di
      
      
        
          ENRICO STRINA
        
      
      
        hi è Laura Puppato? La do-
      
      
        manda se la pongono tre quar-
      
      
        ti del Pd e la quasi totalità dell’elet-
      
      
        torato. 55 anni, veneta,
      
      
        imprenditrice nel settore assicura-
      
      
        tivo finanziario. Di più: consigliere
      
      
        regionale del Veneto e, soprattutto
      
      
        di questi tempi, candidata alle pri-
      
      
        marie del Pd, del centrosinistra, fate
      
      
        voi. «La terza candidata certa», so-
      
      
        stiene al videoforum su Repubblica
      
      
        Tv. «Con Bersani e Renzi», aggiun-
      
      
        ge. «Non mi interessa se siano pri-
      
      
        marie di partito o di coalizione, né
      
      
        se e quali regole ci saranno: l’im-
      
      
        portante è ripartire dalla carta di
      
      
        intenti del partito». È donna forte
      
      
        questa Puppato, la giacca con le
      
      
        maniche tirate su e le mani tozze,
      
      
        l’accento veneto marcato e le frasi
      
      
        corte ma ragionate. Una necessità
      
      
        immediata, l’ambiente: «Lavoro e
      
      
        ambiente non vanno messi in con-
      
      
        trapposizione. Anzi, l’ambiente è
      
      
        anche lavoro: è efficientamento
      
      
        energetico, è recupero delle materie
      
      
        prime e dei relativi territori. Bisogna
      
      
        tornare alla tutela del territorio: la
      
      
        qualità del paesaggio è un vantag-
      
      
        gio per la qualità della vita e per il
      
      
        turismo. L’Italia è il giardino d’Eu-
      
      
        ropa: dobbiamo tornare a quel pae-
      
      
        saggio di qualità, fatto anche di sto-
      
      
        ria e cultura». Lei con l’ambiente
      
      
        ci ha lavorato all’epoca in cui era
      
      
        sindaco di Montebelluna: «Nella
      
      
        
          C
        
      
      
        lotta per l’inceneritore di Monte-
      
      
        belluna ho combattuto per arrivare
      
      
        a grandi risultati sul riciclo, proprio
      
      
        per ridurre l’impatto dell’inceneri-
      
      
        tore stesso. Mediante questo mec-
      
      
        canismo abbiamo creato lavoro fa-
      
      
        cendo cultura e informazione sul
      
      
        riciclo e riducendo anche la bolletta
      
      
        energetica». E fin qui, rispetto a
      
      
        Bersani e Renzi, Puppato mette al-
      
      
        l’ordine del giorno delle tematiche
      
      
        che gli altri due contendenti non
      
      
        hanno mai toccato granché, tanto
      
      
        da essere elogiata anche da Grillo,
      
      
        in passato: «Non ne condivido la
      
      
        violenza verbale», afferma però la
      
      
        consigliera veneta. Capitolo impre-
      
      
        sa: «Il paese deve fare impresa e la
      
      
        politica deve facilitare la vita a chi
      
      
        fa impresa. Non si può sempre sov-
      
      
        venzionare chi mette in campo il la-
      
      
        voro come se fosse una forma di
      
      
        prelievo allo stato. Marchionne sarà
      
      
        anche stato bravo in America, ma
      
      
        sempre con i soldi di Obama.
      
      
        Un’impresa deve essere capace di
      
      
        produrre in maniera autonoma, sen-
      
      
        nò c’è un’incapacità che è solo dan-
      
      
        nosa». Attacco diretto a Marchion-
      
      
        ne e al sistema di collettivizzazione
      
      
        della crisi e privatizzazione dei pro-
      
      
        fitti. Capitolo lavoro: «Dobbiamo
      
      
        dare garanzie non al posto del la-
      
      
        voro, ma al lavoro» (Fornero è vi-
      
      
        cina). Sul tema Centrosinistra, Pup-
      
      
        pato salta a piedi pari: «Non
      
      
        intendo parlare delle alleanze: lo fa-
      
      
        remo nella vicinanza delle elezioni.
      
      
        Il Pd deve crescere per poter fare
      
      
        delle politiche di traino ed essere es-
      
      
        so stesso un traino, deve aumentare
      
      
        la fiducia tra i cittadini. Recuperia-
      
      
        mo la fiducia affermando i nostri
      
      
        temi, le nostre linee, non parlando
      
      
        di coalizioni. Spieghiamo le priorità
      
      
        e mostriamo la nostra onestà, por-
      
      
        tiamo limpidezza nel sistema. Io non
      
      
        sto male né con Sel, né con Idv, né
      
      
        con Udc, ma oggi dobbiamo con-
      
      
        centrarci solo su di noi». Laura Pup-
      
      
        pato, la chiarezza e la decisione ci
      
      
        sono. Le idee nuove però mancano.
      
      
        È il terzo incomodo al momento.
      
      
        Un terzo incomodo che, di certo,
      
      
        non pesterà i piedi a nessuno.
      
      
        II
      
      
        POLITICA
      
      
        II
      
      
        Pd: le candidature sononuove
      
      
        Ma le idee sempre le solite
      
      
        Tre Giovani turchi,
      
      
        il teamdi Bersani
      
      
        K
      
      
        
          Laura PUPPATO
        
      
      
        In Italia l’unica certezza si chiama disoccupazione
      
      
        n po’ fuori posto», così
      
      
        Alberto Bombassei (pre-
      
      
        sidente di Brembo) stronca l’in-
      
      
        tervento di Diego Della Valle sulla
      
      
        Fiat. Quindi Bombassei aggiunge:
      
      
        «
      
      
        Se parla di scarpe è meglio - e
      
      
        precisa - non c’è solo Fiat...». Il
      
      
        messaggio del presidente di Brem-
      
      
        bo è chiaro e invita a non fossi-
      
      
        lizzare il problema occupazionale
      
      
        su Fiat ed indotto, quindi a non
      
      
        guardare ai 50mila posti di lavoro
      
      
        in meno, ma ad andare oltre per
      
      
        ammettere che la crisi del mani-
      
      
        fatturiero italiano interessa mi-
      
      
        gliaia di aziende in fuga dall’Italia
      
      
        e milioni di italiani che probabil-
      
      
        mente saluteranno da disoccupati
      
      
        il 2013. E conta davvero poco che
      
      
        il prezzo in disoccupazione lo
      
      
        chieda l’Europa o faccia comodo
      
      
        a un certo numero di italiani.
      
      
        Non c’è nessun colpevole da met-
      
      
        tere sul banco degli imputati, né
      
      
        la politica di un paese industria-
      
      
        lizzato può essere condizionata
      
      
        dal pietismo verso chi deve essere
      
      
        messo fuori dal circuito produt-
      
      
        tivo. Il dato oggettivo è che i di-
      
      
        soccupati in Italia devono (bene
      
      
        che vada) crescere di circa 1,5 mi-
      
      
        lioni di unità rispetto al 2011: è
      
      
        la stima contenuta nel rapporto
      
      
        del Cnel sul mercato del lavoro
      
      
        secondo il quale «senza una svol-
      
      
        ta sul versante della produttività,
      
      
        potrebbero prevalere pressioni de-
      
      
        flazionistiche sui salari e sui red-
      
      
        diti interni, assecondate da poli-
      
      
        tiche fiscali di segno restrittivo».
      
      
        All’incremento della parteci-
      
      
        pazione al mercato del lavoro
      
      
        
          «
        
      
      
        
          U
        
      
      
        (111.000
      
      
        forze di lavoro femmi-
      
      
        nili e 202.000 nuovi immigrati at-
      
      
        tivi), al probabile effetto delle per-
      
      
        dite di reddito familiare e del
      
      
        conseguente fenomeno del “lavo-
      
      
        ratore aggiuntivo”, fa eco per il
      
      
        Cnel il progressivo aumento del
      
      
        tasso di disoccupazione, comin-
      
      
        ciato dagli ultimi mesi del 2011:
      
      
        «
      
      
        Si calcola che tra il 2011 e il
      
      
        2020
      
      
        il numero dei disoccupati
      
      
        supererà 1,5 milioni (c’è chi ipo-
      
      
        tizza oltre 2 milioni) di persone
      
      
        per la popolazione d’età compre-
      
      
        sa tra 15 e 66 anni con una forte
      
      
        riduzione dei giovani attivi italia-
      
      
        ni (oltre 515.000 persone) e degli
      
      
        adulti fino a 54 anni, compensata
      
      
        dall’aumento della forza lavoro
      
      
        immigrata (oltre 1,3 milioni di
      
      
        persone) e soprattutto delle forze
      
      
        lavoro anziane». È ovvio che l’im-
      
      
        pennata del fenomeno disoccupa-
      
      
        zionale si avrà tutta nell’autunno
      
      
        del 2012 e nel 2013.
      
      
        «
      
      
        In 50 anni - segnala il Cnel -
      
      
        la percentuale di anziani passe-
      
      
        rebbe dal 15,3% al 26,8% della
      
      
        popolazione, determinando una
      
      
        riduzione del peso delle altre clas-
      
      
        si d’età con importanti effetti sui
      
      
        rapporti intergenerazionali. Co-
      
      
        loro che più hanno subito le con-
      
      
        seguenze della crisi sono i giovani.
      
      
        Tra i più colpiti, quelli con un ti-
      
      
        tolo di studio basso (-24,8% tra
      
      
        chi ha solo la licenza media); i re-
      
      
        sidenti nelle regioni meridionali
      
      
        (-19,6%);
      
      
        i lavoratori a tempo in-
      
      
        determinato (-19,3%) e quelli a
      
      
        tempo pieno (-17,9%)». La ricet-
      
      
        ta, secondo autorevoli esperti, è
      
      
        l’emigrazione massiva di italiani
      
      
        di tutte le età (non solo giovani)
      
      
        verso i paesi extracomunitari, co-
      
      
        me Australia ed Oceania, o anche
      
      
        solo nel nord Europa. La cura è
      
      
        muoversi, vincere il torpore della
      
      
        crisi emigrando a migliaia di chi-
      
      
        lometri dal luogo d’origine, da
      
      
        quello dove si è perso l’ultimo la-
      
      
        voro.
      
      
        A dirci che la disoccupazione
      
      
        è l’unica certezza in Italia sono
      
      
        flussi migratori in diminuzione.
      
      
        Calano gli immigrati di tipo per-
      
      
        manente verso l’Italia, si triplica-
      
      
        no solo le richieste di asilo poli-
      
      
        tico e aumenta il tasso di “neet”,
      
      
        ossia di giovani immigrati che
      
      
        non hanno un lavoro, né studia-
      
      
        no, né sono in formazione: sono
      
      
        alcuni degli aspetti rilevanti che
      
      
        emergono dal rapporto Ocse
      
      
        2012
      
      
        sulle tendenze delle migra-
      
      
        zioni internazionali. Il rapporto è
      
      
        stato presentato nel giugno scorso
      
      
        a Bruxelles e discusso ieri a Roma
      
      
        nell’ambito di un convegno al
      
      
        Cnel.
      
      
        L’Italia è al terzo posto tra i
      
      
        paesi dell’Ocse in termini di flusso
      
      
        in entrata: -10% tra il 2009 ed il
      
      
        2010
      
      
        e -38% tra il 2007 e il
      
      
        2010,
      
      
        ben al di sopra della media
      
      
        Ocse. Proseguono anche nel
      
      
        2010,
      
      
        con un calo del 4% rispetto
      
      
        al 2009 le migrazioni temporanee
      
      
        di lavoratori. In crescita anche il
      
      
        numero di cittadini italiani che
      
      
        emigrano verso altri paesi del-
      
      
        l’Ocse: circa 78 mila (+6%). Au-
      
      
        menta però anche il numero di
      
      
        studenti internazionali nel nostro
      
      
        paese. Più che replicate le richieste
      
      
        di asilo politico rispetto al 2010:
      
      
        l’andamento del fenomeno ha
      
      
        portato l’Italia dal tredicesimo
      
      
        posto nel 2009 al settimo posto
      
      
        nella classifica dei paesi Ocse del
      
      
        2011.
      
      
        Dal rapporto emerge anche
      
      
        che gli immigrati sono più colpiti
      
      
        rispetto agli italiani dalla crisi
      
      
        economica, soprattutto in termini
      
      
        di disoccupazione temporanea,
      
      
        mentre il tasso dei disoccupati a
      
      
        lungo termine è simile a quello
      
      
        dei lavoratori italiani. Tre immi-
      
      
        grati su cinque hanno trovato la-
      
      
        voro in un settore emergente, più
      
      
        che negli altri paesi Ocse. Inoltre,
      
      
        gli stranieri hanno rappresentato
      
      
        il 28% dell’aumento della forza
      
      
        lavoro italiana nell’ultimo decen-
      
      
        nio. Tuttavia, sottolinea il rappor-
      
      
        to, «diventa sempre più preoccu-
      
      
        pante la situazione occupazionale
      
      
        dei giovani immigrati, in generale
      
      
        meno qualificati di quelli italiani
      
      
        che entrano nell’età lavorativa. Il
      
      
        tasso di neet è del 30%, circa il
      
      
        50%
      
      
        superiore al tasso tra gli ita-
      
      
        liani e al disopra del livello nella
      
      
        maggior parte dei paesi dell’Ocse,
      
      
        tranne la Spagna e la Grecia». Il
      
      
        belpaese non fa più gola agli ex-
      
      
        tracomunitari, che grazie ad in-
      
      
        ternet preferisco migrare in Au-
      
      
        stralia, e lo fanno prima di noi
      
      
        italiani.
      
      
        La grande crisi è anche entrata
      
      
        nel radar della Benetton, famosa
      
      
        per le sue campagne pubblicitarie
      
      
        a forte impatto. «Rispetto agli an-
      
      
        ni passati il tema può sembrare
      
      
        meno scioccante, soprattutto dal
      
      
        punto di vista dell’immagine - ha
      
      
        commentato Alessandro Benetton
      
      
        -
      
      
        in realtà, se si fa attenzione al
      
      
        messaggio, lo è ancor di più».
      
      
        Tutta la campagna si basa infatti
      
      
        sul problema della disoccupazione
      
      
        giovanile nel mondo. Stando ai
      
      
        numeri presentati a Londra, si
      
      
        tratta di oltre 100 milioni di per-
      
      
        sone nella fascia compresa tra i
      
      
        15
      
      
        e i 29 anni. Ragazzi che, visto
      
      
        le dure condizioni economiche,
      
      
        subiscono oltre al danno la beffa:
      
      
        non solo sono disoccupati, ma an-
      
      
        che oggetto di pregiudizi. L’adagio
      
      
        tipico: «Se non trovano lavoro è
      
      
        colpa loro, sono degli scansafati-
      
      
        che». Una discriminazione in pie-
      
      
        na regola che rientra nel mandato
      
      
        della “Unhate Foundation” (fon-
      
      
        dazione per il dialogo sostenuta
      
      
        da Benetton). «Non possiamo
      
      
        cambiare il mondo, noi facciamo
      
      
        vestiti - fa notare  Benetton - però
      
      
        possiamo usare la nostra voce per
      
      
        evidenziare il tema. Non trovere-
      
      
        mo soluzioni a questa crisi se non
      
      
        intavoleremo un dialogo con le
      
      
        nuove generazioni». Ma proprio
      
      
        le nuove generazioni ormai drib-
      
      
        blano il dialogo, e lavorano pre-
      
      
        cariamente in nero per acquistare
      
      
        un biglietto aereo per l’Australia:
      
      
        tra Milano e Torino si è registrata
      
      
        l’impennata di giovani che hanno
      
      
        acquistato voli non di piacere per
      
      
        paesi tanto lontani. Lasciano i
      
      
        convegni sul tema a padri e nonni
      
      
        e scelgono il lavoro libero ben pa-
      
      
        gato. Lontano da casa.
      
      
        
          RUGGIERO CAPONE
        
      
      
        ono tre, sono relativamente
      
      
        giovani, sono “Turchi”. Lo
      
      
        staff di cui Pier Luigi Bersani ha
      
      
        voluto circondarsi per la battaglia
      
      
        che lo vedrà confrontarsi con
      
      
        Matteo Renzi non prevede i nomi
      
      
        altisonanti del gotha del partito.
      
      
        Saranno Alessandra Moretti, Ro-
      
      
        berto Speranza e Tommaso Giun-
      
      
        tella a coordinare la sfida per la
      
      
        premiership del segretario Demo-
      
      
        cratico. Tutti e tre fanno parte
      
      
        dell’ortodossia della corrente di
      
      
        Stefano Fassina, il discusso respon-
      
      
        sabile economico del Pd. Moretti
      
      
        ha trentanove anni, è avvocato da
      
      
        quattro ricopre il ruolo di vicesin-
      
      
        daco nella giunta di centrosinistra
      
      
        che amministra Vicenza, da tre è
      
      
        stata chiamata dal segretario
      
      
        nell’Assemblea nazionale del par-
      
      
        tito. Si occuperà della comunica-
      
      
        zione della campagna. Coordina-
      
      
        tore politico sarà Speranza.
      
      
        Coordinatore del partito in una
      
      
        Basilicata amministrata dal mar-
      
      
        gheritino Vito De Filippo, era in
      
      
        ballo per la segreteria dei Giovani
      
      
        democratici, ma gli fu preferito
      
      
        Fausto Raciti. Giuntella  ricoprirà
      
      
        un ruolo ibrido, quello di Coordi-
      
      
        natore dei rapporti con la società
      
      
        civile.  Figlio del corrispondente
      
      
        del Tg1 al Quirinale scomparso
      
      
        nel 2008, è consigliere in uno dei
      
      
        municipi di Roma. Sul suo profilo
      
      
        Facebook si definisce “liberale”,
      
      
        ma i bene informati lo definiscono
      
      
        
          S
        
      
      
        di scuola dossettiana.
      
      
        Una scelta di basso profilo,
      
      
        orientata su figure di secondo pia-
      
      
        no della corrente guidata dallo
      
      
        stesso Fassina, insieme a Matteo
      
      
        Orfini e Andrea Orlando. «È com-
      
      
        plicato ricostruirne il profilo po-
      
      
        litico, perché non hanno fatto nul-
      
      
        la», spiegano alcuni dirigenti del
      
      
        partito. Gli stessi che tuttavia am-
      
      
        mettono che uno dei meriti di Ber-
      
      
        sani sia stato quello di crescere nel
      
      
        tempo una pattuglia di legionari,
      
      
        che oggi costituiscono il nocciolo
      
      
        duro dei quadri che lavorano per
      
      
        la campagna del segretario. Sono
      
      
        loro a spingere perché il regola-
      
      
        mento delle primarie preveda un
      
      
        turno unico. Anche se non dovesse
      
      
        arrivare la legittimazione del 50%
      
      
        dell’elettorato, la paura che Renzi
      
      
        possa farcela in uno scontro uno-
      
      
        contro-uno è molta. Sarebbero i
      
      
        grandi vecchi del patto di sinda-
      
      
        cato che si sono stretti attorno
      
      
        all’ex ministro che non vedrebbero
      
      
        di buon occhio un candidato lea-
      
      
        der incoronato da una minoranza
      
      
        relativa del popolo della sinistra,
      
      
        spingendo così per il doppio turno.
      
      
        Bersani ha assicurato che la
      
      
        corsa per la leadeship, precisa, non
      
      
        lo distrarrà dal ruolo di segretario
      
      
        del partito. Ha ricordato che con
      
      
        le primarie s«i sceglie il candidato
      
      
        dei progressisti al governo del pae-
      
      
        se. E nessun’altra cosa».
      
      
        (
      
      
        p.s.)
      
      
        
          L’OPINIONE delle Libertà
        
      
      
        VENERDÌ 21 SETTEMBRE 2012
      
      
        
          4