II
ESTERI
II
Anche i nazionalisti cinesi
picchiano l’ambasciatore Usa
di
ELISA BORGHI*
ultima vittima dell’esplosione
di violenza anti-nipponica
(
che da settimane interessa la Ci-
na) non è giapponese. È un ame-
ricano e piuttosto influente: Gary
Locke, ambasciatore Usa a Pechi-
no. Martedì (ma la notizia è stata
data solo ieri), mentre Locke stava
per entrare in Ambasciata a bordo
della propria auto, è stato circon-
dato da una cinquantina di mani-
festanti che hanno spaccato i fine-
strini e danneggiato lievemente la
vettura prima di venire allontanati
dalle guardie cinesi che sono riu-
scite ad aprire un varco tra la fol-
la, permettendo a Locke di rag-
giungere il cortile della propria
sede diplomatica.
Pare che sull’auto, al momento
dell’aggressione, viaggiasse anche
il segretario alla Difesa Leon Pa-
netta, che poche ore dopo aveva
in programma un incontro con il
vicepresidente cinese Xi Jinping.
Il Dipartimento di Stato ame-
ricano ha espresso la propria pre-
occupazione per l’accaduto al Mi-
nistero degli Esteri cinese.
L’ambasciata statunitense a Pe-
chino è situata a poche centinaia
di metri dalla sede diplomatica del
Giappone, da giorni al centro delle
manifestazioni in segno di protesta
per l’annuncio, avvenuto il 10 set-
tembre scorso da parte del gover-
L’
no di Tokyo, di avere acquistato
tre delle cinque isole contese con
la Cina.
L’arcipelago delle Senkaku, o
Diaoyu, secondo il nome cinese, è
al centro di una disputa territoria-
le tra i due Paesi che dura da de-
cenni. E che si inserisce nella più
ampia contesa per la sovranità del-
le acque del Mar Cinese Meridio-
nale che si combatte ormai anche
nelle strade della capitale cinese.
La via di Pechino dove sorgono
entrambe le ambasciate (nel noto
quartiere Sanlitun), dall’inizio del-
la settimana è interamente tran-
sennata e chiusa al traffico. In mi-
gliaia, soprattutto giovani di età
compresa tra i venti e i trenta an-
ni, hanno sfogato la propria rab-
bia nei pressi dell’ambasciata nip-
ponica lanciando bottiglie, lattine
e frutta. E questo nonostante il
presidio di un massiccio numero
di forze dell’ordine. Queste prote-
ste, che hanno segnato il punto più
alto della rabbia anti-giapponese
in Cina, hanno coinvolto 72 città
oltre Pechino. Obbligando molti
esercizi commerciali, ristoranti e
fabbriche giapponesi presenti nel
Paese - tra cui Sony, Panasonic,
Canon - a chiudere per proteggere
i propri dipendenti. L’aggressione
ai danni dell’ambasciatore Locke,
sebbene inseribile in questo qua-
dro più ampio, presenta comun-
que degli aspetti che dovranno es-
sere chiariti. Locke, in Cina, è una
vera e propria star. Da quando si
è trasferito a Pechino gode, insie-
me alla sua famiglia, di una enor-
me popolarità mediatica, dovuta
sia al fatto di essere il primo am-
basciatore americano di origini ci-
nesi, sia al proprio comportamen-
to per nulla pretenzioso. Le foto
di Locke mentre cerca di pagare
un caffé Starbucks con un coupon,
o mentre è in coda per imbarcarsi
su un volo low cost con i suoi figli,
hanno fatto il giro del Paese. Dif-
ficile quindi che i manifestanti non
lo abbiano riconosciuto, anche
perché sulla sua auto era ben evi-
dente la bandiera a stelle e strisce.
Ci si interroga quindi su cosa in-
tendessero veramente fare i mani-
festanti.
*
Siria e Iran parlano di “pace” e fanno la guerra
K
Alì Akbar Salehi, ministro degli Esteri iraniano, è a Damasco
per l’iniziativa di pace, sponsorizzata dall’Egitto. Proprio pochi giorni
dopo che Teheran ha ammesso il suo ruolo nella guerra siriana
Sabra e Shatila narrate da chi vide il vero carnefice
n questi giorni i media mainstre-
am stanno sprecando fiumi di
inchiostro per ricordare la vulgata
della strage di Sabra e Shatila, a
venti anni dai tragici fatti. Per tut-
ti, la colpa è di Sharon che addi-
rittura avrebbe fatto saltare in
aria, mediante il Mossad, l’esecu-
tore materiale, Elie Hobeika, nel
2002.
Hobeika, infatti, avrebbe
dovuto deporre contro di lui nel
processo intentatogli in Belgio per
crimini contro l’umanità. Ma le
cose stanno veramente così? O
questa è la realtà percepita degli
anti-sionisti?
Era stata sarcastica la reazione
degli israeliani ai primi di febbraio
del 2003 alla notizia che Corte di
Cassazione belga aveva annullato
la sentenza che stabiliva l’irricevi-
bilità della denuncia per crimini
contro l’umanità (depositata con-
tro il premier israeliano Ariel Sha-
ron): “pensate ai pedofili di casa
vostra”, “tra cui quelle teste coro-
nate che hanno fatto da anni pres-
sioni sulla pubblica accusa perchè
non si celebrasse il processo al
mostro di Marcinelle, Dutroux”.
“
Che se parlasse...”.
A dare avvio alla procedura
erano stati alcuni libanesi residenti
in Belgio, che avevano accusato il
premier israeliano di essere re-
sponsabile oggettivo dei massacri
perpetrati nei campi profughi di
Sabra e Shatila, nella notte tra il
16
e il 17 settembre 1982, in Li-
bano.
Il tribunale belga di primo gra-
do aveva dichiarato irricevibile il
I
ricorso, affermando che fosse pos-
sibile dare seguito alle denunce so-
lo se gli accusati si fossero trovati
in territorio belga.
Pochi, però, conoscono quella
verità, certo non politically cor-
rect, raccontata da Robert Fatem,
cioè il gorilla di Elie Hobeika, il
capo militare falangista che mate-
rialmente diede il via alla strage.
Elie Hobeika non può più par-
lare perchè nel 2002 gli hanno
chiuso la bocca per sempre, usan-
do il metodo che lui stesso aveva
brevettato in Libano.
Infatti è stato dilaniato da una
carica di esplosivo (che ha provo-
cato anche altri tre morti e quattro
feriti) nella notte di martedì 27
gennaio 2002 a Beirut nella pro-
pria abitazione, iperprotetta dai
servizi segreti siriani, nel quartiere
Hazmiyeh.
Hobeika stranamente non era
stato citato neppure come testi-
mone nel primo processo dei belgi.
Però, poco prima di morire, aveva
minacciato rivelazioni. Che non
potevano che essere quelle che
coinvolgevano la Siria nella strage,
visto che un’eventuale accusa a
Sharon tutto poteva essere tranne
che circostanza inedita.
Ma se Hobeika non può par-
lare, Robert Fatem, alias “Cobra”,
la propria versione dei fatti l’ha
addirittura raccontata in un libro
che chiunque può leggere su In-
ternet. Nei capitoli 7 e 8 di “From
Israel to Damascus” (il sito è omo-
nimo), pubblicati in rete su licenza
dell’editore “Pride international
publications” di La Mesa in Cali-
fornia, c’è infatti la chiave per ca-
pire l’arcano delle stragi nel cam-
po profughi: far ricadere la colpa
su Sharon e costringere il governo
Begin alle dimissioni. Cosa che
puntualmente accadde.
Questo libro fu bandito in Li-
bano e lo stesso Hobeika, quando
era vivo, è riuscito a non farlo
pubblicare nemmeno in Francia,
pagandosi i migliori avvocati con
i soldi del governo di Beirut, te-
lecomandato dal sanguinario dit-
tatore di Damasco, Assad.
Nessuno lo sa, o magari fa fin-
ta, ma Hobeika, in Libano, è stato
fino a due anni prima di morire
un ministro molto stimato: prima
a capo del dicastero dell’elettricità,
poi di quello per la sistemazione
dei profughi (visti i precedenti...),
infine responsabile dell’aiuto ai di-
sabili.
Secondo il suo ex braccio de-
stro che adesso vive rifugiato chis-
sà dove, gli eventi quel maledetto
16
settembre 1982, all’indomani
dell’attentato che aveva fatto secco
il presidente Bashir Gemayel, “uno
che doveva durare 6 anni e che in-
vece restò in carica 20 giorni”, sa-
rebbero andati così: “erano stati
gli uomini di Maroun Mashaalani,
sconvolti dal loro uso regolare e
non modico di eroina e cocaina,
quella mattina a perpetrare uno
dei peggiori macelli che la storia
ricordi, nel campo al confine del-
l’ospedale all’entrata di Sabra.”
L’ordine sarebbe partito per
iniziativa di Hobeika, che faceva
il doppio gioco tra Israele e la Si-
ria. Hobeika aveva convinto Sha-
ron che in quei campi profughi ci
fossero “almeno 2000 terroristi
dell’Olp”.
Sharon aveva dato ordine di
evacuare i civili e di arrestare i ter-
roristi, se del caso, ricorrendo an-
che alla forza.
Lui invece trasmise al suo sica-
rio e alla banda di miliziani dro-
gati che quest’ultimo comandava
un altro comando: «Cancellare
tutti dalla faccia della terra».
Sharon, avuta notizia della
strage, alle 6 del mattino «con-
vocò immediatamente me e Ho-
beika al quartiere generale».
«
Lo raggiungemmo - dice oggi
Hatem - sul terrazzo di quell’alto
edificio prospiciente l’ambasciata
del Kuwait... gli ufficiali israeliani
intorno a Sharon erano furiosi con
Hobeika, attribuendogli l’iniziati-
va della strage. Lui rispose che tut-
to era successo per via dell’oscu-
rità. Sharon urlò: “Nessuno ti
aveva detto di fare questa carne-
ficina, se avessi voluto potevo pro-
cedere da solo con i miei carri ar-
mati...” qualche minuto dopo,
Hobeika ebbe un messaggio sul
proprio walkie talkie da uno che
disse di essere Paul. Gli chiedeva
istruzioni: “ci sono donne e bam-
bini che devo fare?” E Hobeika ri-
spose, senza sapere che potevo
sentirlo, “è un problema tuo, non
mi chiamare più”. Vista la mala
parata e le insignificanti scuse di
Hobeika, Sharon ordinò agli
israeliani di aprire il fuoco, da
quel momento, su chiunque si fos-
se avvicinato a quei campi profu-
ghi, ma ormai era troppo tardi».
Così finisce il racconto di “Co-
bra”, il guardaspalle di Hobeika.
«
Non posso provarlo - dice og-
gi “Cobra” - ma per me il piano
diabolico era stato concepito dai
siriani per fare cadere il governo
di Begin in cui Sharon era mini-
stro della difesa». Cosa che pun-
tualmente accadde.
E dopo quella trappola il go-
verno israeliano fu costretto a la-
sciare il Sud del Libano, vista la
campagna stampa che i soliti pa-
cifisti scatenarono in maniera uni-
direzionale. Risultato? La frontiera
del terrorismo palestinese si spostò
svariate miglia in avanti dal Sud
del Libano agli attuali Territori.
DIMITRI BUFFA
Nel bel mezzo
delle manifestazioni
anti-Tokyo, Gary Locke
è stato assalito nella sua
auto diplomatica
di fronte all’Ambasciata
di Pechino. Eppure
in Cina era molto amato
Il massacro di 20 anni fa
continua ad essere
imputato adAriel
Sharon e ad Israele
Hobeika, esecutore
materiale, è morto.Ma
la sua guardia del corpo
ha scritto le sue memorie
L’OPINIONE delle Libertà
GIOVEDÌ 20 SETTEMBRE 2012
5