II
        
        
          SOCIETÀ
        
        
          II
        
        
          Una breve storia del sistema sanitario nazionale
        
        
          di
        
        
          
            ALDO SPALLONE
          
        
        
          
            In questa seconda puntata, Aldo
          
        
        
          
            Spallone riassume altri punti cruciali
          
        
        
          
            del suo diario. Nei passi che seguono
          
        
        
          
            ha cercato di ricostruire la storia del-
          
        
        
          
            l’introduzione del “Sistema sanitario
          
        
        
          
            nazionale”. Soprattutto l’impatto che
          
        
        
          
            il processo ebbe nell’organizzazione
          
        
        
          
            sanitaria del Lazio, di Roma in par-
          
        
        
          
            ticolare. Spallone, come neurochirur-
          
        
        
          
            go e ricercatore, analizza un processo
          
        
        
          
            che è stato da lui vissuto in prima
          
        
        
          
            persona. Rammentiamo che nei suoi
          
        
        
          
            lunghi soggiorni in Russia ed Usa,
          
        
        
          
            dove ebbe modo di conoscere perso-
          
        
        
          
            nalmente i numi tutelari della dottri-
          
        
        
          
            na sanitaria sovietica come del siste-
          
        
        
          
            ma assicurativo americano, fece
          
        
        
          
            propri input e suggerimenti per cor-
          
        
        
          
            reggere le anomalie italiane.
          
        
        
          l mio scritto non pretende d’essere
        
        
          altro all’infuori d’un racconto.
        
        
          Fatti, situazioni e circostanze che ho
        
        
          cercato di narrarvi nel modo più
        
        
          obiettivo possibile. Affinché il lettore
        
        
          possa avere a disposizione gli ele-
        
        
          menti per formulare un proprio giu-
        
        
          dizio. In particolare per compren-
        
        
          dere, almeno per grandi linee, come
        
        
          è stato prodotto il colossale deficit
        
        
          della sanità laziale. Come accennato
        
        
          nella premessa, a questo scritto se-
        
        
          guirà una mia disamina scientifica
        
        
          sulla storia più recente del “Sistema
        
        
          sanitario” della nostra regione. Cor-
        
        
          re obbligo rammentare che ancora
        
        
          negli anni ‘60 la burocrazia sanitaria
        
        
          era scarsa. La logica del mercato era
        
        
          preminente ma non prevaleva, al-
        
        
          meno in apparenza, sull’interesse del
        
        
          malato: anche perché il medico ita-
        
        
          liano, di qualunque categoria facesse
        
        
          parte, aveva un atteggiamento d’at-
        
        
          tenzione quasi religiosa nei confronti
        
        
          della sofferenza, che gli derivava dal-
        
        
          la sua stessa formazione (almeno
        
        
          così come essa veniva imposta dai
        
        
          maestri di quel periodo). Questo fat-
        
        
          to costituiva un correttivo impor-
        
        
          tante nei confronti delle potenziali
        
        
          criticità del sistema. C’erano ovvia-
        
        
          mente esempi di medici imprendi-
        
        
          tori, molto più imprenditori che me-
        
        
          dici (si ricordi il medico della mutua
        
        
          interpretato magistralmente da Al-
        
        
          berto Sordi) ma erano eccezioni.
        
        
          
            I
          
        
        
          Contemporaneamente, iniziative di
        
        
          questo tipo venivano intraprese an-
        
        
          che da enti religiosi, come conse-
        
        
          guenza della naturale inclinazione
        
        
          della Chiesa ad occuparsi della sa-
        
        
          lute dell’uomo: atto di carità e sol-
        
        
          lievo dalla sofferenza, ma anche pro-
        
        
          pensione naturale a proporre
        
        
          soluzioni proprie ad un mercato che
        
        
          si stava formando, quello appunto
        
        
          dei mutuati, diverso dai potenziali
        
        
          utenti del sistema ospedaliero roma-
        
        
          no controllato dal Pio Istituto. Il fat-
        
        
          to che Roma, la capitale, fosse la cit-
        
        
          tà più popolosa d’Italia, ma anche
        
        
          il centro di attrazione principale per
        
        
          i pazienti di tutto il paese (a parte
        
        
          chi cercava la soluzione dei propri
        
        
          problemi sanitari all’estero) era la
        
        
          logica di deregulation che vigeva al-
        
        
          lora: stimolò la nascita di diverse re-
        
        
          altà sanitarie private, che cercavano
        
        
          e trovavano accordi convenzionali
        
        
          con le Mutue. Questo comportò
        
        
          che, al momento della nascita del
        
        
          Ssn, si trovò a dover assorbire, nel
        
        
          Lazio, una quantità di strutture con-
        
        
          venzionate decisamente sproporzio-
        
        
          nata rispetto al resto del paese. Inol-
        
        
          tre la presenza di un’importante
        
        
          componente di cliniche di proprietà
        
        
          di Enti religiosi, cosa del tutto com-
        
        
          prensibile data la presenza radicata
        
        
          del Vaticano nel tessuto sociale ed
        
        
          economico del Lazio, e la conse-
        
        
          guente naturale influenza della Chie-
        
        
          sa cattolica, complicava ulteriormen-
        
        
          te il panorama che la profonda
        
        
          opera riformatrice intendeva rego-
        
        
          lamentare.
        
        
          Nel 1978 fu varata la legge di ri-
        
        
          forma della Sanità Italiana, introdu-
        
        
          ceva il concetto di “Sistema sanitario
        
        
          nazionale”. Il primo effetto visibile
        
        
          della riforma fu l’introduzione di re-
        
        
          gole organizzative fino ad allora sco-
        
        
          nosciute. Se prima per aprire una
        
        
          struttura clinica era sufficiente il per-
        
        
          messo del “Medico provinciale”, e
        
        
          per avere una convenzione era suf-
        
        
          ficiente accordarsi con una mutua,
        
        
          con l’introduzione del sistema tutto
        
        
          veniva regolamentato, e rigidamente.
        
        
          Con regole e norme sempre più
        
        
          complesse, le quali richiedevano una
        
        
          conoscenza sempre più approfon-
        
        
          dita delle stesse, ed anche sempre
        
        
          più personale specializzato per stu-
        
        
          diarle, proporle, applicarle, verifi-
        
        
          carle. Lo scrivente ha vissuto, e da
        
        
          giovane medico, questa trasforma-
        
        
          zione epocale. E’ stato allora che
        
        
          questo personale che ha cominciato
        
        
          a popolare gli uffici delle neonate
        
        
          organizzazioni, messe in piedi per
        
        
          fare funzionare il Ssn: all’epoca ap-
        
        
          pellate in varie maniere, ma che era-
        
        
          no gli embrioni delle attuali Asl. Uf-
        
        
          fici costituiti da un esercito di
        
        
          funzionari dei vari partiti e sindacati,
        
        
          di scarsissima professionalità, ai
        
        
          quali era stato deciso di dare uno
        
        
          stipendio fisso. Successivamente due
        
        
          leggi nazionali, una di stampo libe-
        
        
          rale (aziendalistico) la 502 varata
        
        
          nel 1992 su proposta dell’allora mi-
        
        
          nistro De Lorenzo, e l’altra più ri-
        
        
          gida, la 229 approvata su proposta
        
        
          del Ministro Bindi nel 1999: hanno
        
        
          inteso regolamentare ed adeguare il
        
        
          sistema ai tempi, definendo nei det-
        
        
          tagli i suoi meccanismi di funziona-
        
        
          mento. Il tempo ha certamente af-
        
        
          finato i processi, i funzionari
        
        
          coinvolti hanno sviluppato indub-
        
        
          biamente una propria professiona-
        
        
          lità, giustificata dalla stessa comples-
        
        
          sità del sistema. E’ naturale chiedersi
        
        
          quanto tutto questo abbia una giu-
        
        
          stificazione obiettiva, e quanto que-
        
        
          sta complessità burocratica (con cui
        
        
          gli operatori devono fare i conti tutti
        
        
          i giorni) non sia risultato di mera
        
        
          autoreferenzialità.
        
        
          Chi scrive ha toccato con mano
        
        
          la nuova realtà delle Ssn. Quando a
        
        
          metà degli anni ’80 cominciava a la-
        
        
          vorare presso l’Ospedale Sant’Eu-
        
        
          genio: il nosocomio aveva stipulato
        
        
          un accordo convenzionale con l’Uni-
        
        
          versità di “Tor Vergata” (allora di
        
        
          recente istituzione), presso la quale
        
        
          lo scrivente afferiva dopo essere tor-
        
        
          nato da un lungo periodo trascorso
        
        
          negli USA . In precedenza avevo la-
        
        
          vorato presso il Policlinico Umberto
        
        
          I, dove le varie cattedre funzionava-
        
        
          no in totale autonomia: in genere
        
        
          svolgevano un’ attività clinica che
        
        
          si completava nel corso della mat-
        
        
          tinata, i pomeriggio era riservato
        
        
          all’attività privata. In quegli anni
        
        
          vissuti al Sant’Eugenio, vidi prendere
        
        
          corpo l’immagine della burocrazia
        
        
          sanitaria, rappresentata da un nu-
        
        
          mero imprecisato di figure, e con
        
        
          competenze che frequentemente s’in-
        
        
          crociavano, capitanate da uno stra-
        
        
          no organismo che si chiamava “Co-
        
        
          mitato di gestione”, in cui erano
        
        
          presenti (e comandavano) i vari par-
        
        
          titi, i cui rappresentanti non sempre
        
        
          (anzi quasi mai) erano all’altezza dei
        
        
          compiti loro assegnati.
        
        
          Come si è detto sopra, il sistema
        
        
          si è evoluto, come in genere si è evo-
        
        
          luta la società, attraverso processi
        
        
          di trasformazione, evidenziati dalle
        
        
          scelte politiche del momento. Le Usl
        
        
          sono diventate Asl, gli ospedali mag-
        
        
          giori sono diventati aziende auto-
        
        
          nome, i Comitati di gestione sosti-
        
        
          tuiti da un’organizzazione di tipo
        
        
          aziendale al cui il vertice viene posta
        
        
          una triade con competenze ben spe-
        
        
          cificate. Nel frattempo il personale
        
        
          ha acquisito una professionalità pro-
        
        
          pria, che consente di utilizzare regole
        
        
          utili a muovere i processi. Ma i ri-
        
        
          sultati non sempre sono buoni. Per-
        
        
          ché i tempi della burocrazia non so-
        
        
          no mai certi, e la trasparenza è un
        
        
          miraggio, come suggerito chiara-
        
        
          mente dai numerosi scandali che ci-
        
        
          clicamente affliggono la sanità e che
        
        
          in tempi recentissimi hanno costi-
        
        
          tuito la ragione principale della ca-
        
        
          dute anzitempo delle due più rap-
        
        
          presentative Giunte regionali
        
        
          Un impatto fondamentale nel
        
        
          processo di implementazione del Ssn
        
        
          è stato indubbiamente rappresentato
        
        
          dalla legge di riforma 229/99, pro-
        
        
          posta dall’allora ministro Onorevole
        
        
          Bindi. Risale alla fine degli anni ’90,
        
        
          ancor più della precedente legge
        
        
          502/92, che la legge “Bindi” inten-
        
        
          deva appunto “riformare”. Quello
        
        
          di aver fatto progredire un difficile
        
        
          processo, che avrebbe dovuto por-
        
        
          tare a maturazione un sistema com-
        
        
          plesso di organizzazione sanitaria,
        
        
          costituisce un indubbio merito della
        
        
          legge e di chi l’ha proposta. Parecchi
        
        
          anche i demeriti, in genere legati alla
        
        
          visione assolutista ed integralista con
        
        
          cui fu concepita. Una visione nella
        
        
          quale per il privato non c’era spazio,
        
        
          senza a tale proposito considerare
        
        
          minimamente le notevoli implica-
        
        
          zioni ed i notevoli carichi economici
        
        
          che una scelta del genere avrebbe
        
        
          comportato. Il fallimento della co-
        
        
          siddetta “Legge Bindi”  è a tutti evi-
        
        
          dente  e da tutti riconosciuto, ad ec-
        
        
          cezione forse di chi l’ha proposta.
        
        
          Basta citare due fatti: il controllo fe-
        
        
          roce e vessatorio che essa imponeva
        
        
          a chi, dipendente pubblico, svolgeva
        
        
          attività privata, ed a cui ha fatto se-
        
        
          guito, come reazione, il fatto che, in
        
        
          tempi diversi e con un’atmosfera di-
        
        
          versa, molti medici dipendenti pub-
        
        
          blici attualmente non hanno remore
        
        
          nell’indirizzare verso una  struttura
        
        
          totalmente privata chi non vuole
        
        
          sopportare una lunga lista d’attesa
        
        
          (e da nessuno controllata). L’enorme
        
        
          spreco di denaro pubblico, gettato
        
        
          via per costruire i cosiddetti spazi
        
        
          per l’attività intramoenia dei medici
        
        
          dipendenti di strutture pubbliche,
        
        
          che non ha portato a nulla, perché
        
        
          nulla o quasi è stato costruito.
        
        
          Quando sarebbe stato possibile at-
        
        
          tribuire tale funzione alle cliniche
        
        
          convenzionate presenti all’epoca,
        
        
          che così si sarebbero automatica-
        
        
          mente riconvertite (il tutto a costo
        
        
          zero, mentre la cifra stanziata per la
        
        
          costruzione degli spazi per l’attività
        
        
          intramuraria si aggirava intorno ai
        
        
          due miliardi di euro). Non ci sareb-
        
        
          be stato bisogno di molta fantasia,
        
        
          perché bastava copiare la Grecia.
        
        
          (2/continua)
        
        
          In questa seconda
        
        
          puntata del suo
        
        
          “diario sanitario”
        
        
          Aldo Spallone
        
        
          ricostruisce
        
        
          la travagliata storia
        
        
          dell’introduzione
        
        
          del “Sistema sanitario
        
        
          nazionale”. Soprattutto
        
        
          l’impatto che il processo
        
        
          ebbe nell’organizzazione
        
        
          sanitaria del Lazio,
        
        
          di Roma in particolare.
        
        
          Spallone,
        
        
          come neurochirurgo
        
        
          e ricercatore,
        
        
          analizza un processo
        
        
          che è stato da lui
        
        
          vissuto in prima
        
        
          persona. Ricordiamo
        
        
          che nei suoi lunghi
        
        
          soggiorni in Russia
        
        
          ed Usa, dove ebbe
        
        
          modo di conoscere
        
        
          personalmente i numi
        
        
          tutelari della dottrina
        
        
          sanitaria sovietica
        
        
          come del sistema
        
        
          assicurativo americano,
        
        
          fece propri input
        
        
          e suggerimenti
        
        
          per correggere
        
        
          le anomalie italiane
        
        
          
            L’OPINIONE delle Libertà
          
        
        
          VENERDÌ 8 FEBBRAIO 2013
        
        
          
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