II
ECONOMIA
II
Confedilizia: «La tassazione immobiliare èassurda»
di
CARLO MARRONE
a caduta dell’acquisto per
investimenti e il carico de-
gli sfratti sono fenomeni collega-
ti». Secondo Corrado Sforza Fo-
gliani, presidente di Confedilizia,
«dipendono entrambi dalla pena-
lizzazione dell’affitto, scientifica-
mente portata avanti, a carico pe-
raltro della sola proprietà diffusa.
La cedolare è complicata all’in-
verosimile e il concorso di patri-
monialità e progressività porta
all’esproprio surrettizio a doppio
titolo».
La situazione del mercato immo-
biliare in Italia è così complicata
come sembra?
Cominciamo dalla situazione
in essere. Caratterizzata dalla ca-
duta verticale della richiesta di
immobili per investimento e dal
carico degli sfratti. Due fenomeni
figli della stessa madre, la pena-
lizzazione dell’affitto, scientifica-
mente portata avanti in questi ul-
timi mesi, a carico peraltro della
sola proprietà diffusa. Nessuno
acquista più per ritrarne un red-
dito, anzitutto. E poi, chi ha bi-
sogno di vendere per pagare le
tasse, cerca di vendere un immo-
bile libero. In questa situazione,
nessuno tiene più in casa un in-
quilino moroso anche per qualche
mese, come avveniva finora.
Ma allora la cedolare non funzio-
na?
Funziona fin troppo, per come
è nata: complicata all’inverosimi-
le, quando la sua caratteristica
avrebbe dovuto essere esattamen-
te opposta. Chi vuole optare per
la cedolare, deve oggi rivolgersi
ad una nostra sede, non può fare
da sé. Ed anche molti professio-
nisti lo riconoscono, e indirizzano
alla più vicina sede territoriale
della Confedilizia (oltre 200, in
tutta Italia). La cedolare andrebbe
semplificata, andrebbe ricondotta
ad essere una vera e propria tassa
piatta, come doveva essere. Allo-
«L
ra, funzionerebbe ben di più, an-
che se quest’anno già si è notato
un maggior ricorso alla cedolare
rispetto all’anno sorso, quando
molti hanno rimandato la scelta.
La convenienza c’è nella maggior
parte dei casi, proprio perché si
è riusciti a tenerla indenne dalla
forsennata campagna di penaliz-
zazione dell’affitto. E poi, c’è la
sua funzione di emersione del ne-
ro: i contratti nuovi al posto di
contratti non regolari hanno po-
tuto essere stipulati col nuovo an-
no.
In un panorama così fosco non si
vedono luci?
Ce ne sono, e dobbiamo darne
atto al viceministro alle Infra-
strutture Mario Ciaccia. Il Piano
città contenuto nel decreto svi-
luppo va nella direzione giusta:
quella, essenzialmente, del recu-
pero e del riutilizzo, rispetto alle
nuove costruzioni. È una gran co-
sa, una scelta che ci voleva (ma-
gari fosse stata fatta prima...).
Anche le agevolazioni per le ri-
strutturazioni sono un’altra luce,
coerente con l’impostazione so-
stanziale del Piano città. Semmai,
è incoerente con il disegno di fa-
vorire la ristrutturazione, la per-
vicace politica di penalizzazione
dell’affitto condotta dai respon-
sabili delle politiche fiscali (fino
a tassare le stesse spese, ridicol-
mente ridotte alla percentuale for-
fettaria 5 per cento). C’è stato,
bisogna dirlo, un chiaro scolla-
mento fra ministeri, le politiche
abitative non sono state decise da
chi ne ha ufficialmente la respon-
sabilità. Ed è grave, perché le ri-
strutturazioni hanno sempre avu-
to,
negli
anni,
questa
caratteristica: quella di servire a
riattare, e a rendere così affitta-
bili, unità immobiliari tenute a
disposizione solo forzatamente (a
nessuno piace pagare tasse e ave-
re un appartamento, o un nego-
zio, vuoto).
A proposito di negozi, qual è la
situazione?
È quella degli uffici. Fin che
per locarli si dovrà fare applica-
zione di una legge - quella del-
l’equo canone, di più di 30 anni
fa - che il premier Monti criticava
già nel ‘98, non si andrà mai da
nessuna parte. La normativa è
tuttora da soviet, e il provvedi-
mento sulle liberalizzazioni nean-
che l’ha sfiorata, ignorando ogni
nostro richiamo. Industriali e
commercianti soffiano sul vento
della libertà solo se spira in casa
d’altri. Anche qua, una parola di
elogio per il viceministro Ciaccia:
ma il suo tentativo in favore di
una timida (e controllata) libera-
lizzazione è andato a vuoto, sof-
focato da potenti lobby interes-
sate a far si che nulla cambi, a
protezione di posizioni di rendita
e a scapito delle nuove generazio-
ni. Lo sfitto, dilaga per questo.
Una parola sulla tassazione im-
mobiliare.
È caratterizzata, da noi, in un
modo patrimoniale che non ha
paragoni, perlomeno in tutta Eu-
ropa. Ed è stata aggravata in mo-
do intollerabile sulla base dell’er-
roneo presupposto (ormai
smascherato, specie dopo i dati
Eurostat) che essa fosse da noi
più lieve che altrove, prima della
manovra Monti di dicembre. Di
fatto, si è perso ogni civile prin-
cipio di collegamento col reddito
(principio imposto ai politici, in-
vece, dalla Corte costituzionale
in Germania). Se a questo si ag-
giunge poi la constatazione che
tutto ormai viene ricondotto alla
progressività (a cominciare dalle
addizionali), è facile concludere
che la via dell’espropriazione sur-
rettizia è trionfalmente sposata:
la patrimonialità e la progressi-
vità concorrono entrambe a que-
sto risultato, a doppio titolo. Pie-
ro Ostellino, l’ultimo vero
difensore dello stato liberale, ha
scritto che questo governo «si
ispira ad un regime di socialismo
reale». Un’affermazione che fa
molto pensare, la redistribuzione
dei patrimoni attraverso il fisco
e la discriminazione della proprie-
tà diffusa rispetto alle società di
investimento (locupletate di age-
volazioni per 500 milioni circa
all’anno), sono due facce della
stessa medaglia.
Però alcuni osservatori avanzano
previsioni rosee.
A chi ha degli immobili da
vendere, queste previsioni fanno
piacere. Per adesso, si registra so-
lo un tonfo nelle compravendite
che non ha precedenti. Non par-
liamo dell’affitto (con i relativi
effetti sociali). Il calo dei prezzi
ci potrà essere solo in certi casi,
quelli di chi è costretto a vendere,
gli attuali sono infatti - nella ge-
neralità - prezzi incomprimibili,
se non a patto di perderci. Un ve-
ro mercato si potrà avere solo
quando l’imposizione fiscale, oggi
smodatamente squilibrata a cari-
co dell’immobiliare (perlomeno
quello della proprietà diffusa), sa-
rà riequilibrata. E il mercato (an-
che quello dell’affitto) lo fa la
proprietà diffusa, non certo le so-
cietà fiscalmente privilegiate.
Per Sforza Fogliani
il carico fiscale
sulle abitazioni in Italia
«è caratterizzato
in un modo patrimoniale
che non ha paragoni,
perlomeno
nell’intera Europa»
K
Corrado FOGLIANI
«Ma il piano città
contenuto nel decreto
sviluppo va
nella direzione giusta:
quella, essenzialmente,
del recupero
e del riutilizzo, rispetto
alle nuove costruzioni»
segue dalla prima
Casini e il vuoto
(...) E non perché non sappia cosa dire, ma
perché non può assolutamente dire ciò che
vorrebbe. Cioè che il ritorno al proporzionale
della Prima Repubblica comporta automa-
ticamente il ritorno alle politiche fondate
sull’aumento del debito pubblico.
Quelle politiche che oggi sono impossibili da
realizzare proprio perché il livello dei debito
pubblico è arrivato al limite del tracollo dello
stato e del paese.
Casini, allora, nella sua diagnosi parziale
(non riconosce le proprie responsabilità nel
fallimento del bipolarismo) e nella sua inca-
pacità di proporre una terapia credibile, rap-
presenta non solo il passato ma addirittura
la parte peggiore del passato. Quella del tra-
sformismo ispirato alla logica del “potere per
il potere” e quello dell’ingovernabilità ripro-
posta come sistema.
Se qualcuno vuole avere una anticipazione
sugli effetti della ricetta del leader dell’Udc
sulla scena politica nazionale, non deve far
altro che puntare gli occhi sul cosiddetto “la-
boratorio siciliano”.
Con Casini si rischia che Roma diventi
come Palermo. Tutti contro tutti. Sulla
pelle della gente.
ARTURO DIACONALE
La Penisola affonda
(...) tra montiani ed antimontiani, tra pro-
porzionalisti e maggioritaristi, tra preferen-
zialisti ed uninominalisti, e gli altri partiti
(partiti?) si dibattono nell’incertezza se stare
a destra a sinistra o altrove, a dimostrazione
del fatto - per noi ovvio da tempo immemo-
rabile - che il de profundis della politica è già
stato cantato, il governo s’impegna nel met-
tere in scena una parodia di stato etico - che
sarebbe meglio definire stato di polizia - sur-
rogato dell’indecisionismo e strumento per
far digerire i deliberati sovrani di Francoforte
e di Bruxelles ad un paese sempre più povero.
Insomma, mentre quelle contraffatte forze
politiche richiamate giocano a borgognoni
ed armagnacchi, fingono di esistere ma non
riescono a mettere insieme neppure quattro
righe di un emendamento che aggiusti la por-
cheria di legge elettorale, che si trastullano
nell’insultarsi generando indifferenza nei cit-
tadini dopo che questi hanno consumato per-
fino il disprezzo, il governo, popolato di geni
come un certo Balduzzi ministro della Salute,
s’impanca nello stabilire i nostri standard esi-
stenziali. A quando un decreto sulla pajata
e sui tonnarelli cacio e pepe? Meravigliarci?
E perché. Se coloro i quali dovrebbero met-
tere la mordacchia ai tecnici di Monti, esa-
gerati perfino quando potrebbero dimostrare
davvero di essere sobri, si lasciano prendere
per i fondelli da politicanti naïf siciliani eter-
namente impegnati nel produrre illusioni, co-
me non ritenere “normale” la loro irrilevanza
e sperare che prima o poi il popolo li rottami
in blocco? Ecco. La domanda è questa: c’è
qualcuno dotato di un po’ di buon senso da
immaginare la ricostruzione di un quadro
politico, inevitabilmente fondato sui partiti
(e non sulle consorterie), capace di ridare un
minimo di speranza all’Italia? Insomma, ci
basterebbe non sentir parlare più di fascisti
e comunisti come categorie politiche, di non
vedere più in giro imbroglioni come i sedi-
centi politici siciliani che fanno e disfano a
loro piacimento candidature, tattiche e pro-
spettive tradendo la povera gente, di ascoltare
qualcosa di sensato da parte di qualcuno (po-
chi magari) o magari anche un’utopia tanto
per farci sperare o soltanto sognare. Scusate,
signori partitanti, se chiediamo troppo e di-
sturbiamo i vostri scampoli di vacanze scan-
diti - non si capisce perché - da puntualissime
dichiarazioni affidate alle agenzie che inevi-
tabilmente non dicono nulla, quando non
sono palesemente idiote. Ma a qualcuno dob-
biamo pure rivolgerci, sia pure con il dubbio
che non serva a niente.
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K
Mario CIACCIA
L’OPINIONE delle Libertà
GIOVEDÌ 30 AGOSTO 2012
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