uggire da quest’Europa, rior-
ganizzare un’economia nazio-
nale manifatturiera, rifondare
banche nazionali in grado di fare
credito alla piccola e media im-
presa come alle famiglie ed ai
commerci...
L’italiano medio vorrebbe
questo, ma il “salotto buono”
s’oppone.
Anzi, le tecnocrazie al potere
(
quelle che governano le demo-
crazie bancariamente protette)
propongono la supervisione ban-
caria e la ricapitalizzazione di-
retta delle banche tramite il fon-
do salva stati.
Misure partorite nella Com-
missione Ue e Bce, che vanno tut-
te in direzione del “Meccanismo
unico di supervisione bancaria”
(
Ssm): quindi vengo accentrati
presso la banca europea ulteriori
compiti di vigilanza.
Ovviamente queste politiche
richiedono ulteriori sacrifici da
parte dei paesi più deboli dell’Ue:
meno investimenti, più disoccu-
pazione e tasse sempre più pe-
santi su casa, energia, trasporti
e comunicazione.
Politica monetaria e di super-
visione della Bce divengono un
tutt’uno, e le democrazie sono
ormai vincolate a lavorare solo
alle riforme gradite ai leader
dell’euro-gruppo.
La capitalizzazione diretta
F
delle banche da parte del fondo
salva stati assurge a unica prio-
rità, perché la cancelliera tedesca
Angela Merkel ha già pianificato
un terzo prolungamento del fon-
do nazionale salva-banche (Sof-
fin).
Il secondo fondo di stabiliz-
zazione per gli istituti di credito
in difficoltà, il Soffin II, è entrato
in vigore il primo marzo 2012 e
scadrà a fine anno.
Sorge il dubbio che i famosi
“
sacrifici per l’Europa” servano
solo per sostenere (forse non in-
taccare) le economie trainanti
dell’Ue: ovvero centro e nord Eu-
ropa.
Intanto l’Europa mediterranea
inizia a reagire a queste misure
drastiche con un forte “naziona-
lismo da rigetto”.
Il mercato unico, nato il 15
ottobre 1992 e che avrebbe do-
vuto garantire la pace (tanto da
conquistarsi il Nobel), potrebbe
presto tramontare.
Il fattore di frammentazione
è ormai favorito dalle manovre
che salvano l’europa ma soppri-
mono i cittadini di Spagna, Italia,
Portogallo e Grecia.
Il mercato unico, nato come
grande cambiamento della vita
quotidiana, sta decimando le op-
portunità di lavoro nelle zone
più povere dell’Ue.
Il nazionalismo economico
torna ad appalesarsi come unica
via di fuga da un’Europa che
chiede solo sacrifici senza nulla
in cambio.
Gli alibi alle misure punitive
verso le aree più povere sarebbe-
ro per l’Ue la non solvibilità, gli
“
spread” eccessivi e, dulcis in
fundo, i debiti sovrani.
Ecco che scattano le punizio-
ni: niente prestiti, per non intac-
care l’integrità della moneta uni-
ca.
E mentre i popoli chiedono
governi politici che offrano op-
portunità, dalla stanza dei bot-
toni vengono elogiati gli eccessi
d’austerity.
E le parole del direttore gene-
rale di Fmi, Christine Lagarde, si
risolvono in un flebile invito a
dare precedenza alla crescita.
Oggi molti politici che hanno
appoggiato il governo Monti
s’accorgono che l’economia ita-
liana è stata spinta verso una re-
cessione ancor più profonda: sui
paesi poveri pesa il costo finale
del salvataggio europeo.
L’impressione è che queste po-
litiche non cesseranno prima che
l’Ue abbia bruciato tutte le scorte
di Italia e Spagna, a patto che
non intervengano libere elezioni
e governi politici nazionalisti in
grado di scongiurare la catastro-
fe.
RUGGIERO CAPONE
II
POLITICA
II
Frattini: «L’intesa con l’Udc,unica stradapossibile»
di
PIETRO SALVATORI
i sfiorano in questi giorni a Bu-
carest Angelino Alfano e Pier-
ferdinando Casini. Entrambi di sce-
na nella capitale romena in
occasione di un vertice del Partito
popolare europeo che si configura
come una tappa importante nei fu-
turi assetti del centrodestra del Vec-
chio continente. La due giorni do-
vrebbe produrre un manifesto
politico, attraverso il quale il cen-
trodestra europeo, Merkel permet-
tendo, chiederà all’Unione di dare
una svolta in positivo alle politiche
di sviluppo, oggi ancora troppo
marginali, nel tentativo comunita-
rio di arginare la crisi. Ma soprat-
tutto darà la possibilità alle colom-
be di Pdl e Udc di tessere la tela di
una possibile intesa in vista delle
prossime elezioni politiche. «Casini
non può riconoscersi nella carta
d’intenti siglata dal centrosinistra
in vista delle primarie. Sposta il di-
battito su quel versante in maniera
netta su posizioni simili a quelle di
Nichi Vendola» commenta Franco
Frattini, raggiunto da
L’Opinione
mentre è in procinto di prendere il
volo per il Belgio. L’ex ministro de-
gli Esteri è anche il gran tessitore
azzurro dell’alleanza con i centri-
sti.
Il vertice di Bucarest potrebbe av-
vicinare le due formazioni politiche
in vista delle elezioni?
Mi auguro intanto che ci sia
una larga condivisione di tutti sul
manifesto politico per lo sviluppo
dell’Europa che verrà proposto
S
all’attenzione dei convenuti. Il do-
cumento è un grande stimolo per
consolidare le aggregazioni politi-
che già esistenti e che si rifanno ai
valori del popolarismo europeo, e
a crearne delle nuove.
Ogni riferimento al caso italiano è
puramente voluto?
I moderati devono unirsi anche
in Italia. Nella due giorni sono pre-
visti gli interventi di Alfano e di
Casini, che probabilmente veicole-
ranno due messaggi coincidenti. Mi
sembra siano maturati i tempi per
lanciare una Costituente popolare
italiana.
Un percorso che si annuncia lungo
e accidentato.
Ma sarà necessario farlo, anche
perché l’impulso del Ppe va in que-
sta direzione. Il presidente Wilfried
Martens, con cui ho più volte par-
lato, non nasconde il suo desiderio
che anche in Italia si proceda spe-
ditamente in questo senso.
Le diplomazie sono al lavoro. A
Bucarest si confronteranno?
Visto il forte incoraggiamento,
spero che gli incontri a margine che
sicuramente avverranno recepisca-
no tali istanze.
A che punto è il dialogo con l’Udc?
Il confronto tra i due partiti non
si è mai interrotto. Sono compren-
sibili le ragioni tattiche, tali per cui
nessuna delle formazioni che si ap-
presta ad affrontare le prossime
elezioni politiche vuole anticipare
il proprio gioco prima che lo fac-
ciano gli altri. Ma il discorso è or-
mai abbastanza maturo.
Ma qual è lo stato dell’arte?
Stiamo lavorando intensamente
dal basso. Si è sviluppato un inten-
so dibattito a livello di fondazioni.
Gli scambi tra la fondazione “Al-
cide De Gasperi”, che coordino, e
la “Luigi Sturzo”, che fa capo al-
l’Udc, stupirebbero per il livello al
quale sono giunti. Così si creano
basi solide per impostare qualun-
que tipo di discussione futura.
Casini ha imposto come condizio-
ne un passo indietro da parte di
Berlusconi. Lo si può dare per cer-
to?
In ogni sua decisione il presi-
dente è stato molto riflessivo. Pri-
ma di annunciare la sua disponibi-
lità a svolgere un ruolo diverso da
quello del frontman ha lasciato
passare alcune settimane di silen-
zio. Questo significa che la sua è
una scelta meditata. D’altronde,
quando si dimise nel novembre
scorso, fece una valutazione ana-
loga.
Guardare al centro precluderebbe
l’ipotesi di una possibile alleanza
con la Lega?
Non vedo le due cose in alter-
nativa. Lega e Udc non sono neces-
sariamente in contrapposizione.
Una strada potrebbe essere quella
di una federazione di partiti, come
avviene in Germania tra Cdu e
Csu, che poi cerchi possibili allea-
ti.
Questo scenario come si combina
con l’ipotesi di spacchettare il Pdl
in più liste?
Occorre partire dai programmi.
Se c’è concordanza sulle priorità
da affrontare nel prossimo futuro,
il problema di quali e quante liste
passa in secondo piano. Certo, se
qualcuno pensa che l’esperienza del
governo Monti sia da archiviare,
sappia che questo non è nel pro-
gramma dei popolari europei.
Ma una scissione in questa fase è
veramente all’orizzonte?
In questo momento vedo molti
tatticismi. Mi auguro che la legge
elettorale che si farà premi il par-
tito di maggioranza relativa. In
questo modo si favorirebbe l’unità
del centrodestra, e non si ripetereb-
bero coalizioni forzato come si so-
no viste in passato.
Le piace la bozza Malan su cui di-
scuterà il Senato?
È un buon punto di partenza.
Certo, come detto ho qualche per-
plessità sull’attribuzione del premio
di maggioranza. Ma la priorità è
archiviare il Porcellum.
Ma con il modello che propone la
maggioranza di governo si defini-
rebbe solo dopo le elezioni. Non le
sembra un passo indietro?
A mio avviso ogni partito che
si presenta davanti agli elettori do-
vrebbe fare le primarie per indivi-
duare un candidato premier. Il can-
didato del partito di maggioranza
relativa avrebbe poi l’onere di ten-
tare di formare un governo dopo
le urne.
Però se faceste prima l’alleanza con
l’Udc…
Se vogliamo vincere è quella
l’unica strada.
Scommetterebbe un euro sul buon
esito delle trattative?
Anche due.
La supervisione bancaria
scatena i nuovi nazionalismi
La stabilità costa:
stangatada2,5mld
a stabilità costa cara. E a paga-
re il conto più salato di tutti
potrebbero essere ancora una volta
le famiglie italiane. Se i contenuti
della legge di stabilità sottoposta
all’approvazione del parlamento
dovessero confermarsi quelli del te-
sto che sta circolando in questi
giorni, «l’effetto composto della ri-
duzione dell’Irpef, dell’aumento del-
l’Iva, dell’introduzione della fran-
chigia e del conseguente taglio delle
deduzioni e detrazioni fiscali coste-
rà alle famiglie italiane 2,5 miliardi
di euro». È quanto afferma in una
nota recente la Cgia di Mestre.
«
Sarà una stangata» commenta
lapidario il segretario Giuseppe
Bortolussi. «Una stangata che ri-
schia di mettere in ginocchio le fa-
miglie italiane già stressate da una
crisi che dura ormai da quattro an-
ni anni». I conti dell’associazione
di artigiani e piccoli imprenditori
mestrini parlano chiaro: il peggio,
spiegano dall’ufficio studi della
Cgia, è previsto per il 2014, «quan-
do subiremo per tutti i 12 mesi
dell’anno l’aumento di un punto
delle aliquote Iva del 10 e del 21%,
a fronte di una diminuzione del ca-
rico fiscale sui redditi pari a 5 mi-
liardi di euro». Sarà proprio allora
che le famiglie italiane si troveranno
a dover fare i conti con un aumen-
to dell’Iva di 6,5 miliardi di euro,
a fonte di un taglio delle agevola-
zioni fiscali pari a 1 miliardi di eu-
L
ro: uno sbilaniamento di 2,5 mi-
liardi di euro, pari ad un incremen-
to medio annuo per famiglia di cir-
ca 100 euro.
Saranno le fasce più deboli a
sobbarcarsi la mazzata più consi-
stente: primi fra tutti, proprio gli 8
milioni circa di incapienti: «Rien-
trando nella area di esenzione fi-
scale - spiega Bortolussi - non go-
dranno dei vantaggi economici
legati della riduzione dell’Irpef».
Dopo di loro, a farne le spese sa-
ranno i nuclei familiari con redditi
superiori ai 50/60mila euro».
E Bortolussi lancia l’allarme:
«
Se teniamo conto che dall’inizio
della crisi i senza lavoro sono au-
mentati di oltre 1 milione e 200 mi-
la persone, i consumi reali delle fa-
miglie sono scesi del 4,5%, i prezzi
e le tariffe sono in costante crescita,
con questa ulteriore stangata diffi-
cilmente il paese reale riuscirà a tro-
vare le risorse per rilanciare la do-
manda interna e quindi l’economia
del paese».
Almeno nel 2013, però, si po-
trebbe rifiatare. Secondo la Cgia,
infatti, il combinato disposto delle
misure messe in campo dal governo
dovrebbe dare un leggero vantaggio
alle famiglie: grazie al fatto che
l’aumento dell’ Iva sarà effettivo
soltanto dal primo luglio 2013, il
saldo momentaneamente favore-
vole sarà pari a 800 milioni di euro.
LUCA PAUTASSO
L’OPINIONE delle Libertà
MERCOLEDÌ 17 OTTOBRE 2012
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