II
SPORT
II
Del Piero è l’occasione cheLotitononpuò rifiutare
di
DIMITRI BUFFA
o scorso 12 aprile Alex Del Pie-
ro ha fatto l’ultimo grande re-
galo alla sua Juventus che in questi
giorni lo sta scaricando brutalmente:
un gol decisivo su punizione contro
la Lazio a Torino in una partita che
la squadra di Andrea Agnelli aveva
anche rischiato. E invece con quel
gol, giunto alla fine della stessa
32esima giornata del campionato
più bello e più lungo del mondo, la
Juve ebbe la certezza, se non mate-
matica almeno morale, di potersi
cucire addosso quel contestatissimo,
per il numero, scudetto numero
trenta.
Adesso l’ironia della sorte fa sì
che a dirgli grazie per quel gol, e
quindi di esistere nel calcio italiano,
possa essere la vittima della sua im-
mensa classe, cioè il presidente della
Lazio, Claudio Lotito. Che, vista la
mala parata che ha preso il rappor-
to tra Alex e la nuova Juventus, che
non lo ha nemmeno invitato a fe-
steggiare la Supercoppa scippata al
Napoli, nonostante il portiere Gian-
luigi Buffon gli abbia platealmente
dedicato la vittoria, avrebbe inten-
zione di offrire un bel contratto al
fantasista ex bandiera della Juventus
ma, a quanto pare, non profeta in
patria bianconera. La classica occa-
sione a parametro zero. Qualcuno
ironizza sul fatto che oramai la La-
zio di Lotito ogni anno si trasforma
in un ospizio per ex glorie del calcio.
Ma qualcun altro fa notare che pro-
prio la Juve negli anni ’70 vinse un
paio di scudetti di fila utilizzando,
sia pure a sprazzi, la classe e i gol
di una vecchia gloria che ormai si
dava per finita: Josè Altafini. La La-
zio di Lotito, con Del Piero, potreb-
be proprio trovare quel quid che ne-
gli ultimi due anni le è sempre
mancato quantomeno per raggiun-
gere la Champions. Casomai il vero
problema potrebbe essere invece la
concorrenza spietata che Berlusconi
per il suo Milan si dice abbia in
mente di fare allo stesso Lotito.
D’altronde il sempreverde Alex è
sempre piaciuto, calcisticamente
parlando, al Cav.
Che anche l’anno scorso di que-
sti tempi, quando Andrea Agnelli
mettendosi sotto i piedi il cosiddetto
stile Juventus, si lasciò sfuggire che
il 2011-2012 sarebbe stato per Del
Piero «l’ultimo anno con noi..», in-
dusse l’ex premier in tentazione. Era
il 19 ottobre 2011. Del Piero era
stato sostanzialmente scaricato dalla
società e forse lui stesso si aspettava
una conferenza stampa ufficiale e
non una fredda comunicazione du-
rante il consiglio di amministrazio-
ne. Tra l’altro Andrea Agnelli aveva
anche fatto intendere che non ci sa-
rebbe stato spazio per un suo futuro
da dirigente. «Ne parleremo a tem-
po debito», fu la risposta lapidaria
del numero uno bianconero. Se fos-
se stato di comune accordo non si
seppe mai. Del Piero restò in silenzio
ma in cuor suo sapeva di poter es-
sere ancora utile calcisticamente e
non solo. Nel campionato 2011–
2012 non fu molto utilizzato in
campo, ma ogni volta che entrò fece
la differenza. Fino a quel 12 aprile
in cui castigò le ambizioni Cham-
pions della Lazio di Lotito, che
adesso lo vorrebbe fortemente a Ro-
ma, e confermò quelle da scudetto
dei bianconeri. All’epoca di quella
prima gaffe degli Agnelli e di quel
L
primo dolore che gli fu dato, le voci
di mercato davano per certo un in-
teressamento di Berlusconi, per fare
di lui il fantasista da mettere dietro
gente come Ibrahimovic, Pato e Ro-
binho. Altre indiscrezioni parlavano
invece di una nuova scelta di vita,
che sarebbe stata quella di andare
negli Stati Uniti per un paio d’anni
oppure in Qatar dove si svolgeran-
no i Mondiali nel 2020 con un pos-
sibile futuro da allenatore super pa-
gato. Neanche da escludere, si
diceva, che il magnate russo Keri-
mov lo potesse ricoprire d’oro e
portarlo al fianco di Samuel Eto’o
nell’Anzhi.
Oggi come oggi però, Alex Del
Piero difficilmente potrebbe accet-
tare proposte da globe trotter o da
fenomeno calcistico da baraccone.
Molto più probabile la voglia di
rivalsa verso questa nuova Juventus
che non lo considera più una ban-
diera a dispetto dei tifosi che invece
ancora lo adorano e lo invocano sfi-
dando tutta la attuale dirigenza
bianconera. Ed ecco che per Alex
del Piero, sfumata l’ipotesi Milan,
visto che nel frattempo il Cav non
solo ha lasciato il governo a un tec-
nico che ci riempie di tasse ma si è
anche venduto i gioielli di famiglia
rossoneri, compreso forse a breve il
fidanzato della figlia Barbara, l’unica
possibilità di vendicarsi di chi lo ha
spremuto come un limone senza
nemmeno garantirgli un avvenire
da dirigente nella sua ormai ex
squadra potrebbe essere la cosiddet-
ta «opzione Ravanelli». Dal nome
proprio di quel grande ex attaccante
juventino, anche lui scaricato senza
complimenti dalla Juventus di Mog-
gi e Bettega, quella pre scandalo in-
tercettazioni e retrocessione, che ap-
prodò guarda caso proprio alla
Lazio e chiuse in bellezza a Roma
nel 1999 con 27 presenze e 4 reti
(più una ingiustamente annullata
contro il Parma, bellissima, in tuffo
di testa) la propria carriera proprio
quando tutti lo davano per finito.
L’anno dopo la squadra allora
presieduta da Sergio Cragnotti vinse
lo scudetto. E Lotito lo sa benissi-
mo, solo nel calcio la storia a volte
può ripetersi senza diventare farsa.
È la classica occasione
a parametro zero.
Qualcuno ironizza
sul fatto che oramai
la Lazio di Lotito ogni
anno si trasforma
in un ospizio per ex
glorie del calcio.
Ma qualcun altro
fa notare che proprio
la Juve negli anni
‘70 vinse un paio
di scudetti di fila
utilizzando, sia pure
a sprazzi, la classe e i gol
di una vecchia gloria
che ormai si dava
per finita: Josè Altafini.
La Lazio di Lotito
con Del Piero potrebbe
proprio trovare
quel quid che negli ultimi
due anni le è sempre
mancato quantomeno
per raggiungere
la Champions. Casomai
il vero problema
potrebbe essere invece
la concorrenza spietata
che Berlusconi
per il suoMilan si dice
abbia in mente di fare
allo stesso Lotito
L’OPINIONE delle Libertà
SABATO 18 AGOSTO 2012
7