II
ESTERI
II
BasharAssad rimane da solo
Anche il suo premier lo lascia
di
MARIA FORNAROLI
ashar al Assad, il dittatore si-
riano, è stato abbandonato per-
sino dal suo premier. Dopo le defe-
zioni dei primi ambasciatori e
generali, adesso tocca al capo del
governo, Riad Hijab, voltare le
spalle al regime di Damasco e ripa-
rare in una località tuttora ignota.
Come in altri casi di defezione (ad
esempio il pilota di un Mig-21 at-
terrato in Giordania), anche Hijab
è un sunnita ed è nativo di Deir Ez-
zor, la città della Siria orientale, non
lontana dal confine con l’Iraq, coin-
volta nella rivoluzione sin dai primi
mesi. In un conflitto che, ogni gior-
no che passa, diventa sempre più
religioso, un sunnita come Hijab
non avrebbe più potuto guidare un
governo, al servizio di una dittatura
militare alawita, che massacra quo-
tidianamente i suoi correligionari.
La motivazione religiosa traspa-
re anche nella sua prima dichiara-
zione ufficiale di diserzione: «Oggi
dichiaro di aver disertato da questo
regime terrorista e criminale e di
essermi unito alla santa rivoluzione.
Io dichiaro che, da oggi, sono un
soldato di questa santa rivoluzio-
ne». Come molti altri disertori, an-
che l’ex premier siriano denuncia
un “genocidio” in corso: «Mi rivol-
go a voi, oggi, in queste ore cruciali
– inizia il suo comunicato - in cui
il Paese vive sotto il peso di un ge-
B
nocidio e di omicidi di massa con-
tro civili innocenti che chiedono so-
lo libertà e una vita dignitosa».
La sua non sarebbe stata nep-
pure l’unica diserzione del giorno.
Infatti, anche il ministro delle Fi-
nanze di Damasco, Muhammad
Jleilati, ha tentato la fuga all’estero,
ma è stato arrestato prima che po-
tesse riuscirvi.
Come mai questa accelerazione
nel disfacimento dello stesso gover-
no siriano? La situazione sul campo
non sembra cambiata di molto, ri-
spetto alle settimane scorse. L’eser-
cito ha di nuovo combattuto nelle
vie di Damasco, ma da ieri la situa-
zione nella capitale appare sotto
controllo. Gli insorti hanno sferrato
un poderoso colpo di coda, con un
attentato contro la sede della Tv di
Stato, costato 3 feriti. Per poco non
uccideva il ministro dell’Informa-
zione, Omran al Zoabi, sfuggito al-
la morte per miracolo. Ad Aleppo
prosegue la lunga guerriglia metro-
politana per il controllo della più
popolosa città della Siria. Gli insorti
hanno fatto progressi, fra sabato e
domenica, conquistando (a detta
loro) più di metà del centro urbano.
L’esercito regolare non è sconfitto
su quel fronte, ma comunque è co-
stretto a schierarvi 20mila uomini,
fra cui le sue migliori unità, drenan-
do gli altri settori. Combattimenti
si sono di nuovo riaccesi a Hama.
In ogni caso, non si può dire che il
regime di Damasco abbia perso il
controllo della situazione. E nem-
meno di una singola regione.
Le cause del disfacimento del re-
gime andrebbero, piuttosto, cercate
all’estero. Non nell’Onu che (causa
veti di Cina e Russia) non è ancora
riuscito a partorire alcuna risolu-
zione. Ma nella regione mediorien-
tale, dove è ormai completa la coa-
lizione anti-Assad: Turchia, Arabia
Saudita, Qatar, Kuwait, Giordania,
lo stesso Libano (nonostante Hez-
bollah) costituiscono un “cordone
sanitario”, arabo sunnita, che cir-
conda il regime di Assad e preme
sempre più ai suoi confini. L’Iran è
lontano. La Russia stessa non di-
mostra di essere ancora così ferma
nel suo sostegno ad Assad. Quindi,
ad appoggiare il dittatore, c’è ormai
tutto da perdere.
Usa, veterano uccide i Sikh. Polemica sulle armi
K
Irruzione in un tempio Sikh a Oak Creek (Milwaukee): 6
morti, 3 feriti gravi. Il killer è stato ucciso dalla polizia e identificato
in Wade Michael Page, veterano dell’esercito Usa
Se i privati iniziano
a farci sognareMarte
Sunnita e originario
della città ribelle di Deir
Ezzor, il premier Hijab
lascia il potere e passa
dalla parte degli insorti.
Stare dalla parte
del regime è ormai
sempre più pericoloso
uriosity” è riuscito ad atterrare con
successo su Marte e a mandare la
sua prima immagine a bassa definizione. Ben-
ché non si tratti della prima sonda americana
a raggiungere la superficie del pianeta rosso,
l’emozione è forte alla Nasa. Dopo la nostal-
gia dovuta al pensionamento dello Space
Shuttle e la depressione causata dai tagli di
fondi imposti dall’amministrazione Obama,
finalmente c’è un successo chiaro da mostrare
al pubblico di tutto il mondo.
La Nasa vive e lotta con noi, insomma.
Ma quanto tempo ci vuole prima di vedere
il primo uomo su Marte? Tanto, oltre i 20
anni. Sempre che sia la Nasa (agenzia statale)
a gestire tutto il programma. E se subentrasse
un privato? Questa domanda sarebbe parsa
pura retorica libertaria, o frutto della mente
di un appassionato del fumetto e film di Iron
Man («Ho privatizzato la sicurezza nazio-
nale») fino al 2012. Oggi, invece, è possibile
porci seriamente questo interrogativo. Dal
momento che è stata una compagnia privata,
la SpaceX, a mandare i rifornimenti alla Sta-
zione Spaziale Internazionale con un suo mo-
dulo, il Dragon, lanciato da un suo vettore,
il Falcon. Ha ridotto i costi della missione e
ottimizzato i tempi. Quella compagnia ha
anche una marcia in più. Il suo fondatore, il
sudafricano (californiano d’adozione) Elon
Musk, è un visionario che vuole cambiare il
mondo e sa di trovarsi da solo di fronte alla
colonizzazione commerciale dello spazio,
esattamente come i pionieri delle ferrovie
trans-americane. «Il Governo non è adatto
a fare avanzare la tecnologia rapidamente –
dichiara Elon Musk al Los Angeles Time -
Tende ad essere più efficiente a finanziare la
“C
ricerca di base. Per fare decollare davvero le
cose, bisogna avere società commerciali. Il
governo è stato capace di gettare le basi di
Internet, ma languiva. Le società commericali
hanno iniziato ad avere un ruolo intorno al
1995 e da allora è accelerato. Ci serve qual-
cosa di simile per lo spazio». Il suo obiettivo
è dichiaratamente la colonizzazione di Marte.
Intende raggiungerlo nei prossimi 12-15 anni.
Pensa anche ad un incentivo commerciale
per la sua impresa futura: inizia già a pensare
a vendere biglietti per turisti su Marte al prez-
zo (non troppo esorbitante) di 500mila dol-
lari. Ma intanto, arriviamoci a questo bene-
detto pianeta rosso.
L’iniziativa di SpaceX potrebbe, non in-
tenzionalmente, dare il via ad una competi-
zione fra privati. La Virgin Galactic, di Ri-
chard Branson, già si sta presentando al
pubblico come la prima compagnia di viaggi
spaziali. Il primo volo, salvo imprevisti, par-
tirà l’anno prossimo. Elon Musk non sembra
dar loro molto credito, ma punto nel vivo (la
competizione nel nuovo turismo extra-terre-
stre) chi ci assicura che pure Branson si lanci
nella corsa a Marte? Di qui a 20 anni, inoltre,
potrebbero nascere nuove compagnie. E sa-
rebbe un bene per noi poveri terrestri. Perché
lo Stato ha investito tanto nella corsa allo
spazio solo per motivi militari e di prestigio
nazionale. Ci ha fatto toccare la Luna mezzo
secolo fa, ma poi ci ha lasciato a Terra. Perché
un governo è sempre vincolato dalla logica
(pure legittima), del “più ospedali, meno stel-
le”. Un privato è più libero di sognare le stel-
le, senza sentirsi in colpa per non aver co-
struito ospedali.
(ste. ma.)
Sinai, atti di guerriglia
Hamas: è complotto!
n misterioso commando ha dato l’as-
salto ad un check point dell’esercito
egiziano, poco dopo il tramonto di dome-
nica. I militari, che stavano consumando la
loro tradizionale cena iftar (dopo il tramonto
di un giorno di digiuno, nel mese sacro del
Ramadan), sono stati colti completamente
di sorpresa, da questi uomini dal volto co-
perto, in abiti beduini e pesantemente ar-
mati. Sedici egiziani hanno perso la vita nello
scontro a fuoco. E, quel che poteva essere
preludio di numerose nuove vittime, due lo-
ro mezzi blindati sono stati catturati e di-
rottati dal commando sulla frontiera con
Israele. Uno dei due trasporto-truppe è
esploso al valico di frontiera. Era imbottito
di esplosivo e, probabilmente, il suo scopo
suicida consisteva proprio nell’aprire un var-
co. L’altro mezzo, comunque, ha avuto solo
il tempo di entrare in territorio israeliano,
prima di essere centrato e distrutto dai mis-
sili dell’aviazione. Un sopralluogo delle Forze
di Difesa Israele ha permesso di trovare otto
cadaveri (tuttora non identificati) degli ex
appartenenti al commando.
Non è il primo incidente di questo genere
che coinvolge l’area di frontiera del Sinai,
da un anno a questa parte uno dei territori
più incontrollabili e pericolosi del mondo.
È una triste tradizione fu inaugurata nel
1985 con il massacro di turisti a Ras Burqa
ed è proseguita fino al recente attacco del
18 giugno scorso. Senza dimenticare l’altro
recente (e gravissimo) attacco alla strada per
Eilat del 18 agosto 2011: 8 morti e 40 feriti.
E come non ricordare, poi, i numerosi sa-
botaggi ai gasdotti del Sinai per Israele?
In tutti i casi la matrice (sia secondo le
U
autorità egiziane che per quelle israeliane)
è il radicalismo islamico locale, talvolta af-
filiato ad Al Qaeda. Hamas è sospettato di
collusione/promozione di queste azioni: è il
partito islamista che governa Gaza che con-
trolla quel settore della frontiera. Anche in
quest’ultimo, grave, attacco alla frontiera,
l’esercito egiziano punta il dito contro non
ben specificati jihadisti. Il movente ci sareb-
be. La settimana scorsa si era a lungo di-
scusso sulla presunta lettera inviata dal neo-
presidente egiziano Mohammed Morsi a
Israele. Un documento in cui il nuovo capo
di Stato prometteva la ripresa del dialogo
con lo Stato ebraico. Morsi, per evitare cri-
tiche dai suoi stessi militanti dei Fratelli Mu-
sulmani, ha negato l’autenticità di quel testo.
Ma gli israeliani hanno mostrata una copia
ai media, dimostrando che si trattasse di un
documento ufficiale. Qualcuno, negli am-
bienti islamici più militanti, non deve averla
presa bene. L’agguato di ieri potrebbe essere
letto come un avvertimento. Nel mondo del-
la politica mediorientale, però, domina sem-
pre la teoria del complotto sionista. Secondo
Hamas e la Jihad islamica, infatti, i membri
del commando sarebbero stati pagati da
Israele, per rovinare i rapporti fra Gaza e
l’Egitto. Dopo l’attacco, questi ultimi hanno
certamente subito un danno: il valico di Ra-
fah è stato chiuso e gli ultimi accordi com-
merciali sono andati in fumo. Pur essendo
l’uno la filiazione degli altri, fra Hamas e i
Fratelli Musulmani sono sorti, per lo meno,
dei dubbi reciproci. Ma da qui a credere che
gli israeliani abbiano pagato un commando
terrorista per attaccarsi da soli…
STEFANO MAGNI
L’OPINIONE delle Libertà
MARTEDÌ 7 AGOSTO 2012
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