agari sarà tutta colpa (o me-
rito) delle elezioni americane
o dell’appassionante sfida che sta
contrapponendo Matteo Renzi a
Pierluigi Bersani e Nichi Vendola a
tutti e due, però agli italiani le pri-
marie piacciono molto. Nell’appro-
fondimento al sondaggio di questa
settimana,
Spincon
ha chiesto ad
un campione di 1.470 italiani stra-
tificato per sesso, età e ampiezza
dei comuni se, in vista delle pros-
sime elezioni regionali, i partiti po-
litici dovrebbero scegliere i propri
candidati presidente attraverso con-
sultazioni primarie. Il risultato è ab-
bastanza sorprendente: il 77% degli
intervistati è convinto, infatti, che
le primarie rappresentino il modo
migliore per i partiti politici di se-
lezionare i candidati alle cariche
apicali mentre solo il 14,6% si di-
chiara apertamente contrario. Un
residuo 8,4% non ha alcuna opi-
nione in merito o ritiene il tema ir-
rilevante. Più prevedibili, invece, le
differenze di gradimento delle pri-
marie all’interno degli schieramenti.
Nel centrosinistra, forse in forza di
un’abitudine maggiore all’utilizzo
dello strumento, e favorevole a con-
sultazioni di questo tipo l’83,9%
degli elettori con un dato che di-
venta quasi plebiscitario (86,7%)
tra gli elettori del Partito Democra-
tico. Più tiepida, ma comunque lar-
gamente maggioritaria, la risposta
dei sostenitori del Centrodestra. Il
70%
di chi voterebbe Pdl, Lega
Nord o La Destra sarebbe infatti
favorevole alle primarie contro un
19%
di contrari. Dato molto simile
a quello riscontrato tra i soli elettori
de Il Popolo della Libertà: 69,7%
a favore e 20,6% contro. Quel che
appare chiaro è che se da un lato il
Pd cerca di complicare le regole del-
le consultazioni e dell’altro il Pdl
evita proprio di prendere in consi-
derazione lo strumento, gli italiani
M
mandano un messaggio chiaro ai
partiti: per le scelte importanti serve
partecipazione.
Passando dal generale al parti-
colare, questa settimana il sondag-
gio Spincon si è concentrato sul
possibile candidato del centrodestra
alla Presidenza della Regione Lazio.
Il nome in grado di raccogliere
maggiori consensi è quello dell’ex
Ministro della Gioventù Giorgia
Meloni. Per sfidare Zingaretti sce-
glierebbe la Meloni il 35,1% degli
elettori di centrodestra e nessun al-
tro competitor sembra essere in
grado anche solo di avvicinare gli
indici di gradimento della Giorgia
pidiellina. Tra Francesco Storace,
Luisa Todini, Andrea Augello, Fran-
cesco Giro e Giancarlo Abete solo
il leader de La Destra va in doppia
cifra, accreditandosi di un comun-
que positivo 13,5%. Dietro di lui
la Todini al 5,7% mentre tutti gli
altri rimangono in una forchetta
statisticamente irrilevante tra lo 0
e l’1,5%. Il 17,5% degli elettori di
centrodestra chiede al partito di pe-
scare un fantomatico candidato del-
l’altrettanto fantomatica “società
civile” e il 5,6% è convinto che non
ci dovrebbe essere alcuna candida-
tura unitaria. Se si analizza il com-
portamento dei soli elettori del Pdl
la leadership della Meloni appare
ulteriormente rafforzata. In ipote-
tiche primarie per la scelta del can-
didato presidente il 40% sceglie-
rebbe lei, il 10% Francesco Storace
e il 17,6% continuerebbe a predi-
ligere un nome esterno rispetto ai
partiti. Un dato questo che deve far
riflettere: il generico candidato della
“
società civile” riscuote consensi
solo quando non ha un nome. Gli
unici due testati (Luisa Todini e
Giancarlo Abete), seppur molto au-
torevoli, hanno riscontrato gradi-
menti sempre molto marginali.
SIMONE BRESSAN
di
PIETRO SALVATORI
on ci saranno scossoni,
la settimana prossima
approveremo il testo in Aula».
Dopo la conclusione della discus-
sione in Commissione, Maria Eli-
sabetta Casellati, ex sottosegre-
tario alla Giustizia e senatrice del
Pdl, mostra ottimismo. «Proba-
bilmente il Senato apporterà qual-
che modifica al testo, ma saranno
marginali» conferma l’esponente
azzurra. Che confida nella brevità
di tempi per un’approvazione de-
finitiva: «Una volta tornato a
Montecitorio, l’auspicio è che il
provvedimento possa essere ap-
provato entro la fine dell’anno».
Lei usa toni concilianti , ma per
settimane sul Pdl sono piovute
critiche. Non eravate voi quelli
contrari all’articolato?
Su questo tema c’è stata molta
strumentalizzazione. Occorre
sempre ricordare che stiamo par-
lando di un testo governativo, il
cui primo firmatario è Angelino
Alfano, ai tempi in cui era Guar-
dasigilli. La norma è stata forte-
mente voluta dal Popolo della li-
bertà.
Non eravate contrari dunque?
C’è stata una discussione, de-
terminata da questioni tecniche.
Quando si va a ritoccare la nor-
mativa contenuta nel codice pe-
nale, gli aggiustamenti, così come
l’introduzione di nuovi reati, de-
vono essere di sistema. Gli appun-
ti che abbiamo mosso vertevano
esclusivamente su questo.
C’è stata anche una decisa spinta
popolare perché la norma andasse
in porto.
Abbiamo bisogno di una nor-
mativa contro la corruzione. I da-
ti che abbiamo di questi ultimi
anni sono raccapriccianti. La po-
litica deve essere come una casa
«
N
di vetro, e non deve lasciare spa-
zio alcuno agli atteggiamenti di
corruttela.
È stato risolto anche il nodo della
corruzione fra privati, che aveva
destato più d’una perplessità?
Avevamo chiesto che questa
fattispecie di reato fosse persegui-
bile a querela di parte, e non d’uf-
ficio. Il compromesso raggiunto
stabilisce che sia così, fatte salve
ragioni particolari.
Cosa vi preoccupava?
Le faccio un esempio. Se un
imprenditore scopre che un di-
pendente che lavora per lui si è
reso protagonista di atti di cor-
ruzione, può essere suo interesse
denunciarlo, ma potrebbe decide-
re di procedere con provvedimen-
ti aziendali per tutelare il buon
nome della propria azienda.
Quando abbiamo avanzato dubbi
non volevamo tutelare malfattori,
ma quelle società già pesantemen-
te danneggiate da possibili pro-
blemi di immagine e quindi da ul-
teriori danni economici.
E il compromesso raggiunto…
È stato buono.
Dunque, voterete compatti in Au-
la?
Questa è la linea del partito.
Se ci saranno posizioni di dissen-
so, questo fa parte del sistema de-
mocratico.
Non vi preoccupa il dilagare di
episodi di corruzione anche fra i
politici? Si respira un’aria da Ma-
ni Pulite.
A mio avviso c’è una differen-
za sostanziale. Allora la malver-
sazione faceva parte di un perver-
so sistema dei partiti. Oggi il
fenomeno per certi versi è ancor
più grave, perché riguarda tenta-
colarmente singoli esponenti po-
litici. Si agisce per tornaconto per-
sonale e quindi l’appartenenza
partitica non conta più, se non
perché, come abbiamo visto nei
recenti episodi di cronaca, gli
schizzi di fango coinvolgono tutti
anche quelli che lavorano con
onestà e per passione. Noi non
faremo sconti da responsabilità a
chicchessia.
Non intravede un sistema preciso
dietro il moltiplicarsi di casi del
genere negli ultimi mesi?
Credo che gli accertamenti,
che hanno coinvolto varie perso-
ne di tutti i partiti sulla gestione
dei fondi, abbiano richiesto ap-
profondimenti che in precedenza
non erano mai stati fatti. A que-
sto punto bisogna porsi il proble-
ma di come si seleziona la classe
dirigente.
Basterà per arginare l’onda del-
l’antipolitica?
Dobbiamo darci una parola
d’ordine: trasparenza. Che passa
sì per una revisione delle norma-
tive, ma che deve essere affiancata
da una evoluzione culturale. L’ele-
mento repressivo ci deve essere,
ma va affiancato alla prevenzione.
Gli ultimi scandali hanno accele-
rato il processo di trasformazione
del Pdl?
Noi dobbiamo tornare a par-
lare di programmi, più che di liste
e di contenitori. Perché anche le
soluzioni saranno più facili da
trovare se stabiliamo la direzione
verso la quale dirigerci.
Molti parlano di recuperare e ag-
giornare il programma che fu di
Forza Italia.
La mia esperienza politica na-
sce con Fi, eravamo in un mo-
mento per molti versi magico. Su
quella spinta molte cose le abbia-
mo cambiate. Molte altre le do-
vremo cambiare, proseguendo su
quella strada.
Quindi una lista che si richiamas-
se a quella del ’94…
La vedrei di buon occhio.
II
POLITICA
II
segue dalla prima
La droga mediatica
Si dirà che ognuno deve fare il proprio me-
stiere e che chi denuncia gli scandali non è
affatto tenuto ad indicare come prevenirli.
Il ché è vero. Ma solo in parte. Perché la de-
nuncia degli scandali nasce dalla conoscenza
di ciò che si denuncia. E chi ha la consape-
volezza del fenomeno che suscita indigna-
zione deve necessariamente contribuire a
fornire qualche indicazione su come fron-
teggiarlo. Certo, il giornalista non è un me-
dico sociale ma non può neppure essere uno
spacciatore interessato solo a vendere un nu-
mero crescente di dosi di indignazione al
consumatore sempre più assuefatto.
Ci deve essere, dunque, un limite. Perché sen-
za la presenza di un qualche limite il corpo
sociale va in overdose. Ed esplode non limi-
tandosi a cancellare una classe politica che
comunque andrebbe eliminata o totalmente
rigenerata, ma travolgendo quelle istituzioni
democratiche che consentono di poter con-
tinuare a denunciare i problemi sempre più
gravi di una società sempre più complessa.
Giusto denunciare le fonti di sprechi. Ma
dopo che si fa? Si ricomincia da capo? Per
non cambiare nulla ed avere la possibilità di
continuare a spacciare la droga mediatica?
ARTURO DIACONALE
Casellati: «Più trasparenza,
oppure verremo travolti»
Gli italiani concordi:
servono leprimarie
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SABATO 13 OTTOBRE 2012
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