l quotidiano economico britan-
        
        
          nico Financial Times torna ai farsi
        
        
          i fatti dell’Italia. Stavolta però, a
        
        
          beccarsi la silurata da uno dei suoi
        
        
          giornalisti di punta,Wolfgang Mun-
        
        
          chau, non è stato Silvio Berlusconi
        
        
          - preso di mira per anni quando era
        
        
          al governo del Paese - ma il nostro
        
        
          premier uscente e aspirante alla ri-
        
        
          conferma Mario Monti. E l’edito-
        
        
          rialista, beffa delle beffe, mette in
        
        
          luce la vigorosa risalita del Cava-
        
        
          liere in vari sondaggi pubblicati ne-
        
        
          gli ultimi giorni.
        
        
          Come già fatto in passato, di
        
        
          fronte alle incursioni dell’importan-
        
        
          te giornale del Regno Unito po-
        
        
          tremmo esclamare un sonoro “e chi
        
        
          se ne frega”. Ma in questa circo-
        
        
          stanza, riteniamo equo metterci alla
        
        
          finestra per osservare quale sarà la
        
        
          reazione della stampa italiana e
        
        
          dell’opinione pubblica in generale,
        
        
          che un tempo si divertivano a dare
        
        
          risalto al parere dei quotidiani esteri
        
        
          e che stavolta sono chiamate a giu-
        
        
          dicare la bocciatura del fallito “sal-
        
        
          vatore” del nostro paese. Colui che,
        
        
          rimangiandosi tutto quanto andava
        
        
          sbandierando mentre era impegnato
        
        
          a tartassare di imposte il contri-
        
        
          buente italiano, è “salito in politi-
        
        
          ca”, eccome, fra l’altro con una
        
        
          spocchia che, evidentemente, ha te-
        
        
          nuto nascosta per oltre un anno
        
        
          passato a Palazzo Chigi. Al termine
        
        
          del quale ha comunque lasciato uno
        
        
          stato di recessione aggravata.
        
        
          
            I
          
        
        
          Oggi il Professore, candidato al-
        
        
          la presidenza del Consiglio con
        
        
          Scelta Civica con Monti collocatasi
        
        
          al centro in una sorta di riesuma-
        
        
          zione della Democrazia Cristiana,
        
        
          «non è l’uomo giusto per guidare
        
        
          l’Italia», come scrive, appunto,
        
        
          
            Ft
          
        
        
          .
        
        
          L’esecutivo del bocconiano «ha pro-
        
        
          vato a introdurre riforme strutturali
        
        
          modeste», talmente blande al punto
        
        
          da poter essere definite di «irrile-
        
        
          vanza macroeconomica». Promet-
        
        
          teva riforme ma ha saputo solo
        
        
          «aumentare le tasse». E poi, forse,
        
        
          la stoccata più dolente, a proposito
        
        
          del famigerato spread - quello il cui
        
        
          lievitare sarebbe stato causa decisiva
        
        
          per il defenestramento di Berlusconi
        
        
          - il giornalista britannico scrive che
        
        
          il ritorno del parametro a livelli ac-
        
        
          cettabili «è legato a un altro Mario,
        
        
          a Draghi». Per quanto riguarda in-
        
        
          vece Berlusconi, il Financial Times
        
        
          nota che l’alleanza con la Lega, sep-
        
        
          pur ancora indietro nei sondaggi,
        
        
          guadagna consensi e ritiene che «fi-
        
        
          no ad ora la campagna dell’ex pri-
        
        
          mo ministro sia stata positiva».
        
        
          Come detto, ora stiamo a vedere
        
        
          quali saranno le reazioni. Tenendo
        
        
          conto che, forse essendo già intos-
        
        
          sicato da qualche perplessità, il lea-
        
        
          der del Pd Pier Luigi Bersani, pur
        
        
          avendo sostenuto le politiche di au-
        
        
          sterità imposte da Monti e avendo-
        
        
          lo di recente corteggiato nella spe-
        
        
          ranza di un accordo post-elettorale,
        
        
          oggi ne prende qualche distanza,
        
        
          non convinto delle riforme struttu-
        
        
          rali proposte nel programma di Li-
        
        
          sta Civica. Un Monti destinato a ri-
        
        
          trovarsi isolato, insieme agli alleati
        
        
          Casini, Fini e Montezemolo? Sta-
        
        
          remo a vedere. Certo da solo le sue
        
        
          possibilità di vittoria sono quasi ine-
        
        
          sistenti. Perché il suo tentativo di
        
        
          trasformarsi in politico si sta rive-
        
        
          lando fallimentare. Il miscuglio di
        
        
          flemma e durezza verbale non con-
        
        
          vince. Il premier uscente non sa of-
        
        
          frire ciò di cui l’Italia ha bisogno,
        
        
          vale a dire politica e qualcuno che
        
        
          sappia interpretare i più basilari
        
        
          sentimenti dei cittadini.
        
        
          
            STEFANO MARZETTI
          
        
        
          II
        
        
          POLITICA
        
        
          II
        
        
          Marò, tutti gli errori“tecnici”della Farnesina
        
        
          di
        
        
          
            GIORGIO PRINZI
          
        
        
          l governo italiano e i legali in-
        
        
          diani di Massimiliano Latorre
        
        
          e Salvatore Girone, i due fucilieri
        
        
          di Marina ostaggio da oltre un-
        
        
          dici mesi in India, si sono dichia-
        
        
          rati soddisfatti della recente sen-
        
        
          tenza della Corte Suprema
        
        
          indiana che ha sì dichiarato giu-
        
        
          risdizionalmente incompetente il
        
        
          geograficamente piccolo stato fe-
        
        
          derale del Kerala, ma ha avocato
        
        
          alla giurisdizione centrale la
        
        
          competenza del caso. Di conse-
        
        
          guenza l’Alta Corte ha respinto
        
        
          platealmente e senza mezzi ter-
        
        
          mini la rivendicazione italiana
        
        
          di giurisdizione, il cui riconosci-
        
        
          mento era ottimisticamente, ma
        
        
          erroneamente, atteso dopo la
        
        
          concessione ai due militari ostag-
        
        
          gio di un permesso speciale na-
        
        
          talizio da trascorrere in Italia,
        
        
          sbandierato come un megagalat-
        
        
          tico successo della nostra diplo-
        
        
          mazia e suggellato dagli onori
        
        
          concessi persino dalla più Alta
        
        
          autorità dello Stato.
        
        
          In realtà, più che dagli indiani,
        
        
          questa strana ed opinabile sen-
        
        
          tenza è stata costruita dall’Italia
        
        
          che, nonostante la formale riven-
        
        
          dicazione di giurisdizione, ha sin
        
        
          dall’inizio rinunziato persino ad
        
        
          ogni forma di rivendicazione di
        
        
          sovranità, riconoscendo esclusiva
        
        
          competenza del caso solo e sol-
        
        
          tanto agli organi giurisdizionali
        
        
          indiani, persino a quelli di uno
        
        
          stato federale quale il Kerala, che
        
        
          non ha non ha personalità giuri-
        
        
          
            I
          
        
        
          dica internazionale, nel senso che
        
        
          non esiste come stato sovrano ri-
        
        
          conosciuto. È infatti assolutamen-
        
        
          te opinabile che uno Stato fede-
        
        
          rato possa in qualche modo
        
        
          interagire sul piano giuridico con
        
        
          uno Stato sovrano, ipotesi suffra-
        
        
          gata dalla realtà delle cose. Il Ke-
        
        
          rala come ad esempio il Texas,
        
        
          non hanno rappresentanze diplo-
        
        
          matiche in Italia né tantomeno
        
        
          loro funzionari accreditati. Qua-
        
        
          lora l’Italia avesse agito da Stato
        
        
          sovrano e non da evanescente en-
        
        
          tità di “basso profilo”, avrebbe
        
        
          dovuto da subito adire a compe-
        
        
          tenti organi internazionali in am-
        
        
          bito delle Nazioni Unite, delle
        
        
          Organizzazioni dei Trattati ma-
        
        
          rittimi, della stessa Nato, che
        
        
          all’articolo 4 del suo Statuto pre-
        
        
          vede esplicitamente il supporto
        
        
          politico ad un suo membro og-
        
        
          getto di malversazione da parte
        
        
          di uno o più Stati terzi. Pur es-
        
        
          sendo il nostro Gruppo facebook
        
        
          “Riportiamo a casa i due militari
        
        
          prigionieri” in gran parte forma-
        
        
          to da persone di formazione mi-
        
        
          litare, non ha mai fatto formale
        
        
          riferimento alla clausola dell’ar-
        
        
          ticolo 5 dello Statuto della Nato,
        
        
          quello che prevede il sostegno
        
        
          militare diretto e concreto in ca-
        
        
          so di aggressione armata da parte
        
        
          di uno Stato terzo, come si è con-
        
        
          figurata a conseguenza del fatto
        
        
          che il rientro in un porto indiano
        
        
          della Enrica Lexie, il mercantile
        
        
          su cui erano impiegato a difesa
        
        
          il nucleo di protezione comanda-
        
        
          to da Latorre, è avvenuto sotto
        
        
          intimidazione di unità navali e di
        
        
          veicoli militari. Di fatto, quindi
        
        
          una vera “coercizione sotto la
        
        
          minaccia delle armi” che qualsia-
        
        
          si Stato configurerebbe come atto
        
        
          ostile ma a nostro avviso la que-
        
        
          stione deve, come credo qualsiasi
        
        
          persona di buon senso, rimanere
        
        
          in ambito di disputa giuridica,
        
        
          anche se essa avrebbe richiesto
        
        
          un approccio diverso dal cosid-
        
        
          detto “basso profilo”. Un atteg-
        
        
          giamento che di fatto si è rivelato
        
        
          come una supina acquiescenza
        
        
          persino nei confronti delle pla-
        
        
          teali manipolazioni degli inqui-
        
        
          renti indiani, per non parlare di
        
        
          quelle mediatiche.
        
        
          Che fare allora nella verosimi-
        
        
          le prospettiva che degli ulteriori
        
        
          sviluppi dovrà farsi carico un go-
        
        
          verno diverso da quello attual-
        
        
          mente presieduto da un ineffabile
        
        
          Mario Monti, peraltro silenzioso
        
        
          se non muto durante l’intera vi-
        
        
          cenda? La prima cosa che chie-
        
        
          diamo al governo prossimo ven-
        
        
          turo è quella di avere un sussulto
        
        
          di rivendicazione di sovranità, fa-
        
        
          cendo ricorso ai competenti or-
        
        
          gani internazionale e sovranazio-
        
        
          nali e non più affidarsi
        
        
          esclusivamente alla “pietosa ca-
        
        
          rità” della giurisdizione indiana,
        
        
          nell’approccio e nel comporta-
        
        
          mento di fatto riconosciuta e su-
        
        
          bita sin dall’inizio.
        
        
          Inoltre, siccome il danno è sta-
        
        
          to già prodotto, cominciare a ri-
        
        
          vendicare un nostro ruolo come
        
        
          Stato sovrano, ad esempio richie-
        
        
          dendo che la speciale Corte da
        
        
          costituire ad hoc sia in realtà una
        
        
          Commissione Internazionale mi-
        
        
          sta d’inchiesta in cui cominciare
        
        
          a fare valere i Diritti Umani, an-
        
        
          cor prima che quelli usuali della
        
        
          difesa in un qualsivoglia Stato di
        
        
          Diritto, quale l’India sta dimo-
        
        
          strando di non essere e pertina-
        
        
          cemente rifiutarsi di essere. Un
        
        
          importante documento di riferi-
        
        
          mento è l’analisi tecnica di Luigi
        
        
          Di Stefano, proprio in questo
        
        
          frangente aggiornata. Stranamen-
        
        
          te è l’unico documento valido a
        
        
          difesa, proprio perché valido fatto
        
        
          oggetto di strumentali attacchi
        
        
          volti a screditare l’Autore e a smi-
        
        
          nuirne la sua portata.
        
        
          Come lo stesso Luigi Di Stefa-
        
        
          no fa notare, non è l’unico “ge-
        
        
          nio” in grado di sviluppare un la-
        
        
          voro analogo; ad esempio gli
        
        
          Ufficiali dei Carabinieri inviati
        
        
          dal nostro governo con la conse-
        
        
          gna tassativa di farsi prendere per
        
        
          i fondelli dagli indiani del Kerala
        
        
          avrebbero potuto svolgere in ma-
        
        
          niera adeguata ed encomiabile il
        
        
          ruolo di periti di parte, ovviamen-
        
        
          te in contrasto con il “basso pro-
        
        
          filo” di un governo che ha dimo-
        
        
          strato di essere, almeno nella
        
        
          vicenda contingente, iperbolica-
        
        
          mente di basso profilo. E non so-
        
        
          lo, l’Addetto Militare per la Di-
        
        
          fesa, peraltro un Ufficiale
        
        
          Generale della marina Militare,
        
        
          avrebbe potuto e dovuto preten-
        
        
          dere un sequestro formale delle
        
        
          armi dei due marò ed un disse-
        
        
          questro una volta effettuati gli ac-
        
        
          certamenti da parte indiana.
        
        
          Nemmeno questo è avvenuto e
        
        
          forse siamo l’unico Stato al mon-
        
        
          do della Storia moderna che ha
        
        
          consegnato armi militari in dota-
        
        
          zione a tutti i Paesi della Nato,
        
        
          senza pretendere le dovute e ne-
        
        
          cessarie garanzie dallo stato ri-
        
        
          chiedente che peraltro non fa par-
        
        
          te dell’Alleanza Atlantica.
        
        
          FinancialTimes controMonti:
        
        
          «Nonè lui l’uomogiusto»
        
        
          Tv,Cairo ci riprova
        
        
          e rilancia per La7
        
        
          Gli Esteri hanno lasciato
        
        
          giudicare i marinai
        
        
          da una corte“regionale”
        
        
          non riconosciuta
        
        
          Bastava l’applicazione
        
        
          del diritto internazionale
        
        
          facendo riferimento
        
        
          al PattoAtlantico
        
        
          K
        
        
          
            Mario MONTI
          
        
        
          rbano Cairo non molla: vuole
        
        
          La7 al punto da rilanciare sul-
        
        
          la precedente offerta, nell’attesa che
        
        
          il cda decida definitivamente sul fu-
        
        
          turo del gruppo televisivo di Ti Me-
        
        
          dia. Il patron della Cairo Commu-
        
        
          nications, titolare del contratto
        
        
          pubblicitario con l’emittente tele-
        
        
          visiva fino al 2019, avrebbe fatto
        
        
          pervenire un’offerta migliorativa
        
        
          rispetto a quella precedente, pari
        
        
          secondo quanto emerso nei giorni
        
        
          scorsi a 100 milioni di euro per la
        
        
          sola emittente tv. Questa cifra con-
        
        
          sentirebbe a Telecom Italia di non
        
        
          svendere.
        
        
          Il presidente del Torino calcio
        
        
          avrebbe presentato una proposta
        
        
          non vincolante «ma finalizzata a
        
        
          rilevare il 100% de La7 insieme a
        
        
          Mtv, entrambe possedute da Ti Me-
        
        
          dia». Le trattative per la cessione
        
        
          di Ti Media vanno avanti: l’inten-
        
        
          zione di Telecom Italia è chiudere
        
        
          la partita entro il 7 febbraio, giorno
        
        
          fissato per il prossimo cda. Già nel-
        
        
          la precedente trattativa, Cairo ave-
        
        
          va posto come condizione a Tele-
        
        
          com Italia di accollarsi il rosso di
        
        
          gestione delle tv almeno dell’anno
        
        
          scorso e nell’esercizio in corso.
        
        
          Nei fatti sono due le strade che
        
        
          la società guidata da Franco Ber-
        
        
          nabè può intraprendere: vendere
        
        
          singolarmente La7, causa della vo-
        
        
          ragine dei conti, e tenersi i multi-
        
        
          plex oppure cedere tutti il pacchetti
        
        
          tv di Ti Media. Nel primo caso, Te-
        
        
          
            U
          
        
        
          lecom Italia potrebbe scegliere uno
        
        
          scivolo “morbido”, contribuendo
        
        
          con un’iniezione di capitali e ac-
        
        
          compagnando la cessione di La7
        
        
          con ulteriori forme di sostegno, per
        
        
          esempio della pubblicità garantita.
        
        
          Seconda ipotesi la vendita in bloc-
        
        
          co, grazie all’interesse manifestato
        
        
          dai fondi Clessidra-Equinox, che
        
        
          avrebbero messo sul piatto un’of-
        
        
          ferta di circa 350 milioni di euro
        
        
          per rilevare sia La7 sia i tre multi-
        
        
          plex (denominati Timb) che fanno
        
        
          capo a Ti Media Broadcasting.
        
        
          L’azienda però non considera con-
        
        
          grua l’offerta di conseguenza l’ope-
        
        
          razione attualmente più solida ri-
        
        
          mane quella di Cairo con la vendita
        
        
          della sola La7. Questo in assenza
        
        
          di adeguati rilanci da parte di Clau-
        
        
          dio Sposito e Alessandro Grimaldi
        
        
          (Clessidra).
        
        
          
            ALESSIOVALLERGA
          
        
        
          
            L’OPINIONE delle Libertà
          
        
        
          MARTEDÌ 22 GENNAIO 2013
        
        
          
            4