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SOCIETÀ
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ColumbusDay: in scena l’orgoglio italoamericano
di
UMBERTO MUCCI
ttobre è il mese dell’Italian
heritage negli Usa e per cele-
brarlo si tengono festival e parate
in tutti gli stati. Il più importante
e popolare di questi eventi è senza
dubbio il Columbus Day di Man-
hattan, organizzato dalla Colum-
bus Citizen Foundation. Ne par-
liamo con il presidente della
Fondazione, Frank Fusaro.
Qual è la sua storia di Italoameri-
cano?
Sono molto orgoglioso di essere
al 100% italoamericano. I miei ge-
nitori sono nati negli Usa, ma i miei
nonni venivano dalla Campania. So-
no nato a Brooklyn dove vivevo in
una grande casa con altre 6 famiglie
imparentate con la mia, un’infanzia
tipicamente italoamericana. 38 anni
fa ho fondato la mia azienda, The
Forum Group, che si occupa di con-
sulenza e di selezione di personale;
tre anni fa ho avuto l’onore di essere
chiamato a presiedere la Columbus
Foundation.
Quali sono la storia, la missione e
le principali attività della fonda-
zione?
La Columbus Foundation nac-
que 68 anni fa quando un gruppo
di uomini d’affari, avvocati, medici
e professori di origine italoamerica-
na si unirono per celebrare il loro
orgoglio e amore verso l’Italia me-
diante una parata sulla quinta ave-
nue, a New York. Nel 1967 acqui-
stammo un edificio sulla 69esima
strada, e da quel momento ci fu una
forte crescita delle nostre attività:
oggi abbiamo 600 membri, tutti di
origine italiana. La nostra missione
è sia culturale che filantropica. Rap-
presentiamo e promuoviamo la cul-
tura, la storia e le esperienze degli
Italiani e degli Italoamericani. I pri-
mi che vennero qui vivevano tutti
insieme in spazi spesso molto limi-
tati e negli stessi quartieri, da Little
Italy o East Harlem a Manhattan,
ad Arthur Avenue nel Bronx o Red
Hook a Brooklyn. Ma di generazio-
ne in generazione, iniziando ad ave-
re migliori possibilità economiche,
molti di noi si spostarono in case
più grandi e in aree più vivibili, dove
O
era stata esclusa qualche anno fa per
mancanza di fondi. È stato molto
importante, perché questa riammis-
sione ha garantito di nuovo la pos-
sibilità di insegnare l’italiano nei licei
di tutti gli Stati Uniti, cosa impossi-
bile senza la capacità di dare crediti
per il college. Insieme ad altre isti-
tuzioni italoamericane siamo venuti
in Italia, e abbiamo raggiunto un ac-
cordo con il Governo tramite l’al-
lora Ambasciatore italiano negli Usa
e oggi ministro degli Esteri, Giulio
Terzi di Sant’Agata. Il governo ha
investito 2 milioni di dollari, noi del-
la Columbus Foundation ne abbia-
mo messi 500.000 mentre altri
500.000
sono stati dati dalla Natio-
nal Italian American Foundation.
In questi giorni sono in corso le ce-
lebrazioni in onore di Cristoforo
Colombo. Quali sono gli eventi che
organizzate a New York?
Gli eventi si sviluppano per una
settimana. I più importanti sono ini-
ziati sabato, con una serata in abito
scuro organizzata al Waldorf Astoria
che vede partecipare ogni anno
1100
persone. La domenica orga-
nizziamo una cerimonia a Colum-
bus Circle qui a Manhattan, in cui
onoriamo italoamericani poliziotti,
vigili del fuoco e lavoratori nei ser-
vizi pubblici municipali e di emer-
genza. Il lunedì è il giorno più im-
portante, e inizia con la messa nella
cattedrale di St. Patrick officiata dal
Cardinale di New York. Dopo la
messa inizia la parata. Si svolge lun-
go la quinta avenue ed è un evento
che dura 4/5 ore, di cui 3 in diretta
tv sul canale Wabc, con 25.000 per-
sone che marciano insieme a bande
musicali, carri, gruppi di rappresen-
tanza di diverse istituzioni e asso-
ciazioni, e un milione di persone che
assistono alla parata. Abbiamo rap-
presentanti istituzionali locali che
vengono dall’Italia, sebbene in nu-
mero minore che in passato per via
della crisi. Le principali autorità lo-
cali sono presenti: i governatori degli
Stati di New York e del New Jersey
Cuomo e Christie, il sindaco Blo-
omberg insieme ad alcuni assessori,
l’ambasciatore Italiano Bisogniero
è con noi.
Chi è il Grand Marshal, colui che fa
da cerimoniere della parata, que-
st’anno?
Quest’anno il Grand Marshal è
Mario Gabelli. Mario è cresciuto nel
Bronx, suo padre era un droghiere.
Ha frequentato la Fordham Univer-
sity e poi è andato a lavorare a Wall
Street dove in seguito ha aperto la
sua compagnia che si occupa di in-
vestimenti. Ha donato alla sua uni-
versità 25 milioni di dollari: da que-
st’anno alla Fordham University i
ragazzi potranno studiare alla Ga-
belli School of Business.
25
milioni di dollari sono tantissi-
mi…
È davvero molto, specialmente
in questa fase economica. Ma il sen-
timento di solidarietà è molto forte
fra di noi. Nel 2009 il Grand Mar-
shal fu Ken Langone, che ha donato
più di 200 milioni di dollari al New
York Medical Center (oggi Langone
Medical Center) presso la NewYork
University. Anche il Grand Marshal
dello scorso anno, Joe Plumeri, è un
grande filantropo che ha donato nu-
merosi milioni di dollari per progetti
di beneficenza e solidarietà. Tutti e
tre sono membri della Columbus
Citizens Foundation, e per questo
qualcuno ha criticato le nostre scelte,
dicendo che onoreremmo solo chi
ci è più vicino. Questo però non è
vero: fra i Grand Marshals degli an-
ni passati abbiamo avuto molti
grandissimi nomi, come Frank Si-
natra, Joe Di Maggio, Sofia Loren,
Mario Cuomo, Rudolph Giuliani e
molti altri. Ma nessuno può negare
che personalità di grande prestigio
come Gabelli, Langone e Plumeri
siano degli autentici eroi: ognuno di
loro ha radici molto modeste ed
umili, e si è costruito da solo il suo
successo. Sono Italoamericani pie-
namente orgogliosi delle loro radici,
che oggi generosamente donano
parte del loro patrimonio per aiutare
chi ne ha bisogno, ed è per questo
che siamo felici di nominarli Grand
Marshals. Tra quei 550 ragazzi alla
cui educazione stiamo provvedendo
sappiamo che ci possono essere i
nuovi Langone, Plumeri e Gabelli.
In questo periodo la statua di Cri-
stoforo Colombo a Columbus Cir-
cle, a Manhattan, è parte di un pro-
getto artistico del giapponese Tatzu
Nishi. Si tratta di un vero e proprio
salotto che l’artista ha costruito at-
torno alla statua di Colombo che è
in cima ad una colonna, a 21 metri
dal suolo. Questo progetto è stato
bocciato da alcuni italoamericani
che lo hanno ritenuto oltraggioso
verso Colombo e verso l’Italia…
Invece a me questo progetto pia-
ce. Nel 1987 la città di New York
era quasi in bancarotta, e quella me-
ravigliosa statua – che fu costruita
con i soldi degli immigrati Italoa-
mericani, è bene ricordarlo - era in
un tale stato di abbandono che si
pensava di recintarla per paura che
ne crollasse qualche pezzo in testa
a chi passava lì sotto. La Columbus
Foundation raccolse 400.000 dol-
lari, una cifra enorme per quell’epo-
ca, e li diede alla città per restaurare
adeguatamente la statua, e così fu
fatto. Nove mesi fa l’amministrazio-
ne comunale di New York ci ha sot-
toposto questo progetto, chieden-
doci di sponsorizzarlo. Noi lo
abbiamo valutato positivamente, a
prescindere che si definisca arte, op-
pure no: per me il concetto di arte
risiede negli occhi di ciascuno di noi,
non è assoluto. Abbiamo deciso di
non distogliere fondi dalle borse di
studio per finanziare il progetto, ma
abbiamo dato un parere favorevole
al progetto, a patto che la città si
impegnasse a restaurare parte della
statua, a distanza di 25 anni dal pri-
mo restauro. Ci sono un paio di per-
sone della comunità italoamericana
che vanno in tv a dire che il progetto
è un insulto a Cristoforo Colombo
ed è anti-italiano. Io non sono af-
fatto d’accordo con loro: non trovo
niente di anti-italiano nel fatto che
si è stanziato un milione di dollari
per restaurare la statua.
Noi riteniamo che gli Italiani al-
l’estero siano una fantastica risorsa
per il nostro Paese, non apprezzati
né valorizzati come meriterebbero.
Lei che è uno di loro, cosa pensa do-
vrebbe fare l’Italia per migliorare
questa situazione?
La prima cosa è quella di raccon-
tare e sostenere l’Italia nella maniera
giusta. L’Italia dovrebbe riuscire a
promuovere la sua arte, la sua cul-
tura, la sua bellezza, i suoi luoghi, i
suoi monumenti. Coloro che ven-
nero qui nel corso della grande emi-
grazione all’inizio dello scorso secolo
furono fra coloro che costruirono
materialmente l’America, e noi sia-
mo molto orgogliosi del loro duro
lavoro: ma tutta l’eccellenza italiana
nell’arte, nella scienza, nella cultura
non arrivò qui insieme a loro. E
quindi, gli Americani che non sono
mai stati in Italia hanno difficoltà
ad apprezzare tutte le magnifiche
eccellenze italiane e tante altre cose
che riguardano l’Italia: alcuni di lo-
ro, ad esempio, non sanno che dopo
la seconda guerra mondiale l’Italia
è stata una dei migliori alleati degli
Stati Uniti. Raccontare queste cose,
mostrare la nostra creatività e il no-
stro genio sicuramente aiuterebbe
anche noi Italoamericani: e ne
avremmo un gran bisogno per com-
battere gli stereotipi negativi con i
quali siamo descritti ma che non
meritiamo. Questo è di fatto ciò che
noi cerchiamo di fare nel corso della
parata, mostrando una piccola parte
della bellezza Italiana e dei numerosi
successi storici e culturali che il no-
stro paese può vantare nel corso del-
la sua storia.
Ottobre è il mese
dell’Italian heritage
negli Usa e per celebrarlo
si tengono festival
e parate in tutti gli stati.
Il più importante
e popolare di questi
eventi è senza dubbio
il Columbus Day
di Manhattan,
organizzato
dalla Columbus
Citizen Foundation.
Ne parliamo
con il presidente
della Fondazione,
Frank Fusaro
i nostri ragazzi incontrarono loro
coetanei di altre provenienze: la Co-
lumbus Foundation opera per ricor-
dare la nostra storia e la nostra espe-
rienza, e i successi che abbiamo
raggiunto nel corso degli anni. Me-
diante la nostra attività filantropica
diamo ogni anno circa 2 milioni di
dollari in borse di studio per ragazzi
italoamericani che ne hanno biso-
gno: abbiamo 550 alunni nei nostri
programmi. A gennaio, inoltre, sia-
mo stati a L’Aquila, dove abbiamo
donato 200.000 dollari a favore del-
le popolazioni vittime del terremoto.
Oltre a sviluppare programmi edu-
cativi, per le nostre attività culturali
spesso visitiamo musei dove si tro-
vano mostre di arte italiana; inoltre
portiamo con borse di studio artisti
italiani qui negli Usa, per apprendere
come migliorare il loro talento. Una
battaglia che abbiamo fatto e vinto,
insieme ad altre istituzioni, è stata
quella di riportare la lingua italiana
nell’Advanced Placement Program,
il sistema di insegnamento nei licei
americani dal quale la lingua italiana
L’OPINIONE delle Libertà
MARTEDÌ 9 OTTOBRE 2012
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