di
STEFANO MAGNI
opo l’11mo anniversario
dell’11 settembre, è giusto ri-
tornare a riflettere sulla politica este-
ra oggettivista. Ayn Rand sta rivi-
vendo un momento di notorietà,
anche a 30 anni dalla sua scompar-
sa. I suoi romanzi filosofici sono an-
cora best-seller negli Usa, il candi-
dato vicepresidente repubblicano
Paul Ryan è un suo fan (anche se
non è un suo “seguace” come affer-
mano in molti) e John Allison, del-
l’Ayn Rand Institute, si apprestereb-
be a diventare presidente del
prestigioso think tank Cato Institute,
faro del libertarismo americano. Nei
prossimi anni, dunque, sentiremo
parlare molto dell’oggettivismo. Nel
bene e nel male e sicuramente anche
a sproposito. Se Ron Paul si è co-
struito una fama di “colomba”, la
Rand aveva una solida reputazione
di “falco”. Ma sulla sua visione di
politica estera regna la confusione
più totale. Nei suoi romanzi e libri
di filosofia ha detto tantissimo sulla
politica internazionale (ovviamente:
è una branca fondamentale di ogni
filosofia politica), ma non ha mai
elaborato una sua dottrina comple-
ta. Ha detto apparentemente tutto
e il contrario di tutto. E suoi allievi,
di conseguenza, dicono cose che
spaziano dal taglio alla spesa mili-
tare a discorsi da dottor Stranamore
sulla necessità di distruggere il ne-
mico (civili inclusi) con le armi ato-
miche, dai discorsi isolazionisti con-
tro gli interventi umanitari
all’appoggio alle politiche neocon
D
di regime change. Quel che va fatto
è mettere un po’ di ordine in questo
caos. E dimostrare che non c’è in-
coerenza fra il marasma di interventi
della Rand e dei suoi seguaci con-
temporanei, ma c’è un unico filo
conduttore.
Visto che l’argomento è molto
vasto, meglio sintetizzare con una
“
Faq”, domande e risposte più fre-
quenti.
La politica estera oggettivista ha
princìpi?
Decisamente sì. L’etica oggetti-
vista parte dall’assunto che l’uomo
abbia bisogno di princìpi morali
quale sua guida per scoprire la re-
altà. Di conseguenza anche la poli-
tica estera oggettivista si basa su
princìpi morali. In questo si diffe-
renzia radicalmente dalla visione
“
realista” della politica estera (come
quella di Machiavelli, Metternich o
Bismarck), quella secondo cui l’azio-
ne del governo non deve essere vin-
colata da princìpi, ma deve adattarsi
alle circostanze.
Chi è l’attore della politica estera?
Lo Stato è il monopolista legit-
timo della violenza, secondo la filo-
sofia politica oggettivista. Dunque
l’attore della politica estera a cui si
farà riferimento, d’ora in avanti, è
lo Stato.
C’è un principio fondamentale della
politica estera che lo Stato deve se-
guire?
Sì, uno soltanto. Difendere i pro-
pri cittadini. E’ l’unico compito re-
almente legittimo di uno Stato. Non
si parla di “costruire un impero” o
di “esportare la democrazia” (sono
queste le critiche rivolte più frequen-
temente dai libertari agli oggettivi-
sti), ma di una politica di forte difesa
dei propri cittadini.
La difesa dei cittadini e della loro
incolumità richiede compromessi?
No. Qualsiasi compromesso è
incompatibile con la sicurezza. Non
vale il discorso “ne sacrifico alcuni
per il bene della maggioranza”, per-
ché tutti godono dello stesso diritto
ad essere protetti. Uno Stato che sa-
crifica alcuni suoi cittadini per sal-
varne altri, viene meno al suo com-
pito fondamentale. Il semplice
pagamento di un riscatto può sal-
vare le vite degli ostaggi (ma le si
può salvare, anche più onorevol-
mente, tentando un blitz militare),
ma incoraggia i sequestratori a col-
pire di nuovo e avalla moralmente
il loro atto criminale. Giusto per fa-
re un esempio italiano, questa logi-
ca, su larga scala, porta ad aberra-
zioni morali come il “Lodo Moro”,
con cui si garantiva ai terroristi pa-
lestinesi il libero uso del suolo ita-
liano in cambio della relativa inco-
lumità dei cittadini italiani
(
categoria dalla quale, evidentemen-
te, erano esclusi i cittadini italiani
di religione ebraica). Anche in que-
sto caso il compromesso salva la vi-
ta degli italiani subito (e anche qui
fino a un certo punto), mettendola
in pericolo nell’immediato futuro:
perché si avalla moralmente l’atti-
vità criminale di gruppi terroristi,
chiaramente contrari alle nostre leg-
gi, sul nostro territorio. Se questo
discorso vale per il terrorismo, a
maggior ragione vale per conflitti
più ampi. Nella difesa da un nemico
esterno, uno Stato non deve cedere
deliberatamente porzioni di territo-
rio abitate da suoi cittadini. Non
deve scegliere politiche di deliberata
vulnerabilità (contro una minaccia
nucleare, per esempio) per dar “se-
gnali di fiducia” al potenziale nemi-
co. E, soprattutto, non deve cedere
tutta o parte della sicurezza ad enti
esterni come alleanze o istituzioni
sovranazionali. Nel nostro caso, sa-
rebbe assolutamente immorale ce-
dere la gestione della nostra difesa
all’Unione Europea, alla Nato o
all’Onu. Qualsiasi difesa collettiva,
infatti, finisce per compromettere la
sicurezza degli uni a vantaggio di
altri. La protezione dei propri citta-
dini, al contrario, deve passare sopra
II
POLITICA
II
Vademecumper una politica estera oggettivista
Ayn Rand sta rivivendo
un momento
di notorietà,
anche a 30 anni
dalla scomparsa.
I suoi romanzi filosofici
sono ancora best-seller
negli Usa, il candidato
vicepresidente
repubblicano Paul Ryan
è un suo fan
e JohnAllison,
dell’Ayn Rand Institute,
si appresterebbe
a diventare presidente
del prestigioso
think tank Cato Institute,
faro del libertarismo
americano. Nei prossimi
anni, dunque, sentiremo
parlare molto
dell’oggettivismo.
Nel bene, nel male
e sicuramente
anche a sproposito.
Meglio fare chiarezza,
soprattutto
sulla sua politica estera
K
Ayn RAND
L’OPINIONE delle Libertà
DOMENICA 16 SETTEMBRE 2012
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