Page 4 - Opinione del 21-9-2012

di
ENRICO STRINA
hi è Laura Puppato? La do-
manda se la pongono tre quar-
ti del Pd e la quasi totalità dell’elet-
torato. 55 anni, veneta,
imprenditrice nel settore assicura-
tivo finanziario. Di più: consigliere
regionale del Veneto e, soprattutto
di questi tempi, candidata alle pri-
marie del Pd, del centrosinistra, fate
voi. «La terza candidata certa», so-
stiene al videoforum su Repubblica
Tv. «Con Bersani e Renzi», aggiun-
ge. «Non mi interessa se siano pri-
marie di partito o di coalizione, né
se e quali regole ci saranno: l’im-
portante è ripartire dalla carta di
intenti del partito». È donna forte
questa Puppato, la giacca con le
maniche tirate su e le mani tozze,
l’accento veneto marcato e le frasi
corte ma ragionate. Una necessità
immediata, l’ambiente: «Lavoro e
ambiente non vanno messi in con-
trapposizione. Anzi, l’ambiente è
anche lavoro: è efficientamento
energetico, è recupero delle materie
prime e dei relativi territori. Bisogna
tornare alla tutela del territorio: la
qualità del paesaggio è un vantag-
gio per la qualità della vita e per il
turismo. L’Italia è il giardino d’Eu-
ropa: dobbiamo tornare a quel pae-
saggio di qualità, fatto anche di sto-
ria e cultura». Lei con l’ambiente
ci ha lavorato all’epoca in cui era
sindaco di Montebelluna: «Nella
C
lotta per l’inceneritore di Monte-
belluna ho combattuto per arrivare
a grandi risultati sul riciclo, proprio
per ridurre l’impatto dell’inceneri-
tore stesso. Mediante questo mec-
canismo abbiamo creato lavoro fa-
cendo cultura e informazione sul
riciclo e riducendo anche la bolletta
energetica». E fin qui, rispetto a
Bersani e Renzi, Puppato mette al-
l’ordine del giorno delle tematiche
che gli altri due contendenti non
hanno mai toccato granché, tanto
da essere elogiata anche da Grillo,
in passato: «Non ne condivido la
violenza verbale», afferma però la
consigliera veneta. Capitolo impre-
sa: «Il paese deve fare impresa e la
politica deve facilitare la vita a chi
fa impresa. Non si può sempre sov-
venzionare chi mette in campo il la-
voro come se fosse una forma di
prelievo allo stato. Marchionne sarà
anche stato bravo in America, ma
sempre con i soldi di Obama.
Un’impresa deve essere capace di
produrre in maniera autonoma, sen-
nò c’è un’incapacità che è solo dan-
nosa». Attacco diretto a Marchion-
ne e al sistema di collettivizzazione
della crisi e privatizzazione dei pro-
fitti. Capitolo lavoro: «Dobbiamo
dare garanzie non al posto del la-
voro, ma al lavoro» (Fornero è vi-
cina). Sul tema Centrosinistra, Pup-
pato salta a piedi pari: «Non
intendo parlare delle alleanze: lo fa-
remo nella vicinanza delle elezioni.
Il Pd deve crescere per poter fare
delle politiche di traino ed essere es-
so stesso un traino, deve aumentare
la fiducia tra i cittadini. Recuperia-
mo la fiducia affermando i nostri
temi, le nostre linee, non parlando
di coalizioni. Spieghiamo le priorità
e mostriamo la nostra onestà, por-
tiamo limpidezza nel sistema. Io non
sto male né con Sel, né con Idv, né
con Udc, ma oggi dobbiamo con-
centrarci solo su di noi». Laura Pup-
pato, la chiarezza e la decisione ci
sono. Le idee nuove però mancano.
È il terzo incomodo al momento.
Un terzo incomodo che, di certo,
non pesterà i piedi a nessuno.
II
POLITICA
II
Pd: le candidature sononuove
Ma le idee sempre le solite
Tre Giovani turchi,
il teamdi Bersani
K
Laura PUPPATO
In Italia l’unica certezza si chiama disoccupazione
n po’ fuori posto», così
Alberto Bombassei (pre-
sidente di Brembo) stronca l’in-
tervento di Diego Della Valle sulla
Fiat. Quindi Bombassei aggiunge:
«
Se parla di scarpe è meglio - e
precisa - non c’è solo Fiat...». Il
messaggio del presidente di Brem-
bo è chiaro e invita a non fossi-
lizzare il problema occupazionale
su Fiat ed indotto, quindi a non
guardare ai 50mila posti di lavoro
in meno, ma ad andare oltre per
ammettere che la crisi del mani-
fatturiero italiano interessa mi-
gliaia di aziende in fuga dall’Italia
e milioni di italiani che probabil-
mente saluteranno da disoccupati
il 2013. E conta davvero poco che
il prezzo in disoccupazione lo
chieda l’Europa o faccia comodo
a un certo numero di italiani.
Non c’è nessun colpevole da met-
tere sul banco degli imputati, né
la politica di un paese industria-
lizzato può essere condizionata
dal pietismo verso chi deve essere
messo fuori dal circuito produt-
tivo. Il dato oggettivo è che i di-
soccupati in Italia devono (bene
che vada) crescere di circa 1,5 mi-
lioni di unità rispetto al 2011: è
la stima contenuta nel rapporto
del Cnel sul mercato del lavoro
secondo il quale «senza una svol-
ta sul versante della produttività,
potrebbero prevalere pressioni de-
flazionistiche sui salari e sui red-
diti interni, assecondate da poli-
tiche fiscali di segno restrittivo».
All’incremento della parteci-
pazione al mercato del lavoro
«
U
(111.000
forze di lavoro femmi-
nili e 202.000 nuovi immigrati at-
tivi), al probabile effetto delle per-
dite di reddito familiare e del
conseguente fenomeno del “lavo-
ratore aggiuntivo”, fa eco per il
Cnel il progressivo aumento del
tasso di disoccupazione, comin-
ciato dagli ultimi mesi del 2011:
«
Si calcola che tra il 2011 e il
2020
il numero dei disoccupati
supererà 1,5 milioni (c’è chi ipo-
tizza oltre 2 milioni) di persone
per la popolazione d’età compre-
sa tra 15 e 66 anni con una forte
riduzione dei giovani attivi italia-
ni (oltre 515.000 persone) e degli
adulti fino a 54 anni, compensata
dall’aumento della forza lavoro
immigrata (oltre 1,3 milioni di
persone) e soprattutto delle forze
lavoro anziane». È ovvio che l’im-
pennata del fenomeno disoccupa-
zionale si avrà tutta nell’autunno
del 2012 e nel 2013.
«
In 50 anni - segnala il Cnel -
la percentuale di anziani passe-
rebbe dal 15,3% al 26,8% della
popolazione, determinando una
riduzione del peso delle altre clas-
si d’età con importanti effetti sui
rapporti intergenerazionali. Co-
loro che più hanno subito le con-
seguenze della crisi sono i giovani.
Tra i più colpiti, quelli con un ti-
tolo di studio basso (-24,8% tra
chi ha solo la licenza media); i re-
sidenti nelle regioni meridionali
(-19,6%);
i lavoratori a tempo in-
determinato (-19,3%) e quelli a
tempo pieno (-17,9%)». La ricet-
ta, secondo autorevoli esperti, è
l’emigrazione massiva di italiani
di tutte le età (non solo giovani)
verso i paesi extracomunitari, co-
me Australia ed Oceania, o anche
solo nel nord Europa. La cura è
muoversi, vincere il torpore della
crisi emigrando a migliaia di chi-
lometri dal luogo d’origine, da
quello dove si è perso l’ultimo la-
voro.
A dirci che la disoccupazione
è l’unica certezza in Italia sono
flussi migratori in diminuzione.
Calano gli immigrati di tipo per-
manente verso l’Italia, si triplica-
no solo le richieste di asilo poli-
tico e aumenta il tasso di “neet”,
ossia di giovani immigrati che
non hanno un lavoro, né studia-
no, né sono in formazione: sono
alcuni degli aspetti rilevanti che
emergono dal rapporto Ocse
2012
sulle tendenze delle migra-
zioni internazionali. Il rapporto è
stato presentato nel giugno scorso
a Bruxelles e discusso ieri a Roma
nell’ambito di un convegno al
Cnel.
L’Italia è al terzo posto tra i
paesi dell’Ocse in termini di flusso
in entrata: -10% tra il 2009 ed il
2010
e -38% tra il 2007 e il
2010,
ben al di sopra della media
Ocse. Proseguono anche nel
2010,
con un calo del 4% rispetto
al 2009 le migrazioni temporanee
di lavoratori. In crescita anche il
numero di cittadini italiani che
emigrano verso altri paesi del-
l’Ocse: circa 78 mila (+6%). Au-
menta però anche il numero di
studenti internazionali nel nostro
paese. Più che replicate le richieste
di asilo politico rispetto al 2010:
l’andamento del fenomeno ha
portato l’Italia dal tredicesimo
posto nel 2009 al settimo posto
nella classifica dei paesi Ocse del
2011.
Dal rapporto emerge anche
che gli immigrati sono più colpiti
rispetto agli italiani dalla crisi
economica, soprattutto in termini
di disoccupazione temporanea,
mentre il tasso dei disoccupati a
lungo termine è simile a quello
dei lavoratori italiani. Tre immi-
grati su cinque hanno trovato la-
voro in un settore emergente, più
che negli altri paesi Ocse. Inoltre,
gli stranieri hanno rappresentato
il 28% dell’aumento della forza
lavoro italiana nell’ultimo decen-
nio. Tuttavia, sottolinea il rappor-
to, «diventa sempre più preoccu-
pante la situazione occupazionale
dei giovani immigrati, in generale
meno qualificati di quelli italiani
che entrano nell’età lavorativa. Il
tasso di neet è del 30%, circa il
50%
superiore al tasso tra gli ita-
liani e al disopra del livello nella
maggior parte dei paesi dell’Ocse,
tranne la Spagna e la Grecia». Il
belpaese non fa più gola agli ex-
tracomunitari, che grazie ad in-
ternet preferisco migrare in Au-
stralia, e lo fanno prima di noi
italiani.
La grande crisi è anche entrata
nel radar della Benetton, famosa
per le sue campagne pubblicitarie
a forte impatto. «Rispetto agli an-
ni passati il tema può sembrare
meno scioccante, soprattutto dal
punto di vista dell’immagine - ha
commentato Alessandro Benetton
-
in realtà, se si fa attenzione al
messaggio, lo è ancor di più».
Tutta la campagna si basa infatti
sul problema della disoccupazione
giovanile nel mondo. Stando ai
numeri presentati a Londra, si
tratta di oltre 100 milioni di per-
sone nella fascia compresa tra i
15
e i 29 anni. Ragazzi che, visto
le dure condizioni economiche,
subiscono oltre al danno la beffa:
non solo sono disoccupati, ma an-
che oggetto di pregiudizi. L’adagio
tipico: «Se non trovano lavoro è
colpa loro, sono degli scansafati-
che». Una discriminazione in pie-
na regola che rientra nel mandato
della “Unhate Foundation” (fon-
dazione per il dialogo sostenuta
da Benetton). «Non possiamo
cambiare il mondo, noi facciamo
vestiti - fa notare Benetton - però
possiamo usare la nostra voce per
evidenziare il tema. Non trovere-
mo soluzioni a questa crisi se non
intavoleremo un dialogo con le
nuove generazioni». Ma proprio
le nuove generazioni ormai drib-
blano il dialogo, e lavorano pre-
cariamente in nero per acquistare
un biglietto aereo per l’Australia:
tra Milano e Torino si è registrata
l’impennata di giovani che hanno
acquistato voli non di piacere per
paesi tanto lontani. Lasciano i
convegni sul tema a padri e nonni
e scelgono il lavoro libero ben pa-
gato. Lontano da casa.
RUGGIERO CAPONE
ono tre, sono relativamente
giovani, sono “Turchi”. Lo
staff di cui Pier Luigi Bersani ha
voluto circondarsi per la battaglia
che lo vedrà confrontarsi con
Matteo Renzi non prevede i nomi
altisonanti del gotha del partito.
Saranno Alessandra Moretti, Ro-
berto Speranza e Tommaso Giun-
tella a coordinare la sfida per la
premiership del segretario Demo-
cratico. Tutti e tre fanno parte
dell’ortodossia della corrente di
Stefano Fassina, il discusso respon-
sabile economico del Pd. Moretti
ha trentanove anni, è avvocato da
quattro ricopre il ruolo di vicesin-
daco nella giunta di centrosinistra
che amministra Vicenza, da tre è
stata chiamata dal segretario
nell’Assemblea nazionale del par-
tito. Si occuperà della comunica-
zione della campagna. Coordina-
tore politico sarà Speranza.
Coordinatore del partito in una
Basilicata amministrata dal mar-
gheritino Vito De Filippo, era in
ballo per la segreteria dei Giovani
democratici, ma gli fu preferito
Fausto Raciti. Giuntella ricoprirà
un ruolo ibrido, quello di Coordi-
natore dei rapporti con la società
civile. Figlio del corrispondente
del Tg1 al Quirinale scomparso
nel 2008, è consigliere in uno dei
municipi di Roma. Sul suo profilo
Facebook si definisce “liberale”,
ma i bene informati lo definiscono
S
di scuola dossettiana.
Una scelta di basso profilo,
orientata su figure di secondo pia-
no della corrente guidata dallo
stesso Fassina, insieme a Matteo
Orfini e Andrea Orlando. «È com-
plicato ricostruirne il profilo po-
litico, perché non hanno fatto nul-
la», spiegano alcuni dirigenti del
partito. Gli stessi che tuttavia am-
mettono che uno dei meriti di Ber-
sani sia stato quello di crescere nel
tempo una pattuglia di legionari,
che oggi costituiscono il nocciolo
duro dei quadri che lavorano per
la campagna del segretario. Sono
loro a spingere perché il regola-
mento delle primarie preveda un
turno unico. Anche se non dovesse
arrivare la legittimazione del 50%
dell’elettorato, la paura che Renzi
possa farcela in uno scontro uno-
contro-uno è molta. Sarebbero i
grandi vecchi del patto di sinda-
cato che si sono stretti attorno
all’ex ministro che non vedrebbero
di buon occhio un candidato lea-
der incoronato da una minoranza
relativa del popolo della sinistra,
spingendo così per il doppio turno.
Bersani ha assicurato che la
corsa per la leadeship, precisa, non
lo distrarrà dal ruolo di segretario
del partito. Ha ricordato che con
le primarie s«i sceglie il candidato
dei progressisti al governo del pae-
se. E nessun’altra cosa».
(
p.s.)
L’OPINIONE delle Libertà
VENERDÌ 21 SETTEMBRE 2012
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