II
ESTERI
II
di
MICHELE DI LOLLO
l ritmo è quello della samba, i co-
lori, quelli del carnevale. Rio De
Janeiro è pronta, o meglio, così di-
cono i suoi organizzatori. I cerchi
olimpici approdano nel nuovo mon-
do, spianando la strada ai primi
Giochi sudamericani della storia. I
segni del tempo che passa si osser-
vano anche nello sport e quei paesi
che fino ad oggi resistevano ai mar-
gini delle competizioni, in un futuro
prossimo si ritroveranno nel mezzo,
contendendosi i record del futuro.
Questo vale per le gare come per la
politica. È per questo che Rio 2016
significa cambiamento. La prossima
edizione dei Giochi darà voce, così
come è stato per Pechino, a un paese
in grande espansione. Le Olimpiadi
brasiliane si presentano al mondo
come il riscatto dei paesi in via di
sviluppo. Il movimento olimpico è
cresciuto con l’istinto di includere
quanti avessero voluto o potuto
prendervi parte, arrivando a toccare
ogni angolo del pianeta. Se alla pri-
ma edizione del 1896 il barone de
Coubertain avesse chiaro in mente
cosa potesse realmente diventare il
suo sogno è impossibile da sapere,
ma è certo che la conquista della ter-
ra carioca sarà testimone della nuo-
va grande alba di quegli stati, deno-
minati Brics, che con Brasilia si
aprono al benessere. La trentunesi-
ma Olimpiade apparterrà a loro. Gli
ostacoli non sono pochi. Il 2016 è
ancora lontano, ma i preparativi, le
costruzioni e le infrastrutture che
animeranno la manifestazione si in-
travedono appena dal traguardo. Il
Comitato Olimpico Internazionale,
chiusa la pratica londinese, seguono
con attenzione il percorso e si mo-
stra preoccupato per l’andamento
delle opere. Il primo segnale d’allar-
me riguarda i cantieri, la lievitazioni
dei costi da impiegare nella manife-
stazione. Carlos Villanova, direttore
della comunicazione di Rio2016,
parla di budget e di spese che sareb-
bero lievitate di cinque volte rispetto
I
a quanto pianificato: «Cerchiamo
di far fronte alla nostra attuale si-
tuazione. Avevamo un bilancio suf-
ficiente ma quando lo abbiamo re-
datto, non includeva due nuovi
sport che saranno invece presenti al-
la prossima edizione, il rugby e il
golf». L’ammontare complessivo alla
fine non dovrà superare gli 11 mi-
liardi di euro, quanto cioè pianifi-
cato inizialmente. Il complesso spor-
tivo di Deodoro è ancora fermo,
mentre sul Parco olimpico, comin-
ciato appena il mese scorso, è stato
aperto un fascicolo della procura
per irregolarità di progettazione. In-
sieme, le due strutture ospiteranno
ben 22 discipline. Ai costi dei Giochi
olimpici vanno aggiunti quelli che
riguardano i Mondiali di calcio, che
si svolgeranno nel paese nel 2014.
Sono circa 14 miliardi di dollari e
saranno impiegati nella ristruttura-
zione degli impianti di calcio, strade,
ferrovie, aeroporti. Si prevede che
in totale il governo brasiliano sbor-
serà 66 miliardi in infrastrutture. Il
piano prevede di destinare a com-
pagnie private concessioni per 2300
chilometri di strade da costruire o
ammodernare. Il ministro dei Tra-
sporti, Paulo Sergio Passos, prevede
investimenti per 21 miliardi di dol-
lari. Per la ferrovia, le concessioni
saranno date sulla base di partner-
ship pubblico-privato per evitare
monopoli e raggiungeranno 45 mi-
liardi di dollari. I 10mila nuovi chi-
lometri di rotaie andranno ad ag-
giungersi agli attuali 30mila. Per le
Olimpiadi, tuttavia, il principale sta-
dio di atletica, l’Estadio Olimpico
Joao Havelange, è già pronto: com-
pletato nel 2007. Non bisogna di-
menticare poi il glorioso stadio Ma-
racanà, quasi ultimato per ospitare
la Coppa del Mondo e la Confede-
rations Cup del prossimo anno. Il
lavoro su altri impianti olimpici do-
vrebbe iniziare il prossimo anno.
«Siamo completamente fiduciosi che
saremo pronti in tempo per entram-
bi gli eventi» ha detto Fernandes. Le
autorità politiche brasiliane rifiutano
di ammettere i ritardi. Il responsabile
dell’organizzazione, Aldo Rebelo,
dubita che la preparazione inglese
abbia avuto ritmi migliori dei loro.
Insieme ai suoi collaboratori è stato
a Londra nelle ultime due settimane
per osservare da vicino il lavoro dei
suoi colleghi londinesi. Il vicemini-
stro per lo Sport, Luis Fernandes ha
dichiarato nei giorni scorsi di essere
rimasto molto impressionato, ma di
aver notato alcuni errori che non
dovranno essere ripetuti nel 2016.
«Prima di tutto, il Regno Unito ha
svolto un lavoro assolutamente fan-
tastico in un quadro molto comples-
so», afferma ai microfoni dell’am-
basciata brasiliana nel centro di
Londra. «Allo stesso tempo hanno
dovuto fare i conti con diversi pro-
blemi, ed è molto importante che
impariamo da loro». Fernandes si
riferisce soprattutto alla questione
sicurezza. Si ricordi che a poche set-
timane dalla cerimonia d’apertura,
si scoprì che la società di sicurezza
privata G4S non aveva reclutato
personale sufficiente a coprire la ma-
nifestazione. Ciò ha costretto il go-
verno britannico a coinvolgere le
forze armate. La situazione a Rio in
questo ambito è molto diversa per
almeno due ragioni. La città è abi-
tuata a ospitare ogni anno per il car-
nevale almeno due milioni di perso-
ne, dunque esiste un piano ben
rodato per gestire eventi di massa.
Il secondo motivo riguarda in gene-
rale la composizione e la prepara-
zione delle forze di polizia urbana
a interfacciarsi con problemi di or-
dine pubblico. Londra e l’austerità
europea passano il testimone ai co-
riandoli di Rio De Janeiro. Il doma-
ni fa tappa in Brasile.
Il 2016 è ancora lontano,
ma i preparativi,
le costruzioni
e le infrastrutture
si intravedono appena.
E il Comitato olimpico
si è detto preoccupato
dallo stato dei lavori
Ai costi dei Giochi
olimpici vanno aggiunti
quelli che riguardano
i Mondiali di calcio,
che si svolgeranno
nel 2014: miliardi
di dollari per impianti,
strade, ferrovie, aeroporti
segue dalla prima
Fronte liberale
(...) Un fronte fortemente orientato su una
linea liberale e, dunque, basata sul senso della
responsabilità individuale, unico vero motore
per uscire con le nostre forze dalla crisi in at-
to. Ma per far questo occorrono due precisi
elementi: chiarezza di idee e credibilità. Due
ingredienti che, ahinoi, in questi duri fran-
genti sembrano quasi introvabili. Vedremo,
la speranza è l’ultima a morire.
CLAUDIO ROMITI
Uk vs Assange
(...) i canali dell’informazione cosiddetta “uf-
ficiale”, se non informazioni di così infimo
rilievo che non rendono certo un mistero il
motivo per cui i canali ufficiali le avevano
ignorate. E, come se non bastasse, non ha
avuto il benché minimo riguardo per le sue
fonti riservate, non esitando a scaricarle senza
troppo complimenti non appena le cose han-
no cominciato a mettersi male, come nel caso
del soldato americano Bradley Manning, una
delle poche fonti “succose” di Assange, finito
davanti alla corte marziale dopo aver rivelato
esposto al mondo intero, nemici compresi,
le vite di migliaia di suoi commilitoni.
Ma per riuscire a fare di un ciarlatano un
eroe, e di qui un martire, serviva solo l’ottu-
sità dei suoi nemici. E di questa, ahinoi, ce
n’è stata a bizzeffe. A cominciare dai mezzi
di informazione e dal loro peccato d’orgoglio:
con la vista annebbiata dall’improvvisa no-
torietà di Assange, i giornalisti hanno com-
pletamente dimenticato il lavoro di tanti ono-
rabilissimi colleghi che hanno trascorso la
propria esistenza andando sul serio a caccia
di notizie e sono corsi dietro al Pifferaio di
Townsville dando eco a qualunque sua ester-
nazione. Dopo di loro sono venuti i governi,
troppo indispettiti e impanicati dal fatto che
qualcuno fosse andato a rovistare nella loro
spazzatura per prendersi la briga di verificare
che cosa quel qualcuno avesse effettivamente
pescato.
E, si sa, quando si va nel panico, complice
forse anche una notevole coda di paglia, si
commettono errori madornali. Come quello
di perseguitare un soggetto come Assange
non per le sue colpe, ovvero quelle di aver
messo a repentaglio la sicurezza nazionale,
il diritto alla difesa e gli interessi economici
di più d’un paese, ma per qualche assurdo
cavillo montato ad arte in malo modo, come
l’improbabile accusa di stupro in Svezia, una
teoria che fa acqua più di un colabrodo. Un
parallelismo, anche se un po’ stiracchiato, si
potrebbe fare con il caso delle Pussy Riot in
Russia: nessuno, salvo forse qualche sedicente
intellettuale in cerca di visibilità, si sarebbe
mai schierato con una manica di sciacquette
pseudofemministe che fanno irruzione in una
chiesa per abbaiare qualche “vaffa” a tempo
di musica. Ma se le stesse sciampiste di cui
sopra vengono sbattute in galera alla stregua
dei terroristi ceceni, allora diventa facile sca-
tenare l’indignazione nazionalpopolare. Ades-
so che la frittata è fatta, non resta che incro-
ciare le dita sperando che i danni siano i più
limitati possibili. Alla Gran Bretagna, invece,
non resta nemmeno questa speranza, ma solo
la più clamorosa figura barbina della storia
contemporanea.
Comunque vada a finire, il Regno Unito pas-
serà per lo zimbello delle diplomazie mon-
diali. Facendo irruzione nella sede diplomatica
di Quito a Londra per prelevare Assange, in-
fatti, gli inglesi si abbasseranno agli occhi del
mondo alla stregua di uno stato canaglia.
Non facendolo, e limitandosi ad abbaiare da-
vanti al portone di quell’appartamento 3B in
Hans Crescent 3, verranno ricordati come gli
scalcagnati eredi dell’impero vittoriano, che
ieri dominavano il mondo e oggi non riesco-
no a farsi consegnare un ladro di polli da una
nazione sudamericana con un sesto della loro
popolazione, ed un ventesimo del loro Pil.
LUCA PAUTASSO
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Il simbolo delle Olimpiadi di Rio 2016 alla cerimonia di chiusura a Londra
Le ombre e gli ostacoli sui cinque cerchi brasiliani
L’OPINIONE delle Libertà
DOMENICA 19 AGOSTO 2012
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