Direttore ARTURO DIACONALE
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Domenica 26 Agosto 2012
delle Libertà
Il vero spiritodel liberalismo (e quello contraffatto)
i sono sempre definito liberale
per inclinazione dell’anima, e
perciò resto diffidente di molti che
attualmente si definiscono tali e mi
propongono di scrivere con loro o
sottoscrivere manifesti liberali. Nel
secolo scorso Rudolf Steiner - nel
suo
Impulsi evolutivi interiori del-
l’umanità. Goethe e la crisi del se-
colo diciannovesimo
- ebbe un’in-
tuizione chiaroveggente del senso
del trinomio Libertà, Eguaglianza e
Fratellanza che riassume gl’Immor-
tali Principî del 1789. Egli chiarì la
natura fisica della fratellanza, in
quanto siamo tutti fratelli nella spe-
cie umana; spirituale dell’uguaglian-
za, perché siamo tutti eguali nello
M
Spirito. In quanto alla libertà, chiarì
ch’essa è un’inclinazione dell’anima
poiché, per usare un detto italiano:
«al cuor non si comanda».
Il liberalismo non può essere
un’ideologia se non altro perché se
si scambiasse la libertà per un’idea
dello spirito sarebbe un rigonfia-
mento dell’Ego, una ideologia del-
l’egoismo, del profitto privato, e nul-
la mi ripugna di più; è contro
natura: l’essere umano è libero solo
nello stato in quanto lo
status rei
publicæ
è la sua condizione d’ani-
male comunitario, come chiarì un
Aristotele in ciò fedele platonico.
Non vedo come un liberale possa
definirsi tale prendendo sul serio i
libelli politici di Karl Popper. Questi
fu un grande, insuperato epistemo-
logo, ma volendo fare, legittimamen-
te, dei libelli antitotalitari si lasciò
andare ad efficacissime battute che
si farebbe a lui torto scambiare per
nulla di più di barzellette. Ad esem-
pio, quando scrisse di Platone come
dell’antenato del hitlerismo, denun-
ciandolo come razzista in quanto
scrisse che ognuno dovrebbe svol-
gere il lavoro cui lo inclinano i me-
talli presenti nel suo sangue. Karl
Popper visse nella stessa Vienna del
Carl Gustav Jung degli scritti sulla
simbologia alchemica, e quindi sa-
peva benissimo che nell’antichità,
come tra i filosofi ermetici, i metalli
sono simboli delle inclinazioni dei
soggetti, e Platone usò sempre sim-
boli e miti. In altri termini, con
quell’espressione significò che ognu-
no deve fare il lavoro e svolgere il
ruolo che dettano le inclinazioni
soggettive, altrimenti lo farà male e
contro voglia: non c’è nulla di più
liberale e quindi di buon senso. In-
vece sedicenti liberali vorrebbero
che i giovani si formassero per forza
non al lavoro pel quale sono inclini,
ma a quelli pei quali: «vi è merca-
to»; il mercato come Moloch a cui
sacrificare giovani e vecchi, dall’età
scolare alla pensione; nulla di più il-
liberale, ed imbecille.
Continua a pagina
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Klout e il bisogno d’affetto che cerchiamo nel web
on abbiamo più alibi, ormai.
Klout ha definitivamente sma-
scherato la nostra vera natura di
navigatori della rete: disperati nar-
cisisti alla ricerca di quei quindici
minuti di celebrità che Andy War-
hol ci aveva promesso e nessuno
aveva mai voluto darci fino all’av-
vento di Internet.
A sentire i suoi creatori, Klout
dovrebbe essere un misuratore di in-
fluenza sul web. Attraverso un mi-
sterioso algoritmo (così efficiente
che, a quanto pare, constringe i suoi
programmatori a cambiarlo una
volta ogni due giorni), valuta in una
scala da 0 a 100 quanto una perso-
na sia considerata in rete. Dove 0 è
N
Giovanni che grida nel deserto e
100 è il jingle del Pulcino Pio. Non
basta avere tanti amici su Facebook,
migliaia di followers su Twitter, un
sacco di spettatori sul canale You-
Tube per essere uno con la febbre
alta su Klout: bisogna “influenzare”,
per l’appunto. Ovvero dire, fare e
scrivere cose che spinga gli altri a
condividerle, a interagire.
La verità, a giudicare dai cdom-
menti degli stessi utenti, è che Klout
somiglia più a tutt’altro genere di
misuratore, tipo quei righelli portati
di nascosto in bagno negli anni delle
elementari per cimentarsi in una
particolarissima competizione spor-
tiva che non si può dire in televisio-
ne. Per questo sta facendo impazzire
tutti quanti nella rete, compresi
quelli che fingono di non badare al
proprio livello di notorietà ma, in
fondo in fondo, si sentono un po’
dispiaciuti se il loro numerino ma-
gico perde qualche colpo. Insomma,
ammettiamolo: siamo stati fregati
in tutto il nostro irrefrenabile biso-
gno di attenzione proprio dal soft-
ware che invece avrebbe dovuto
compiacerci mostrandoci tutta l’at-
tenzione di cui godiamo.
E va beh, pazienza. Facciamo-
cene una ragione. Siamo esseri sen-
zienti che vivono nel costante bi-
sogno di essere amati, apprezzati,
sostenuti, considerati. Non è un de-
litto, in fondo, se ogni tanto ci ac-
contentiamo anche di un surrogato
del sentimento, o se integriamo con
quello gli affetti veri. Klout è sol-
tanto il nostro modo di gridare al
mondo: «Ehi, mamma, guarda:
senza mani!» anche a trent’anni
suonati, con una famiglia, il mutuo
da pagare e la ventiquattrore sotto
la scrivania.
E allora grazie Klout, ché non ci
neghi nemmeno da adulti l’ultimo
giro sulla BMX.
di
LUCA PAUTASSO
Viviamo nel costante
bisogno di essere amati,
apprezzati, considerati.
Klout è soltanto il nostro
modo di gridare ancora
«Mamma, guarda:
senza mani!» anche
a trent’anni suonati,
con il mutuo da pagare
e la ventiquattr’ore
di
RICCARDO SCARPA
Il liberalismo non può
essere un’ideologia.
Se non altro perché
se si scambiasse
la libertà per un’idea
dello spirito sarebbe
un rigonfiamento
dell’Ego, una ideologia
dell’egoismo
e del profitto privato
Calcio, sarà il campionatodei veleni
K
Scordatevi il campionato più
bello del mondo. E non solo perché in
Serie A non ci sono più i grandi calcia-
tori e gli squadroni di un tempo: Ad av-
velenare questa stagione 2012/13 ci
penseranno gli strascichi di calciopoli,
gli orrori della (in)giustizia sportiva al-
l’italiana, i sospetti, le accuse, e le ca-
lunnie. Per il bel gioco, i goal, e i
campioni ci sarà appena spazio durante
i 90 minuti regolamentari, sempre che
un arbitro di porta in cerca di notorietà
non decida di spararla grossa rovinando
l’ennesimo “match clou”. Sarà il cam-
pionato dei grandi assenti, come tutte le
star che hanno lasciato l’Italia, o come
Antonio Conte, costretto a seguire la Ju-
ventus dalla tribuna sulla base di una
sentenza farsa che avrebbe suscitato
l’ammirazione di Torquemada. E degli
inutili presenti, come Zdenek Zeman,
chiamato a guidare la risurrezione roma-
nista, sì, ma più noto per eclatanti ac-
cuse di combine e malaffari calcistici
che per aver mai vinto qualcosa sul
campo. Inutile augurarsi che vinca il mi-
gliore. Sarebbe già un affare vincesse il
meno peggio.