tefano Fassina ha parlato: «Rimaniamo
convinti che il lavoro sia un diritto garan-
tito dalla Costituzione e chiederlo non è trop-
po... occorre ridefinire il quadro delle condi-
zioni attorno al quale l’azienda Carbosulcis
può funzionare e mettere subito in pratica il
Piano Sulcis, affinché il governo nazionale
possa definire dei correttivi e si possa attuare
una filiera produttiva in un’ottica di comple-
mentarietà e integrazione». Poteva il respon-
sabile economico del Pd, dire qualcosa di di-
verso? Realisticamente no. Parlava agli operai
della Carbonsulcis, e una retorica del genere
era scontata. L’accezione di diritto al lavoro
che Fassina trae dalla lettura della Costitu-
zione condurrebbe a una
situazione che nessuna
persona ragionevole può
seriamente ritenere prati-
cabile. Il presupposto per
la creazione e il manteni-
mento di un posto di la-
voro è che l’attività di chi
lo occupa contribuisca al-
la produzione di un bene
o di un servizio la cui do-
manda di mercato con-
senta di venderlo a un
prezzo tale da generare la
copertura dei costi e la re-
munerazione di chi assu-
me il rischio di impresa. La sola copertura
dei costi di produzione o, peggio ancora,
l’operatività in perdita possono essere tem-
poranee, ma non sono sostenibili a lungo an-
dare. Tuttavia, se ognuno veramente avesse
il diritto di ottenere e/o mantenere un lavoro
a prescindere dalla sostenibilità economica,
S
vorrebbe dire che qualcun altro avrebbe l’ob-
bligo di sopportarne l’onere. Queste consi-
derazioni non sono frutto della volontà di
vedere persone rimanere disoccupate; sono
una semplice constatazione del fatto che il
lavoro o è produttivo o non lo è e, se non lo
è, finisce per drenare risorse che avrebbero
potuto essere impiegate dai legittimi proprie-
tari in modo alternativo. Ma i posti di lavoro
che i Fassina di questo mondo vogliono al-
truisticamente salvare si vedono e sono messi
in evidenza dai mezzi di comunicazione, ge-
nerando anche una comprensibile solidarietà
da parte di molte persone. Al contrario, i po-
sti di lavoro che non possono essere creati
perché le risorse sono pre-
levate coercitivamente ai
legittimi proprietari (at-
tuali, in caso di aumento
della tassazione; futuri, in
caso di aumento del debi-
to pubblico) non si vedo-
no e non aumentano il
consenso politico di nes-
suno.
Sta di fatto che se i
piani governativi fun-
zionassero, non ci tro-
veremmo nella situazio-
ne attuale, che si
trascina da decenni, ov-
viamente senza soluzione. Quanto al re-
sto, dai “correttivi” all’attuazione di una
“
filiera produttiva in un’ottica di comple-
mentarietà e integrazione”, si tratta né
più né meno che di aria fritta.
MATTEO CORSINI
l referendum contro la riforma Fornero
presentato ieri in Cassazione è autobio-
graficamente di sinistra. E’ una forma di
militanza obbligata, un richiamo della fo-
resta, un parteggiare a prescindere per
qualcosa che non c’è più, un tributo alle
conquiste del mondo del lavoro, che qua-
rant’anni fa trovò il proprio statuto giu-
ridico e politico e quarantanni dopo ha
perso la sua realtà, il suo ubi consistam,
perfino la sua dignità ideologica.
Le persone onestamente di sinistra, co-
me la Fornero, hanno provato a rottama-
re, senza neppure riuscirci, un meccani-
smo di tutela archeologico per
sostituirvene uno robu-
sto ma flessibile (e molti
a ragione sostengono:
fortemente dirigista).
Non c’è alla fine riusci-
ta, però l’aver toccato
l’articolo 18, l’avere in-
franto il tabù l’ha per
sempre maledetta nelle
piazze “etnicamente” di
sinistra, quando la sua
riforma, ad essere one-
sti, è invece tutta di si-
nistra, nei pregi come
nei difetti.
Questo è il referen-
dum in sé. Un pellegrinaggio nell’eroico
album di famiglia del movimento politi-
co-sindacale. Un referendum stupido, co-
me quello sull’acqua, che quindi rischia
di riscuotere uno straordinario successo
in un elettorato che, non credendo più a
nulla, è disposto a credere a tutto e so-
I
prattutto ai miracoli. Attorno al referen-
dum non ruota solo la strategia di Ven-
dola, ma pure quella di Bersani.
Al Pd quel referendum serve, perché
gli consentirà di iscriversi domani – se fi-
nisce come sull’acqua – al partito dei vin-
citori, ma soprattutto perchè gli consente
oggi di tenere ancorato al baricentro “ber-
saniano” un partito e un’area elettorale
non solo divisa, ma estremizzata. Da una
parte i montiani, non così diversi alla fine
da quelli liberali e centristi. Dall’altra i
nostalgici. Il referendum serve parados-
salmente a “socialdemocratizzare” il Pd,
ma solo in senso negativo. Né con Ven-
dola, né con Ichino.
Renzi ha sul tema
un’occasione per dimo-
strare che la svolta che
promette e che galva-
nizza la base del Pd
non è solo civilmente
paragrillina, ma davve-
ro (come molti dei suoi
estimatori pensano)
blairiana. Fino ad ora
se l’è cavata dicendo
che a tenere o a toglie-
re l’articolo 18 non
cambia niente (un mo-
do molto furbo per di-
re una cosa molto scema) e che quindi
può essere sacrificato, ma anche no, per-
ché il problema è un altro. Da oggi in
poi gli sarà difficile cavarsela così spor-
tivamente.
CARMELO PALMA
Il referendum sull’art.18
sigla lo scontro nel Pd
Attorno alla raccolta
firme per la modifica
dell’articolo 18 ruotano
le strategie di Vendola
e Bersani.Mentre
Renzi ha l’occasione
per mostrare
la sua visione blairiana
Il lavoro non è un diritto
se conduce al fallimento
L’accezione di diritto
al lavoro che Fassina
trae dalla lettura
della Costituzione
condurrebbe
a una situazione
che nessuno può
ritenere praticabile
L’OPINIONE delle Libertà
GIOVEDÌ 13 SETTEMBRE 2012
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