II
SOCIETÀ
II
Così il Made in Italy può conquistare la Florida
di
UMBERTO MUCCI
ianluca Fontani è il presidente
della Camera di commercio
italiana a Miami. Nel nostro viag-
gio fra i protagonisti dei rapporti
fra Italia e Stati Uniti, ci sembra
importante dare voce a chi presie-
de una istituzione fondamentale in
una delle zone più importanti per
il business in America.
Presidente Fontani, ci parli un po’
di lei. Da Firenze a Miami brucian-
do le tappe, data la sua giovane
età. E’ una conferma del perfetto
abbinamento tra creatività italiana
e ambiente di business americano?
38 anni, sposato e padre di Eli-
sa, nato e cresciuto a Firenze con
la passione dei viaggi. La mia pri-
ma società è stata fondata a Firen-
ze nel 1999, dove ancora ho diver-
se attività tutte legate al mondo
della comunicazione e marketing
sia on-line che off-line e dell’edi-
toria. Dal 2004 mi sono trasferito
a Miami, dove sono arrivato un
po’ per caso ma ho capito subito
le potenzialità che questa città of-
friva e continua ad offrire essendo
in costante evoluzione. Come tutti
i mercati quello americano ha le
sue regole e le sue dinamiche che
vanno capite, assecondate e seguite
per avere successo. Sicuramente la
creatività italiana e la “scuola” che
un imprenditore fa con le difficoltà
che spesso si riscontrano in Italia
sono una bella base di partenza
per sviluppare un business negli
Usa, dove la burocrazia è più sem-
plice e il mercato è molto più am-
pio sia per estensione geografica
che per valori numerici.
La Camera di commercio che pre-
siede ha quasi 200 aziende iscritte:
che aziende sono? Quali sono i ser-
vizi che fornite?
La Camera di Commercio Ita-
liana a Miami è attiva dal 1991.
Nel corso degli anni si sono affi-
dati a noi moltissime aziende pro-
venienti dall’Italia, per conoscere
le opportunità d’affari e per infor-
marsi sulle caratteristiche di questo
mercato. Forniamo guide orienta-
tive, liste di importatori-distribu-
tori, facciamo ricerche di mercato
G
ed organizziamo incontri B2B,
mettendo in contatto i produttori
italiani con compratori professio-
nali Usa. Attualmente le aziende
associate sono 190 e appartengono
a diversi settori: andiamo dal pic-
colo ristoratore fino alla filiale del-
la grande multinazionale. Sicura-
mente i settori tradizionali di
eccellenza del made in Italy sono
quelli piu rappresentati: in parti-
colare il settore casa-arredo, il set-
tore agroalimentare, quello dell’in-
dustria nautica, ma anche quello
dei servizi legali e finanziari. Mia-
mi è la seconda città degli Stati
Uniti per presenza di banche inter-
nazionali dopo New York.
Miami è la porta d’ingresso per il
Sud America e i Caraibi, ma anche
un eccezionale snodo commerciale
nel sudest degli Usa, nonché una
città dal grandissimo fascino, come
d’altronde tutta la Florida. Quali
sono i numeri che descrivono gli
scambi commerciali italiani con
quest’area, e cosa si può fare per
migliorarli?
Nel 2011 abbiamo assistito ad
una crescita delle esportazioni ita-
liane. L’economia americana sta
gradualmente riprendendo a cre-
scere e questo si nota ovviamente
anche nelle cifre dell’import-ex-
port. Il valore dei prodotti italiani
venduti in Florida ha superato i
1.200 milioni di dollari, ritornan-
do a cifre molto vicine a quelle di
prima della crisi del 2008. I pro-
dotti maggiormente venduti sono
quelli legati alla nautica da diporto
(yacht e componentistica), dove
l’Italia ha una leadership interna-
zionale. La Florida è uno dei primi
mercati al mondo per l’acquisto di
yacht: qui sono registrate più im-
barcazioni da diporto che in tutta
Europa. Altri prodotti caratteristici
delle nostre esportazioni sono
quelli della filiera agroalimentare
(soprattutto il vino ha fatto regi-
strare tassi di crescita a due cifre)
e quelli del comparto casa-arredo,
dove per i mobili di alta gamma
Miami rappresenta un polo distri-
butivo di primaria importanza sia
per il sudest degli Stati Uniti che
per tutta la regione latino-ameri-
cana. Da sottolineare poi l’impor-
tanza che quest’area riveste per il
comparto lusso italiano (alta moda
e gioielleria).
Come si caratterizzano gli italiani
e gli italoamericani che vivono nel
Sudest?
Bisogna fare una distinzione tra
l’emigrazione storica e quella più
recente. Gli italo-americani di terza
o quarta generazione sono oltre
un milione su una popolazione
complessiva di 19 milioni di abi-
tanti. Sono molto presenti in aree
come Fort Lauderdale, Tampa o
Sarasota. A Miami, invece, non c’è
una grande comunità italo-ameri-
cana tradizionale, ma a partire dal-
la fine degli anni novanta è arriva-
ta una nuova migrazione
composta soprattutto da giovani,
imprenditori, ricercatori. Si tratta,
quindi, di due comunità che si
muovono con logiche diverse tra
loro ma che sono accomunate da
un forte sentimento di appartenen-
za all’Italia e da un grande apprez-
zamento verso cio’ che l’Italia rap-
presenta dal punto di vista
culturale ed industriale. Poi biso-
gnerebbe parlare di una terza ca-
tegoria molto significativa a Mia-
mi,
ovvero
gli
italo/latino-americani emigrati ne-
gli ultimi 10-12 anni da paesi co-
me Venezuela, Colombia o Argen-
tina. Si tratta molto spesso di una
migrazione qualificata di studenti,
professionisti ed imprenditori. An-
che per loro il legame con l’Italia
rimane forte.
In qualità di presidente di una Ca-
mera di Commercio, le chiediamo
di aiutarci a capire come è visto
negli Stati Uniti il rapporto tra Ita-
lia e impresa: il made in Italy è
davvero (ancora) così forte?
Si, il made in Italy è un brand
che tutto il mondo ci invidia ed è
ancora molto forte negli Stati Uni-
ti. Certamente da solo non basta
per “sfondare”. Le aziende che vo-
gliono esportare in questo paese
devono necessariamente avere
un’organizzazione commerciale
impeccabile, basarsi su strategie di
marketing moderne, curare nei mi-
nimi dettagli l’assistenza al cliente,
soprattutto riguardo la puntualità
delle consegne delle merci. La bel-
lezza, il design o la bontà di un
prodotto da soli non bastano più
per decretare il successo in un mer-
cato esigente e competitivo come
quello Usa.
Che consiglio darebbe a chi vuole
prendere in considerazione di cer-
care lavoro o aprire un business a
Miami?
Per chi cerca lavoro purtroppo
esiste una barriera d’ingresso co-
stituita da una severa politica di
concessione dei visti. La nostra Ca-
mera di Commercio riceve gior-
nalmente richieste di informazioni
e curricula di giovani italiani de-
siderosi di fare un’esperienza ame-
ricana, ma la risposta per loro è
sempre la stessa: se non hai il visto
la missione è molto ardua. L’unico
consiglio è quello di contattare le
aziende italiane già presenti su
questo territorio e verificarne la di-
sponibilità a sponsorizzare un visto
di internship o lavoro per il can-
didato. Per chi è qualificato le pro-
babilità sono più alte. La nostra
Camera di Commercio mette co-
munque a disposizione di chi cerca
di trasferirsi una guida orientativa
che è un primo strumento utile per
intraprendere questo percorso. Per
chi invece vuole investire in Florida
ci sono sicuramente molte oppor-
tunità e facilitazioni, si pensi solo
che per che aprire una società i
tempi richiesti sono solamente di
qualche giorno. Da questo punto
di vista c’è un abisso tra la buro-
crazia americana e quella italiana.
Inoltre le agenzie di sviluppo eco-
nomico delle varie Contee offrono
incentivi e agevolazioni per chi
crea occupazione in questo mo-
mento e come Camera di Com-
mercio abbiamo creato e parteci-
pato a missioni e stretto accordi
con queste agenzie proprio per
sfruttare al massimo questi incen-
tivi per le aziende italiane che si
vogliono espandere in questo mer-
cato.
Il sistema dell’internazionalizza-
zione italiana è in continuo cam-
biamento. Dal maggiore apporto
degli uffici commerciali delle Am-
basciate alla riforma dell’Ice, dalla
crescita del ruolo delle Camere alla
soppressione del ministero per il
Commercio estero, fino alle mis-
sioni commerciali poco coordinate
dei tanti enti locali: da imprendi-
tore italiano all’estero e presidente
della Camera italiana a Miami, co-
sa direbbe a chi sta lavorando nella
nuova cabina di regia istituzionale
su questo argomento?
È fondamentale ristrutturare
l’intero sistema dell’internaziona-
lizzazione delle imprese tenendo
conto delle indicazioni delle asso-
ciazioni di aziende che operano
all’estero. Troppo spesso vediamo
azioni non coordinate da parte di
enti locali ed altre organizzazioni
italiane. Vanno eliminati sprechi,
iniziative che hanno poco senso
dal punto di vista commerciale, si-
nergie non colte. Ritengo che le
Camere di commercio italiane al-
l’estero abbiano dato prova di af-
fidabilità, uso oculato delle risorse
(poche) messe a loro disposizione,
efficacia commerciale e soprattutto
conoscenza del territorio. Superan-
do grandissime ristrettezze finan-
ziarie cerchiamo di promuovere il
nostro export con tante piccole
azioni quotidiane. Siamo un punto
di riferimento importante per il
mondo produttivo, pur ricevendo
dal governo solo una percentuale
minima di copertura delle nostre
spese di gestione: il resto, il 90%,
ce lo autofinanziamo attraverso
quote associative e vendita di ser-
vizi. Siamo soggetti che nascono
dal mercato che per forza di cose
devono far bene il proprio lavoro,
altrimenti ne escono: questo ci dà
una spinta al miglioramento con-
tinuo che ci rende unici nel pano-
rama del Sistema Italia. Penso sia
giunto il momento che le Camere
di commercio italiane all’estero
siano considerate a Roma come un
asset per l’Italia, antenne vitali per
la nostra comunità d’affari. Spero
quindi, da imprenditore, che la ca-
bina di regia riesca a coordinare
con efficacia tutte le parti coinvolte
nel processo di internazionalizza-
zione evitando gli sprechi e otti-
mizzando le risorse, mentre da pre-
sidente di una Camera italiana
all’estero mi auguro che le Camere
vengano sempre più considerate e
coinvolte nelle attività promozio-
nali nate a livello centrale ma svol-
te nelle aree di loro competenza.
Intervista a Gianluca
Fontani, presidente
della Camera
di commercio italiana
aMiami: «Penso
sia giunto il momento
che le Camere
di commercio italiane
che operano
all’estero siano
considerate a Roma
come un asset
per l’Italia, antenne vitali
per la nostra comunità
d’affari».
Per chi vuole investire
in Florida ci sono
sicuramente molte
opportunità
e facilitazioni «si pensi
solo che per che aprire
una società i tempi
richiesti sono solamente
di qualche giorno.
Da questo punto
di vista c’è un abisso
tra la burocrazia
americana
e quella italiana.
Inoltre le agenzie
di sviluppo economico
delle varie contee
offrono incentivi
e agevolazioni per chi
crea occupazione»
L’OPINIONE delle Libertà
GIOVEDÌ 9 AGOSTO 2012
4