II
POLITICA
II
nche Taranto ha il suo Palio.
Una gara ben più tragica però
di quella senese, dove il rischio sul-
le vite dei cavalli si è sostituito alle
morti vere, reali, tangibili, di ope-
rai e semplici cittadini. Trenta de-
cessi l’anno dovuti all’inquinamen-
to dell’impianto siderurgico
pugliese soltanto negli ultimi 13
anni. Le perizie presentate dalla
Todisco parlano di 386 decessi tra
il 1998 e il 2010. Eppure in questi
giorni l’incrocio dei giochini e de-
gli inciuci all’italiana non ha mai
smesso di essere. Un Gip severo,
inflessibile, forse però troppo con-
dizionato dall’essere parte parte-
cipante, cittadino a sua volta di
quella terra, Patrizia Todisco. I la-
voratori bloccati dallo stop impo-
sto dal Gip. I tarantini, presi nella
morsa tra la felicità perché qual-
cuno ha finalmente detto basta al
mostro inquinatore e la dura re-
altà di 20mila posti a rischio, il
10% dei residenti. Il che significa
colpire almeno un terzo dei nuclei
familiari presenti in città. Il qua-
dro è già da cavalleria rusticana:
un giudice che colpisce la produ-
zione per favorire la vita dei cit-
tadini. Gente che magari lavora lì
da trent’anni e ha però qualche fa-
miliare colpito dalle esalazioni del-
l’Ilva stessa. Il dubbio è amletico,
essere o non essere. Come tutte le
tragedie all’italiana però arriva il
terzo incomodo, la corruzione. E
A
si scopre così che in realtà il gio-
chino più marcio lo ha portato
avanti chi, negli anni passati, è riu-
scito – mediante tangenti – a far
passare l’Ilva come una fabbrica
“pulita”, dentro ai canoni di sicu-
rezza ambientale da rispettare. Po-
litici, funzionari, manager, 13 in-
dagati in tutto. Ieri Passera e Clini
sono scesi a Taranto, per un super
vertice in prefettura con il gover-
natore Vendola, il sindaco Stefàno,
gli enti locali, l’autorità portuale,
l’attuale presidente commissario
Ilva Ferrante, parlamentari di Pd,
Udc, Pdl, Fli, Confindustria e il ve-
scovo Filippo Santoro. Il tutto pe-
rò vietato ai cortei: la zona rossa
è invalicabile, i contestatori si sono
accontentati di un’assemblea pub-
blica. Passera e Clini sono lì per
far dialogare le necessità del lavo-
ro con quelle dell’ambiente. Ma
soprattutto per far dialogare lo
stato con la legge, per stemperare
le polemiche su Todisco, minac-
ciata di ricorso addirittura da
Monti. E soprattutto per risolvere
il problema della corruzione: il
primo passo, prima ancora dei ri-
corsi e controricorsi sulla chiusura
dell’Ilva, delle polemiche tra am-
bientalisti e sindacalisti, di ragioni
contrapposte ma allo stesso tempo
comuni, è quello di liberarsi dalla
longa manus delle bustarelle, degli
accordi segreti, delle trame che in-
quinano il gioco regolare delle
parti. Molti sostengono di voler
ripartire dal modello Friburgo, la
città tedesca che produce inqui-
nando quasi zero. La prima neces-
sità, per la città pugliese, è quella
di ripartire dalla trasparenza e dal-
la giustizia, non tanto delle aule
di tribunale (che, come abbiamo
visto, può dividere una città in
due), quanto quella delle azioni
fatte secondo legalità, senza ingan-
ni. Una sfida che Clini e Passera
(di più: il governo e le istituzioni
tutte) non possono non raccogliere
per il bene del lavoro e della salu-
te, due cose tra loro indivisibili.
ENRICO STRINA
Il governo arriva aTaranto
per trattare con i magistrati
L’indefinito valore
dell’informazione
K
Corrado PASSERA
ta facendo ancora discutere la
notizia di rappresentanti regio-
nali eletti nelle liste di partiti come
Pdl, Udc, Sel, Lega Nord e il Mo-
vimento 5 Stelle che avrebbero pa-
gato per le proprie interviste in tv.
Tutti sembrano porre al centro del-
la questione se sia giusto o meno
usare denaro pubblico per assicu-
rarsi uno spazio televisivo, radio-
fonico o sui giornali.
La questione, semmai, sarebbe
da affrontare dal punto di vista op-
posto, ovvero se sia giusto ed etico
che un giornalista, o un’emittente
radiofonica o televisiva, richieda un
compenso per creare una notizia.
«Il giornalista rifiuta pagamenti,
rimborsi spese, elargizioni, vacanze
gratuite, trasferte, inviti a viaggi,
regali, facilitazioni o prebende, da
privati o da enti pubblici, che pos-
sano condizionare il suo lavoro e
l’attività redazionale o ledere la sua
credibilità e dignità professionale»,
così recita la Carta dei doveri del
giornalista dell’8 luglio 1993, sotto
la voce “incompatibilità.”
Ora mi chiedo, quanto credibile
può essere un servizio o un articolo
risultante da un accordo economi-
co? Con quale oggettività un gior-
nalista può riportare fatti e analisi
quando colui che intervista lo ha
pagato anticipatamente per farlo?
Si possono fare domande “scomo-
de”? Oppure viene tutto concor-
dato in modo che il messaggio ar-
S
rivi ai destinatari secondo i desideri
del committente? Insomma, in Ita-
lia di cosa stiamo parlando, di vera
informazione o pubblicità?
Questo caso, poi, solleva ulte-
riori interrogativi. Qual è il vero
stato dell’informazione italiana? Si
tratta di un evento isolato e circo-
scritto ad un numero limitato di
emittenti locali, oppure di una pra-
tica diffusa e consolidata anche nel-
le maggiori redazioni? Fa bene
l’Ordine dei giornalisti, a tal pro-
posito, ad aver avviato un’inchie-
sta.
In un momento storico come
questo, l’Italia di tutto ha bisogno
tranne che di un’opinione pubblica
più debole e facilmente condizio-
nabile di quanto non lo sia già. C’è
sempre più bisogno di un’informa-
zione libera, oggettiva, critica e bi-
lanciata. Soltanto così il cittadino
sarà messo in condizione di riap-
propriarsi davvero di quella Sovra-
nità che reclama e che è un suo di-
ritto-dovere esercitare.
FRANCESCO DI LILLO
Larghe intese? Per il Pdl è un’ipotesi «ridicola»
rande coalizione? È ridi-
colo parlarne ora. Il Pdl
è e sarà una forza alternativa alla
sinistra. Oggi siamo nella stessa
maggioranza perché costretti
dall’emergenza. Se l’emergenza
dovesse protrarsi, dopo le elezioni
faremo le nostre valutazioni».
Lo dice al
Sole 24 Ore
Gaeta-
no Quagliariello, vicecapogruppo
del Pdl al Senato.
«Io credo che sarebbe assai
più utile riconquistare i nostri
elettori - afferma Quagliariello -
spiegando loro cosa noi propo-
niamo per salvare l’Italia, anziché
dividerci su un futuro che al mo-
mento nessuno è in grado di pre-
vedere».
«Nostro compito è incalzare
il governo - sottolinea a proposito
della mozione di sfiducia nei con-
fronti del Guardasigilli - e quindi
anche il ministro della Giustizia
su temi rilevanti per l’intero pae-
se, come le scelte della magistra-
tura sull’Ilva, la riforma delle in-
tercettazioni divenuta impellente
dopo il dramma di questa estate.
Non sono tempi per mosse ad ef-
fetto».
Ad essere scettico sulle “larghe
intese” è anche il capogruppo al
Senato del Pdl, Maurizio Gaspar-
ri. «Le larghe intese sono state
una parentesi da non riaprire –
scrive Gasparri in un intervento
pubblicato da Il Giornale - Nel
2013 il Pdl deve presentarsi alle
elezioni per vincerle. Credo che
sia interesse di tutto il Pdl chiu-
dere una discussione che appare
«G
sempre più assurda sul governo
che nascerà dopo le prossime ele-
zioni».
«Più d’uno – continua Gaspar-
ri - si è prodotto in ardite teoriz-
zazioni di un governo di tutti a
vita. Che l’Europa e il mondo in-
tero vivano un momento di
drammatica crisi è purtroppo un
dato di fatto. Che ciò imponga
soluzioni ampiamente condivise
è un’altra realtà. Il Pdl spesso si
interroga, a volte anche troppo,
sulla sua identità, sul suo ruolo.
È tempo, e non solo perché siamo
in pratica in campagna elettorale,
di mostrare più decisione e più fi-
ducia in se stessi».
«Noi e la sinistra – spiega Ga-
sparri - soprattutto ora che si for-
ma un cartello in cui dettano leg-
ge le aree più radicali di quello
schieramento, abbiamo idee di-
verse. E senza scontri furiosi dob-
biamo farlo emergere con chia-
rezza, senza l’uscita quotidiana
dello sconfittista del giorno che
annuncia, forse pensando alla
personale salvezza, il grande ab-
braccio che demotiva e allontana
gli elettori. Non stiamo a perdere
quindi tempo, lo dico con amici-
zia a tanti che stimo ma con de-
cisione ai vedovi delle poltrone
che giudico con meno generosità,
con annunci di governi di larghe
intese che per prima la sinistra
aborre. Berlusconi scende in cam-
po, le nostre idee sono diverse da
quelle degli altri, e sinceramente
sono anche migliori, e noi di
cos’altro dovremmo parlare?».
«A chi chiede impegni condi-
visi da tutti per affrontare la crisi
- conclude il capogruppo al Se-
nato del Pdl - diciamo che l’ac-
cettazione con voto parlamentare
da parte nostra di tante decisioni
europee è più che sufficiente e che
anzi l’Europa dovrebbe riflettere
sull’efficacia di quegli strumenti.
Non dobbiamo fornire altre cre-
denziali. Le si chieda piuttosto al-
la neo-Unione di Vendola e com-
pagni. Insomma, crediamo un po’
di più in noi stessi! Ferragosto è
passato. Ci attendono sei mesi
molto duri e impegnativi da af-
frontare uniti, lottando spalla a
spalla, con un grande partito uni-
tario di centrodestra. Chi si sente
già sconfitto vada in panchina o,
meglio ancora, guardi la partita
da casa in tv. Intralcerà meno chi
intende fare con coraggio e chia-
rezza il proprio dovere».
Durissimo con l’ipotesi di
Grande Coalizione è anche Mas-
simo Corsaro, vice presidente vi-
cario del Pdl alla Camera.
«Questo governo è un falli-
mento - dice Corsaro - Mandarlo
a casa in autunno o aspettare feb-
braio a questo punto cambia po-
co. L’unica cosa certa, e parlo a
titolo personale, è che io in mag-
gioranza con la sinistra non ci
starò mai più».
«Sono consapevole - spiega il
deputato del Pdl - che nessuno,
tranne qualche scriteriato del mio
partito, oggi si spingerebbe a
esporsi prospettando un futuro a
braccetto con Vendola e D’Ale-
ma. Quindi, se Berlusconi confer-
merà di volersi candidare, mi
aspetto una dichiarazione che
non dia adito a interpretazioni.
Un’assunzione di responsabilità
palese. Mi piacerebbe Berlusconi
da Vespa che firma un nuovo
contratto con gli italiani dove c’è
scritto “mai più con la sinistra”.
Credo lo sottoscriverebbe ancor
più volentieri Bersani».
Getta benzina sul fuoco, infi-
ne, anche l’ex ministro Altero
Matteoli, secondo cui «parlare di
grande coalizione, dopo che ce
l’abbiamo da sette mesi e i pro-
blemi del paese anziché diminuire
sono peggiorati, è un suicidio per
i partiti e per l’Italia». Matteoli,
poi, rilancia anche l’alleanza “per-
duta” con la Lega: «L’esperienza
ci insegna che con loro si può go-
vernare». E tanti saluti alle “lar-
ghe intese”.
È giusto ed etico
che un giornalista
richieda un compenso
per creare una notizia?
L’OPINIONE delle Libertà
SABATO 18 AGOSTO 2012
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