e li ricordate? Sì, li ricordate
di sicuro i cantori della patria,
del tricolore alle finestre di casa e
della dignità italiana. Sono tornati
e si affogano di rassegne stampa
internazionali e rilanciano i com-
menti che giungono in coro da
Berlino, Bruxelles e Berlino: il ri-
torno di Silvio Berlusconi sarebbe
un danno per l’Italia, roba inguar-
dabile, come i tedeschi in vacanza
sui nostri litorali dal calzino bianco
abbinato al sandalo. Stanno ridi-
segnando la democrazia a loro pia-
cimento, tradendo un notevole ner-
vosismo all’indomani della mossa
del Cavaliere che ha scombussola-
to i piani di Pierluigi Bersani, di
Pierferdinando Casini e di Mario
Monti, chiamandolo allo scoperto.
Ecco, sono sempre loro, gli stes-
si che hanno così a cuore la loro
nazione da delegarne le scelte po-
litiche a Primi ministri e Capi di
stato stranieri, aggiornando al
2012
l’antica espressione per cui
l’Italia non sarebbe altro che
un’espressione geografica. Hanno
compiuto la loro scelta sulla scia
dell’esplosione dello spread -
l’esplosione non si è verificata, i
grafici che ne seguono l’andamento
minuto dopo minuto sono scom-
parsi dai siti dei maggiori quoti-
diani oppure ridotti ad una finestra
che non si riesce a trovare nelle ho-
me page.
Hanno paventato il rischio
Grecia, mentre la penisola è un
fantasma in recessione e i cui conti
sono talmente in ordine che il de-
bito pubblico ha sforato quota
duemila miliardi. Richiamano a
coorte le coscienze degli elettori
per sigillarle in busta chiusa e ri-
servarne una copia ad Angela Mer-
kel, François Hollande e uno a
scelta tra i nominati ai vertici della
piramide europea. Si sono dimen-
ticati di una frivola regola demo-
V
cratica. Potevano semplicemente
suggerire di stare calmi, basta non
votarlo. No, sono corsi dalla mam-
ma come un “bocia” che interpreta
la figura del cocco, strofinandosi
il naso nel tricolore. Gli daranno
una lavata prima di esporlo nuo-
vamente o per lo meno ce lo au-
guriamo.
DARIO MAZZOCCHI
di
VALTER VECELLIO
e accade per calcolo delibe-
rato, sarebbe gravissimo; se
accade per una ormai congenita,
connaturata incapacità profes-
sionale, sarebbe più grave anco-
ra.
Fatto è che anche ieri i noti-
ziari e le cronache sono piene di
“
protesta”, per definire l’inizia-
tiva politica di Marco Pannella,
che semmai è una denuncia, la
denuncia della flagranza “tecni-
ca” di reato e di violazione della
legge in cui non da ora si trova
lo stato italiano.
Non solo: per illustrare i ser-
vizi e i notiziari sistematicamen-
te, si scelgono fotografie e imma-
gini di un Pannella nel pieno
delle sue forze, gonfio e perfino
obeso.
E queste fotografie, queste im-
magini sono accompagnate da te-
sti che dicono essere Marco al se-
sto giorno di sciopero della fame
e della sete; condizioni di salute
–
dicono i bollettini medici – gra-
vissime, pericolose, questione più
di ore che di giorni.
E quelle fotografie, quelle im-
magini che contraddicono cla-
morosamente quello che si legge,
quello che si ascolta. E ti assale
una sorta di rabbia cupa, sorda...
“
Marco, c’at vègna un can-
cher, smetti!”, avresti voglia di
ululargli. “Con quale diritto fai
quello che fai, e ci imponi questo
tormento, questa sofferenza?”, e
davvero avresti voglia di ficcargli
a forza un imbuto in bocca e poi
giù, litri d’acqua, che ne anne-
ghi...
Ma no, ha ragione lui, pur-
troppo. Ha ragione lui a ricor-
darci, a quel prezzo, in quel mo-
do, pregiudicando la sua salute
e la vita stessa, la situazione che
S
si è determinata, l’illegalità dif-
fusa e profonda in cui affonda
questo paese; e l’inerzia, l’indif-
ferenza, di quanti possono, e se
possono devono; e pur dovendo,
non muovono un dito, non dico-
no una parola...
Pannella ci ricorda un il testo
di un appello del 1976 aperto da
Pietro Nenni e sottoscritto tra gli
altri da Giuseppe Saragat, Fer-
ruccio Parri, Alberto Moravia,
Elena Croce, Arrigo Benedetti,
Guido Calogero, Aldo Visalber-
ghi, Loris Fortuna, Giacomo
Mancini, Riccardo Lombardi,
Franco Fortini, Lucio Colletti,
Antonio Baslini, Alessandro Ga-
lante Garrone, Ignazio Silone,
moltissimi altri, politici, scrittori,
registi, pittori, giornalisti...
Erano tanti, e tanti sono mor-
ti. È sempre arbitrario dire cosa
avrebbe fatto “oggi” qualcuno
che non c’è più, ma non si hanno
dubbi: oggi Nenni, Croce, Bene-
detti, Calogero, Fortuna e tutti
quanti oggi sarebbero mobilitati,
come lo furono allora, non tanto
o solo per Pannella, quanto e so-
prattutto, per la causa che Marco
agita e – letteralmente – incarna.
Ci sono i vivi, quelli che pos-
sono, che devono; che sanno:
Giuliano Amato e Giorgio Galli,
Francesco Alberoni e Franco Fer-
rarotti, Carlo Ripa di Meana e
Giorgio Albertazzi, Bernardo
Bertolucci e Dario Fo, Franca
Rame e Adele Cambia, Maurizio
Costanzo e Francesco Rosi, Um-
berto Eco e Stefano Rodotà,
A cosa servono i loro appelli,
i loro articoli su dotte riviste, le
loro conferenze, se poi, quando
giorno dopo giorno si consuma
il massacro dei diritti costituzio-
nali, non levano la loro voce, tac-
ciono... In queste ore si ha ragio-
ne di credere che al sito del
Quirinale siano giunte molte let-
tere di persone preoccupate, in-
quiete, che chiedono al presiden-
te della Repubblica, Giorgio
Napolitano, un gesto, una parola
in coerenza con quello che prima
e dopo la sua elezione ha ritenu-
to di fare e di dire; questi gesti,
queste parole, cosa aspettano per
essere dette, fatti?
E gli altri? Renato Schifani e
Gianfranco Fini, Mario Monti,
Silvio Berlusconi, Pier Luigi Ber-
sani, Pier Ferdinando Casini, An-
tonio Di Pietro, Beppe Grillo,
Francesco Storace, Nichi Vendola
(
li si cita in ordine alfabetico); e
tutti gli altri? Sono 630 i depu-
tati, sono trecento e passa i se-
natori. Di tutti loro, nessuno...?
E i sindaci? Cosa aspettano
Luigi De Magistris, Marco Do-
ria, Piero Fassino, Virginio Mer-
la, Giuliano Pisapia, Massimo
Zedda? Cosa attende Fausto Ber-
tinotti? Attendono per caso la te-
lefonata del redattore di
Radio
Radicale
per dire quello che va
detto? Non ce la fanno, non ci
riescono a dirlo da soli?
Non trovano un momento del
loro preziosissimo tempo per ac-
correre nella clinica di “Nostra
Signora della Mercede” per dire
a Marco non tanto, non solo, di
bere una goccia d’acqua, quanto,
piuttosto, che quella battaglia per
la legge, il diritto, la legalità è la
loro battaglia?
Alla Commissione parlamen-
tare di Vigilanza, nessuno ha di
che obiettare, dire qualcosa? E
sui giornali, Ferruccio De Bortoli
ed Ezio Mauro, Virman Cusenza
e Vittorio Feltri, Alessandro Sal-
lusti e Mario Calabresi, Giuliano
Ferrara, Maurizio Belpietro, e i
commentatori, editorialisti, ru-
bricisti... tutti loro: nulla da dire,
da scrivere?
II
POLITICA
II
I cantori della patria,
del tricolore alle finestre
di casa e della dignità
italiana sono tornati
e si affogano di rassegne
stampa internazionali
e rilanciano i commenti
di Berlino e Bruxelles
segue dalla prima
L’unità del Pdl
(...)
E chi lo volesse fare da sinistra per co-
struire insieme con i cespugli centristi una
lista d’ispirazione montiana, perderebbe ogni
peso politico reale diventando una semplice
sussistenza o appendice marginale non tanto
di Monti quanto di Casini, Fini e Monteze-
molo. Per i dirigenti del Pdl, quindi, la con-
servazione dell’unità del partito diventa
l’unica strada percorribile per continuare
ad avere un qualche ruolo (oltre che mag-
giori possibilità di rielezione). Certo, la difesa
dell’unità non può comportare la ripropo-
sizione della vecchia obbedienza pronta, cie-
ca ed assoluta ai voleri del fondatore. Poiché
anche per Berlusconi l’unità del Pdl rappre-
senta la condizione indispensabile per la pro-
pria sopravvivenza politica, le diverse com-
ponenti del partito di maggioranza del
centrodestra debbono far valere le proprie
ragioni e le proprie esigenze. In particolare
all’atto della formazione delle liste. Il ché
non è la scoperta dell’acqua calda, ma il ve-
ro segnale di novità che viene dal Pdl. Un
segnale che supplisce alle mancate primarie
copiate al Pd e che fornisce una prova di vi-
talità interna fino ad ora considerata impos-
sibile ed impensabile.
ARTURO DIACONALE
Convergenze
(...)
montiani della prima ora?), quindi por-
tatrice esclusiva dell’“agenda Monti”, ma
pronta ad allearsi con il Pd di Bersani dopo
le elezioni. In ogni caso, insomma, un’ope-
razione centrista che culminerebbe, dopo il
voto, in una manovra di palazzo per tornare
a Palazzo Chigi senza mandato politico, solo
a seguito di un pareggio elettorale e/o di mo-
vimenti scissionisti da Pd e Pdl. Ma il pre-
sidente Napolitano ieri ha avvertito il pro-
fessore: “Toccherà a me dare l’incarico e mi
baserò sull’esito del voto”. Il rischio, infatti,
è che le liste “montiane” non arrivino al
10%,
ma se andasse male resterebbe un “ca-
pitale” di terzietà sufficiente per puntare al
Colle. Per Monti, quindi, si aprirebbe un
ruolo alla Ciampi, da “legittimatore” del
centro-sinistra. Oltre alla mancanza di ri-
spetto per gli elettori, sul piano politico vor-
rebbe dire sciupare l’occasione di una “nor-
malizzazione” in senso europeo – sull’asse
Ppe vs Pse – del nostro sistema politico. Sa-
rebbe invece un ritorno alla peggiore Prima
Repubblica, con un “centrino” in piena sud-
ditanza e subalternità culturale alla sinistra.
Non è questa la storia né il presente dei po-
polari e dei centrodestra europei.
Né può valere l’alibi Berlusconi. Oggi il Cav
conta appena il 15% sul 50% di italiani che
esprimono preferenze nei sondaggi, e i cen-
tristi ancora meno. Dunque, non rappresen-
tano ostacoli insormontabili per chi volesse
davvero dar vita ad una nuova offerta di
centrodestra. Se Monti non si fida del vec-
chio e compromesso ceto politico, c’è una
prateria per scavalcarlo del tutto. Certo, bi-
sogna metterci il coraggio, scommettere sulla
propria capacità di raccogliere consensi, ma
questa è la democrazia, bellezza. Il vero pun-
to è: c’è qualcuno – Monti o chiunque altro
–
che ha un progetto di centrodestra? Op-
pure l’unica idea rispettabile è quella di un
centro consociativo, stampella della sinistra?
Se nessuno ha intenzione di federare i “mo-
derati”, o proporre un nuovo centrodestra,
come pretendere che Berlusconi lasci? In-
somma, tutto si riduce ad una semplice do-
manda: vedremo un dibattito tv tra Monti
da una parte e Bersani dall’altra? Se no,
Monti resterà solo una “risorsa” di palazzo
per il centrosinistra. Se avrà coraggio, gui-
derà un Ppe italiano contro Bersani.
Potrebbe perdere, e non potrebbe riciclarsi
per incarichi super partes, ma l’atto fon-
dativo resterebbe. Altrimenti, farà il nuo-
vo Ciampi, che servirà al centrosinistra
ma non al paese.
FEDERICO PUNZI
Quell’assordante silenzio
sulla battaglia di Pannella
Il tristissimo ritorno
dei“veri patrioti”
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L’OPINIONE delle Libertà
MARTEDÌ 18 DICEMBRE 2012
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