II
POLITICA
II
No al nucleare? Ecco il“disastro-energia”italiano
di
GIUSEPPE MELE
n genere in Italia quando
un’azienda viene premiata per
qualcosa, l’anno seguente registra
un disastro su quel settore. Finsiel
prese l’Oscar per il bilancio dopo
di chè cominciò a spezzetarsi. Tele-
com venne premiata per il sistemi
anti frode, dopo di chè entrò nei gi-
roni infernali delle procure senza
più uscirne. E così a seguire per Fin-
meccanica. Ora sono stati premiate
per sviluppo sostenibile, cioè svilup-
po di energie rinnovabili,
big com-
panies
come Eni e Poste Italiane. Le
Poste avrebbero il merito di aver
comprato 700 biciclette elettriche
per i postini che distribuiscono la
posta. Parallelamente l’azienda pub-
blica ha elaborato un piano di eli-
minazione di 1.410 zone di recapito
e di 1.156 sportelli, motivata dal
fatto che si usa troppo la posta elet-
tronica e troppo poco la posta. Per
chi sarebbero allora i motocicli?
Probabilmente per 1800 trimestrali
in corso di selezione. Purtroppo l’Ad
Massimo Sarmi Il 12 ottobre, dopo
manifestazioni, blocco dello straor-
dinario, minacciato sciopero, ricorsi
giudiziari, interrogazioni parlamen-
tari, incontri con gli enti locali, as-
semblee e sensibilizzazioni ha do-
vuto rinunciare all’idea di licenziare
1.765
lavoratori. Ed ora dovrà con-
vincerli ad usare la bicicletta a mo-
tore. Non sono queste le cose che
interessano davvero Poste Italiane,
che sta sostenendo ben altre lotte
che quelle sostenibili o sindacali. Al
suo lunghissimo 25° congresso (22
giorni) di Doha, l’agenzia Onu-
Unione Postale, ha scelto il suffisso
web
.
post
,
proposto dagli italiani,
invece che il
.
mail
degli americani e
l’
epost
dei tedeschi. Ben protetto,
.
post
diverrà la piattaforma di tutta
la rete postale mondiale. O meglio
lo diverrà se supererà il confronto
con i gestori privati di posta elettro-
nica, a partire da Google che ha
chiesto all’Icann, l’ente di governo
dei domini Internet, l’uso di
.
mail
.
I
Una piattaforma
.
post
mondiale po-
trebbe tramite raccomandate, bol-
lettini e commerce digitali, recupe-
rare il ruolo della posta tradizionale
che rischia se non di morire, un ri-
dimensionamento tragico. La piat-
taforma potrebbe tracciare ogni ca-
nale fisico-digitale di comunicazioni,
servizi, pagamenti e trasporti mate-
riali, sempre che vi aderiscano tutti,
a cominciare da China Post. Senza
universalità, lo faranno privati come
Google. Sarmi finora ha introdotto
i rapporti tra l’agenzia ed Icaan e si
propone capofila per il network It,
che vede coinvolte telco come Deut-
sche Telekom che in Germania è re-
sponsabile del servizio postale, ma
che soprattutto riporterebbe il ser-
vizio postale universale, coniugato
modernamente, in ambito pubblico,
saltando le stranezze localistiche dell
diverse Pec. È stata premiata anche
Eni che da 6 anni è tra le più soste-
nibili al mondo, per petrolio, gas e
addiritttura per carbone. Ovviamen-
te per quanto si possa essere così
virtuosi in settori inquinanti per loro
natura. La furbizia delle ultime
grande imprese pubbliche itailiane
è quella di muoversi stile Cefis: ce-
dere internamente sul piano dell’im-
magine (non mancando i mezzi eco-
nomici) alle demagogie richieste
dalla politica, per poi concentrarsi
nel mondo sulle cose importanti. Le
demagogie si pagano però. Se la fa-
mosa bolletta energetica italiana è
così alta rispetto al resto del mondo,
e l’ Autorità per l’energia e il gas vie-
ne messa in croce, in quanto colpe-
vole di dirlo. non dipende da azien-
de tanto in gamba. E per una volta
nemmeno dai costi della partitica o
dalle municipalizzate parcellizzate.
Dipende dal fatto che l’energia rin-
novabile costa il 35% in più rispetto
agli altri paesi europei per oneri ag-
giuntivi e che poi il fotovoltaico per
sua natura costa 50 centesimi\kwat-
tora, 5 volte le altre tecnologie. Poi-
ché le rinnovabili sono arrivate a
coprire il 26% della domanda elet-
trica (84 miliardi kWh, +9%) con
un incredibile finanziamento con-
cesso fino a fine 2011, le conseguen-
ze sono chiare. Invece basta citare
non il famigerato prof Battaglia, be-
stia nera degli ambientalisti, ma il
governo medesimo: «Gli incentivi
per l’energia rinnovabile elettrica
sono stati oltre il doppio che in Eu-
ropa. Questo si è tradotto nel 25%
della bolletta totale per un costo di
oltre €150 miliardi, un aggravio di
€120 all’anno per famiglia». Non
solo, poiché i pannelli fotovoltaici
sono cinesi e le pale eoliche tede-
sche, si sostiene un import immoti-
vato, di società metà finanza e metà
buro-autorizzazioni. Anche i governi
Berlusconi hanno ceduto (si veda la
rinuncia di Romani ai principi del
Dgls 28\11) alla lobby fotovoltaica:
agli Stati generali della Green eco-
nomy di Legambiente, Kyoto Club,
Ises. Addirittura a
Repubblica
,
dove
la Cir è impegnata nelle sostenibili.
Il nuovo ministro gongola di aver
superato gli impegni Kioto e rilancia
per il 35% nel 2020. I consumi ter-
mici che con le rinnovabili sono solo
il 17%, pesano concretamente 10,5
Mtep (energia da combustione di 1
ton di petrolio), due più di quelli
analoghi elettrici. In Usa e Germania
parte delle rinnovabili sono già un
flop. Intanto in Francia, con le ta-
riffe più basse, si costruisce un nuo-
vo reattore nucleare a Flamanville,
in Polonia ne fanno due, anche in
Cechia, pure in Slovacchia, due a
Mochovce i russi ne fanno una a
Kalinin, in pieno Baltico. In Uk co-
struiscono 10 centrali, negli Usa,
con 104 centrali, l’ente di controllo
Nrc autorizza una nuova centrale
dopo 30 anni; in Finlandia continua
il reattore di Olkiluoto 3. L’India va
verso i 60 Gwe dal nucleare ed il
Sud Africa verso i 10. La Corea del
sud va da 21 a 40 nuovi reattori, gli
Emirati ne aprono 3. In L’incidente
di Fukushima ha messo in stand il
Venezuela, 26 nuove centrali cinesi
accanto alle 15 operative, la Svizzera
dove forse l’ultimo reattore sarà fer-
mato nel 2034. Le 416 centrali nu-
cleare sul mappamondo mancano
solo nelle are più depresse: l’Africa,
l’Asia arretrata, l’America Latina
(
non l’Argentina) e l’Italia la cui po-
litica energetica vive di superstizioni,
antichi odi per i missili Nato, nuove
ideologie messianiche che non arre-
trano nemmeno di fronte al furto
legalizzato ed agli svarioni statistici.
Per questo sarà bene venire a piazza
di Spagna oggi ottobre, non solo per
ricordare la nascita del fisico Enrico
Fermi, ma anche per ricevere infor-
mazioni sul rilancio del nucleare in
Italia. L’organizza il comitato “Ato-
mi per la pace - Si al Nucleare”, che
rilancia il dibattito sulle fonti di
energia. Per la pace è una conces-
sione al vasto fronte che vent’anni
fa era contrario al nucleare militare,
per scelta antioccidentale, peraltro
rimasto presente nel paese. Conces-
sione inutile; senza più riferimenti,
il noNuke i è allargato a chi prote-
sta per la finanza, il precariato, la
speculazione, la politica Usa, anche
se non c’entra nulla. Come dimostra
il caso Lazio, dove un’ampia mag-
gioranza, divisa e rissosa, soccom-
bette alla minoranza di sinistra ed
alla sua mozione contro, il YesNuke
è una bandiera per il centrodestra,
fuori dall’ipocrisia di non osare ave-
re idee proprie nel settore. Non fos-
se altro che per l’indignazione di
sprecare, per invenzioni, uggie e fo-
bie, l’8% del Pil, 10 volte tanto i co-
sti della politica, 4 volte tanto i ri-
sparmi fatti con la riforma delle
pensioni.
Quando un’azienda
viene premiata, l’anno
seguente registra
un disastro.
È accaduto con Finsiel,
poi conTelecom.
E così a seguire
per Finmeccanica ed Eni
K
Una centrale nucleare
In Italia la politica
energetica vive
di superstizioni, antichi
odi per i missili Nato,
nuove ideologie
che non arretrano
nemmeno di fronte
a svarioni statistici
segue dalla prima
Furbi e disperati
(...)
Ma questa considerazione non tiene con-
to che il crollo della Prima repubblica non
impedì alla maggioranza moderata del paese
di battere la gioiosa macchina da guerra post-
comunista. E che il crollo ridicolo della Se-
conda non ha ancora spinto la maggioranza
degli elettori del vecchio centro destra a cam-
biare la propria collocazione ed a riversarsi
a sinistra. I delusi e gli incazzati aspettano,
magari si buttano nell’astensione o nella pro-
testa del momento. Ma non passano sul fron-
te opposto a sostenere Bersani e le sue furbe
ed esperte vecchie glorie. Questa massa di
elettori attende, come è avvenuto nel passato,
l’Araba Fenice in grado di rinasce dalle ceneri
del contenitore politico andato in fumo. E
quando scoprirà il nuovo personaggio (o
contenitore) in grado di rappresentarla po-
liticamente non avrà alcuna esitazione a se-
guirlo. Come è sempre avvenuto nella storia
dello stato unitario. Ma la Santanché e le
“
veline” parlamentari possono essere l’Araba
Fenice dei moderati italiani? Ed il vecchio
gruppo dirigente del Pdl come può presen-
tarsi come il nuovo soggetto politico dei mo-
derati italiani se prima non si consuma del
tutto? Insomma, se a sinistra qualcuno pensa
ai ministeri, è bene che a destra qualcuno in-
cominci a pensare all’opposizione. Dopo i
tramonti, come dice Andreotti, si sono sem-
pre le albe. Anche se le nottate sono dure da
passare.
ARTURO DIACONALE
La resa ai pm
(...)
Il combinato disposto dell’incandidabilità
dei condannati e dei nuovi fumosi reati in-
trodotti da questa legge potrebbe dar vita ad
una sorta di selezione a monte dei candidati
molto simile a quella operata in Iran dal
Consiglio dei guardiani della rivoluzione. Se
solo riuscissimo ad attenuare la furia cieca
dell’indignazione, ci accorgerremmo di quan-
to, lungi dal rappresentare una valida solu-
zione al virus della malapolitica, certe norme
non faranno altro che rendere i rapporti tra
politica e giustizia ancor più squilibrati di
quanto non lo siano già oggi. Con una legge
elettorale semplice e trasparente, capace di
porre al centro della competizione il candi-
dato, la sua faccia, piuttosto che il partito, le
liste o le clientele, non ci sarebbe bisogno
dell’incandidabilità, probabilmente i cittadini
sarebbero nelle condizioni di esercitare loro
stessi un controllo ferreo sugli eletti. È pos-
sibile che non riusciamo a vedere che la cor-
ruzione, in dosi così massicce, viene attirata
dall’enorme mole di spesa pubblica, come
l’orso dal miele? Così come configurato, an-
che il cosiddetto “traffico di influenze” rischia
di ampliare a dismisura la discrezionalità del-
la magistratura. In un paese di lobbying for-
sennata ma non regolamentata come il no-
stro, delle mille corporazioni, rappresentanze,
interessi, relazioni a vario titolo, metà della
popolazione potrebbe rientrare nella fatti-
specie di reato. Un sindacalista pagato dagli
iscritti per influenzare i decisori pubblici, o
il rappresentante di un’azienda alla ricerca
di commesse o incentivi, o i magistrati che
riescano a convincere il Parlamento a non
porre un limite di tempo agli incarichi dei
loro colleghi fuori ruolo, non rischiano forse
di commettere un “traffico di influenze ille-
cite”? Essendo lo scopo della norma quello
di recepire la convenzione del Consiglio d’Eu-
ropa contro la corruzione, perché ci si ac-
contenta di una definizione generica, ambi-
gua, e non si adottano i termini più stringenti
usati nella convenzione stessa, o non si indi-
cano con precisione le circostanze come nel
“
Bribery Act” britannico? Purtroppo, come
sempre accade in Italia, l’indeterminatezza
delle leggi non farà che aumentare la discre-
zionalità, creando sacche di impunità a fronte
di un pugno di perseguitati.
FEDERICO PUNZI
K
Enrico FERMI
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SABATO 20 OTTOBRE 2012
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