II
ESTERI
II
Bill Clinton giustifica Obama
La crisi?Tutta colpa del Gop
di
STEFANO MAGNI
li ex presidenti democratici
danno il loro endorsement a
Barack Obama e sperano in lui. Il
giorno dopo l’intervento video di
Jimmy Carter, ieri era il turno di Bill
Clinton.
Carter, se vogliamo fare i super-
stiziosi, sta portando sfortuna a
Obama. Lo ha infatti paragonato a
se stesso: «Trentasei anni fa, nel bi-
centenario della nostra nazione, ho
accettato la vostra nomination di
candidato presidente degli Stati Uniti
– ha detto Carter – Dissi che l’Ame-
rica aveva bisogno di un presidente
capace di condividere i vostri sogni,
che fosse capace di assorbire la forza
e la saggezza da tutti voi americani.
Signore e signori, sia adesso che i
prossimi quattro anni, abbiamo que-
sto leader alla Casa Bianca». Carter,
nel 1980, non fu rieletto alla Casa
Bianca. La sua amministrazione è
tuttora ricordata come una delle me-
no efficaci e popolari della storia re-
cente degli Stati Uniti.
Bill Clinton è stato certamente
un esempio di maggiore successo.
Eletto nel 1992, è stato riconfermato
nel 1996, nonostante la bruciante
sconfitta subita alle elezioni di medio
termine (per il rinnovo di parte del
Congresso) del 1994. Nel 2000,
quando si presentò il suo vice Al
Gore, Bush riuscì a batterlo di un
soffio, dopo il riconteggio dei voti
G
in Florida, in una tornata elettorale
la cui regolarità fa ancora discutere.
Bill Clinton, nella Convention di
Charlotte, ha gettato, a favore di
Obama, il suo peso di presidente in-
vitto. Prende atto della difficoltà eco-
nomica in cui si trovano, oggi, gli
Stati Uniti, dopo quattro anni di am-
ministrazione democratica. Ma giu-
stifica questi risultati facendo pre-
sente le condizioni in cui Obama ha
assunto l’incarico: «…eletto solo sei
settimane dopo il peggior collasso
dai tempi della Grande Depressio-
ne». L’altra giustificazione è la non-
collaborazione dei Repubblicani al
Congresso: «Avremmo potuto fare
meglio- dice Clinton – se i Repub-
blicani non avessero bloccato il pia-
no presidenziale per il lavoro, cosa
che è costata alla nostra economia
la perdita di 1 milione di posti di la-
voro. Ma ecco un’altra statistica:
Obama ha creato 4,5 milioni di po-
sti di lavoro. I Repubblicani al Con-
gresso: 0». Clinton passa poi ad
elencare le opportunità di impiego
create o salvate dall’amministrazio-
ne: 250mila posti di lavoro nel set-
tore automobilistico, altri 250mila
nel settore manifatturiero… oltre a
possibili altri 500mila posti in più
nel nuovo settore delle energie rin-
novabili, nei prossimi 20 anni. Un
mercato, però, che non sta in piedi
sulle sue gambe, ma richiede aiuti
di Stato. Quindi: tasse.
Bill Clinton sposa senza riserve
la visione dell’America del XXI Se-
colo di Barack Obama: «Una na-
zione dalle opportunità condivise,
dalle responsabilità condivise, dalla
prosperità condivisa e dal condiviso
senso di comunità». E così facendo,
supera (o rinnega del tutto) quello
che fu il segreto del suo successo:
coniugare gli ideali progressisti con
il libero mercato. Clinton fu un
“neo-liberal”, in grado di mantenere
intatta la riforma economica di Rea-
gan aggiungendovi leggeri interventi
di Stato a favore della crescita. Spo-
sando la ricetta di Obama, anche
Clinton dimostra di voler accettare
il nuovo volto, molto più socialista,
del Partito Democratico. E con que-
sto si capisce perché i Repubblicani
(come lamenta Clinton) non voglia-
no più collaborare con spirito bi-
partisan.
Pakistan, espulsa Ong “connivente” con gli Usa
K
Pakistan, il personale straniero dell’Ong “Save the Chil-
dren” è stato espulso. Dell’organizzazione era membro il medico
che (più o meno consapevolmente) aiutò la Cia a trovare Bin Laden
L’Iran sta superando la“linea rossa”del nucleare
l rapporto dell’Aiea (Agenzia In-
ternazionale per l’Energia Atomi-
ca) sull’Iran è più allarmante di
quanto non si credesse. Ed è l’ulte-
riore dimostrazione che le sanzioni
non funzionano. Né, finora, la di-
plomazia ha portato a qualche ri-
sultato. Il regime di Teheran, in pra-
tica, risulta tecnicamente molto
vicino alla realizzazione della sua
prima bomba atomica. Possiede già
materiale fissile sufficiente a fabbri-
care 6 ordigni. E sta rapidamente
trasferendo il programma nel sito
di Fordow che, essendo scavato in
una montagna, risulterebbe immune
ad un eventuale bombardamento
israeliano. Infine: entro un anno, ad
Arak, sarà pronto un nuovo reat-
tore ad acqua pesante in grado di
produrre plutonio, altra materia pri-
ma per le testate nucleari.
Il rapporto sarà presentato nel
prossimo vertice dell’Aiea, previsto
per il 10-14 settembre a Vienna. Sa-
rà sicuramente oggetto di polemiche
e dibattito all’Onu. C’è da atten-
I
dersi che la reazione statunitense
consisterà, soprattutto, nel proporre
nuovi pacchetti di sanzioni. In vista
delle elezioni, quale presidente si
lancerebbe in avventure militari?
Eppure il governo Netanyahu, in
Israele, dall’inizio di questo mese,
chiede a gran voce di fissare, una
volta per tutte, «una linea rossa»,
superata la quale, la comunità in-
ternazionale «mostri la sua risolu-
tezza». Sempre che, l’Iran, questa
linea rossa non l’abbia già passata.
Secondo le stime dell’Aiea, l’Iran
ha già prodotto 6.876 kg di uranio
arricchito al 5%, utile per alimen-
tare un reattore nucleare, ma non
ancora per costruire armi atomiche.
Oltre a questo materiale, vi sareb-
bero già in magazzino anche altri
186 kg di uranio arricchito al 20%,
un grado di raffinazione ancora in-
sufficiente per l’uso militare. Dove
sarà il problema, verrebbe da chie-
dere? Sarà tutto nella capacità di
produzione iraniana. Secondo gli
esperti dell’Agenzia, infatti, basta
un periodo di tempo relativamente
breve, dai 2 ai 6 mesi, per raffinare
le attuali scorte di uranio iraniano
(sia quello arricchito al 5%, sia
quello al 20%) e portarle al 90%
di arricchimento, ottenendo il ma-
teriale necessario alla costruzione
delle testate nucleari. Non è solo un
problema di quantità e velocità, ma
anche di capacità di sopravvivenza
di tutto il programma. Per Israele,
nel 1981, fu relativamente facile an-
nientare il programma nucleare di
Saddam Hussein, perché era con-
centrato in un unico sito nel deserto
(Osirak), vulnerabile ad un bom-
bardamento aereo. Durante questa
estate, invece, l’Iran ha raddoppiato
il numero delle sue centrifughe (con
cui l’uranio viene arricchito) nel sito
sotterraneo di Fordow, da 1064 che
erano alle attuali 2140. Fordow, co-
me detto, è invulnerabile ad un
bombardamento israeliano. Solo
una bomba ad alta penetrazione
Gbu-57B potrebbe (ma è ancora
tutto da vedere) danneggiare il sito.
E l’aviazione di Israele non dispone
di Gbu-57B, ordigni di ultima ge-
nerazione che solo gli Usa hanno
schierato. Considerando che un
bombardamento statunitense, al-
meno nel breve periodo, è fuori di-
scussione, gli iraniani ritengono, a
ragione, di avere messo al riparo il
loro programma nucleare.
Benché il regime di Teheran ri-
peta fino alla nausea che il suo nu-
cleare è “pacifico” (l’uranio arric-
chito al 20%, secondo la versione
ufficiale, è destinato al solo uso me-
dico), l’Aiea lamenta di non poter
accedere al sito di Parchin, dove,
pare, si stiano già sperimentando le
testate atomiche. In quella località,
chiusa agli occhi “indiscreti” del-
l’Onu, sarebbero stati condotti test
con esplosivi convenzionali, utili a
capire e affinare il funzionamento
di ogive nucleari.
Infine, il nuovo reattore ad ac-
qua pesante di Arak costituisce un
pericolo potenziale. Se dovesse es-
sere inaugurato entro la fine del-
l’anno prossimo, come previsto da
Teheran, permetterebbe di accumu-
lare scorte di plutonio (con cui si
possono fabbricare altre testate nu-
cleari) senza passare dall’ingom-
brante processo di arricchimento
dell’uranio. In pratica l’Iran si assi-
curerebbe un mezzo di produzione
di massa per armi di distruzione di
massa.
Per ulteriore sicurezza, onde evi-
tare che il programma atomico ven-
ga distrutto quando è ancora in fase
di costruzione, l’Iran sta comple-
tando anche un nuovo sistema di
difesa anti-aerea e anti-missile, ca-
pace di respingere un attacco da
qualsiasi provenienza. La Russia si
era rifiutata di vendere al regime di
Teheran gli S-300, missili anti-aerei
schierati dall’Urss nel 1979 e per-
fezionati nell’ultimo trentennio. Ma
le forze armate di Teheran, stando
a quanto ha dichiarato ieri dal ge-
nerale Farzad Ermayeeli, si stando
dotando del proprio missile “Ba-
var”, di produzione propria, in gra-
do di sopperire alla mancanza dei
vecchi sistemi russi. Secondo il ge-
nerale iraniano, un terzo del pro-
gramma “Bavar” è già completo.
La finestra di opportunità per
un attacco israeliano, dunque, sa-
rebbe quasi del tutto chiusa se il
rapporto Aiea dovesse risultare cor-
retto. Il presidente Mahmoud Ah-
madinejad pare rendersene conto.
Intervistato dalla Tv di Stato ira-
niana, mercoledì sera, ha lamentato
il fatto di non potersi candidare per
la terza volta, nelle prossime presi-
denziali del 2013. E, secondo alcu-
ni, starebbe preparando qualche
trucco per restare al potere dietro
le quinte, come Putin fece nel 2008
in Russia. Motivo di tutto questo
affanno potrebbe essere semplice
fame di potere. Ma anche la con-
vinzione che nel 2013, o poco oltre,
può accadere qualcosa di “specia-
le”.
(ste. ma.)
I risultati dell’economia
sono da record negativo.
Ma, per l’ex presidente,
Obama ha già fatto sin
troppo, considerando le
condizioni difficili in cui
ha dovuto operare la sua
amministrazione
Teheran ha accumulato
abbastanza materiale
fissile per almeno
6 bombe atomiche
Impianti nelle montagne
e nuovi missili anti-aerei
Bavar renderebbero
vano un raid israeliano
L’OPINIONE delle Libertà
VENERDÌ 7 SETTEMBRE 2012
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