questo anno
in Cina nella aziende che produ-
cono gli strumenti tecnologici, di-
venuti il simbolo della modernità
nell’epoca della globalizzazione, si
sono verificati molti casi simili a
quello accaduto nello stabilimento
della Foxconn. Addirittura si parla
di centomila sommosse con cui gli
operari si sono ribellati a ritmi di
lavoro duri e insostenibili. Alla vi-
gilia del congresso del partito co-
munista Cinese, che si terrà ad ot-
tobre e la cui data non è stata
ancora stabilita, la possibilità che
gli operari rivendichino il rispetto
dei diritti universali suscita spa-
vento e preoccupazione tra gli ere-
di politici di Mao Zedong.
Soltanto nella azienda Foxconn
questo anno 16 operai, in preda
alla disperazione per la durezza
delle condizioni lavorative, non
hanno saputo resistere e si sono
suicidati. I contratti con cui ven-
gono assunti contemplano condi-
zioni particolarmente vessatorie,
che condannano gli operai a vivere
perennemente rinchiusi nelle azien-
de, di fatto trasformate in luoghi
di reclusione, dove la libertà uma-
na è negata e conculcata. Un mi-
lione di operai della Foxconn vi-
vono rinchiusi e reclusi negli
stabilimenti di Shenzhen, Longhua,
Foshan e Chengon, dove la rivolta,
anche se repressa con durezza dalle
autorità governative, dilaga e si
esprime con forme di ribellione
contro il sistema produttivo auto-
ritario instaurato in Cina.
Per far fronte alle necessità del
sistema produttivo, spesso vengono
assunti operai in nero. Gli operai
che non riescono a fare 80 ore di
straordinario al mese, sono puniti
e costretti a lavare le latrine. Co-
loro che subiscono incidenti ed in-
fortuni sul luogo di lavoro, sono
obbligati a dimettersi. Molti dipen-
denti sono, al momento della as-
sunzione, costretti ad impegnarsi
per iscritto che non si suicideranno.
In realtà, le ricorrenti manifesta-
zioni di protesta nei luoghi di la-
voro in Cina dipendono da cause
e circostanze note e di facile com-
prensione. In primo luogo, gli ope-
rai rivendicano migliori salari, con-
dizioni di lavoro simili a quelli
esistenti i occidente, ed il ricono-
scimento di alcuni diritti fonda-
mentali. Pertanto il potere politico
in Cina si trova dinanzi ad un
drammatico dilemma: aumentare
i salari e imporre la base dei diritti
universali, perdendo capacità com-
petitiva, in nome della crescita dei
consumi interni, oppure mantenere
immutate le condizioni produttive
nel mondo del lavoro, per preser-
vare e mantenere l’export. Secondo
gli osservatori e gli economisti alla
base del malessere, che si diffonde
nei luoghi di lavoro in Cina, oltre
alle condizioni disumane e duris-
sime in cui gli operai devono lavo-
rare, vi è la preoccupazione perché
a causa della recessione sono di-
minuite le esportazioni verso l’Eu-
ropa e gli Usa. Molti operai, per
effetto della crisi che ha provocato
una diminuzione della capacità
produttiva in Cina, sono rimasti
privi di lavoro. Altri si sentono
esclusi e condannati ai margini del
sistema produttivo. Per queste ra-
gioni le proteste dilagano nel
Guangdong e nello Zhejiang, a Pe-
chino e a Shanghai.
Per alcuni, a causa della crisi,
per effetto della quale il mondo in-
tero è sprofondato in una lunga re-
cessione, il sistema autoritario ci-
nese, indissolubilmente legato con
l’economia occidentale ed in par-
ticolare con quella americana, di
cui detiene il debito, rischia di im-
plodere e collassare.
In ogni caso netta è la sensazio-
ne che le masse degli operai cinesi
non siano più disposti a lavorare
per garantire la stabilità del siste-
ma finanziario mondiale in condi-
zioni disumane e senza il ricono-
scimento dei diritti universali, che
di fatto li condanna ad una vita da
schiavi privi di libertà. Sarà inte-
ressante assistere alla discussione
politica che si terrà, nel mese di ot-
tobre, durante il congresso del par-
tito comunista, per comprendere
in quale direzione si muoveranno
i governanti cinesi per fronteggiare
la crisi economica emersa in un
grande paese, divenuto la seconda
super potenza mondiale.
La netta sensazione
è che le masse
degli operai cinesi
non siano più disposti
a lavorare per garantire
la stabilità del sistema
finanziario mondiale
in condizioni disumane
e senza il riconoscimento
dei diritti universali,
che di fatto li condanna
ad una vita da schiavi
privi di libertà.
Sarà interessante
assistere alla discussione
politica che si terrà,
nel mese di ottobre,
durante il congresso
del partito comunista,
per comprendere
in quale direzione
si muoveranno
i governanti cinesi
per fronteggiare
la crisi economica
emersa in un grande
paese, ormai
diventato la seconda
super-potenza mondiale
L’OPINIONE delle Libertà
DOMENICA 30 SETTEMBRE 2012
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