uante belle pagine televisive ci ha re-
galato la Rai. Che momenti. Anni in
cui gli italiani nutrivano grande fiducia
nella televisione di Stato. Una fiducia che
la neo presidente Rai, Anna Maria Taran-
tola, nella sua prima audizione di fronte
alla Commissione parlamentare di Vigi-
lanza, auspica che ritorni. In barba all’era
digitale dei social e delle mille tv, che con
la Rai dei fabulous sixties ha forse ben po-
co a che fare. Sempre Tarantola afferma
la necessità dell’azienda di dover cammi-
nare in maniera efficace ed efficiente sulle
sue gambe, e di incrementare il livello qua-
litativo delle sue produzioni che devono
essere economicamente
sostenibili. E per comin-
ciare bene, nei giorni in
cui la Rai annuncia che
alla fine del 2012 chiu-
derà il suo bilancio a
meno 200 milioni di eu-
ro, ecco il divieto degli
incontri di boxe in fascia
protetta, che fanno sbi-
gottire il presidente del
Coni Petrucci. Nasce
spontanea una doman-
da: è questo il tipo di
iniziative che dobbiamo
attenderci d’ora in avan-
ti? Certo, nel primo discorso di fronte al-
l’editore della Tv pubblica, la Tarantola
non è che potesse lanciarsi in qualcosa di
più rispetto alle buone intenzioni e qualche
ovvietà. Ma è altrettanto sicuro che, in
tempi di vacche magre e rubinetti di finan-
za pubblica che si stanno progressivamente
Q
chiudendo, anche la televisione di stato
dovrà prima o poi pagare il suo dazio. Da
dove cominciare? Seguiamo il discorso del-
la presidente. Camminare sulle proprie
gambe: scegliere se la tv di Stato debba es-
sere un’azienda pubblica o privata. Difficile
pensare che possa essere tutt’e due le cose,
obbedendo agli appetiti della politica, e
del mercato. Essere efficace ed efficiente:
significa avere un piano organizzativo di
rilancio, sapere cosa serve e cosa no, e co-
me valorizzare ciò che rimane. Una spen-
ding review insomma. Non ne sarebbe de-
gna? Essere economicamente sostenibile:
riportando sulla terra costi e cachet super
stellari, eliminando i su-
bappalti che non servo-
no e qualche obbrobrio
di cui si ha notizia, co-
me le contrattazione se-
parata dei giornalisti Rai
che, in aspettativa, fir-
mano contratti milionari
con la loro stessa azien-
da. Dopo una sfoltita
del genere, i primi a be-
neficiarne saremo noi,
che riusciremo a capire
dove finiscono i soldi
del canone. I big della tv
di stato? Niente panico:
scapperebbero tutti, è certo. Magari ad oc-
cupare posti in piedi a La7, con Floris che
fa i turni con Santoro e Formigli, pronti a
tornare da mamma Rai una volta trascorsi
due anni al 3% di share.
CARLO SACCHETTI
a quando è al governo Mario Monti
sta sfogliando i petali della margherita
sul tema delle province con un susseguirsi
estenuante e inconcludente di «riordino o
non riordino?», «abolisco o non aboli-
sco?», «accorpo o non accorpo?» e since-
ramente ci siamo stancati per non dire che
ci sentiamo presi in giro e quasi impotenti
di fronte ai tanti, troppi, campanili e inte-
ressi localistici che immobilizzano la nostra
politica. Ormai è evidente a tutti che abo-
lire le province significa risparmiare tanto
ed è proprio di questi giorni l’analisi di
Confersercenti che stima un risparmio di
ben 4,5 miliardi di euro se venissero abo-
lite tutte le province. Tal-
mente evidente che da
lassù nell’eterna campa-
gna propagandista tutti
lo dicono, ma nessuno
lo fa. Il nostro presiden-
te Mario Monti da buon
tecnico aveva prospetta-
to l’abolizione delle pro-
vince sin dal suo insedia-
mento, poi i consigli
politici lo hanno costret-
to ad una retromarcia e
così si è passati alla linea
dell’accorpamento, ma
anche il termine accor-
pare non è stato digerito dalle amministra-
zioni locali e da ultimo nel decreto sulla
spending review è stato introdotto un più
generico e morbido riordino. Purtroppo
anche il riordino ha scatenato una valanga
di ricorsi campanilistici con Varese che non
vuol andare con Como, Ascoli Piceno con
D
Macerata, Alessandria con Asti, Novara
con Vercelli e così via. Chiaramente fanno
passare queste proteste come motivate da
tradizioni storiche, usi, costumi sociali ecc.
ecc. ma in realtà queste sono tutte balle!
A noi cittadini non interessa un tubo da
chi siamo amministrati (da Ancona piut-
tosto che da Pesaro da Roma o da Mila-
no), piuttosto ci solleva sapere di essere
amministrati bene e senza sprechi, poi le
nostre radici territoriali rimarranno sem-
pre. Allora la verità di queste proteste so-
no proprio gli italici interessi della miriade
di orticelli politici che ogni amministra-
tore locale coltiva con cur e per questo
spero che Monti per
una volta faccia il tec-
nico serio e si renda
conto che la via del
riordino è sbagliata,
perché aprirebbe una
serie infinita di conte-
stazioni e di rivendica-
zioni perché le cose fat-
te a metà generano
sempre equivoci, scon-
tenti e malumori quindi,
se si deve fare qualcosa
di ben fatto, le province
vanno abolite tutte e su-
bito riorganizzando le
competenze con gli altri enti locali già esi-
stenti (comuni e regioni). A quel punto
tutti i politici locali sarebbero un po’ più
scontenti per aver perso qualche privile-
gio, ma tutti noi cittadini saremo forse un
po’ meno diffidenti della politica.
pensatorelibero.blogspot.it
Riordinare o accorpare?
I ripensamenti diMonti
Le province vanno
abolite tutte e subito,
riorganizzando
le competenze con altri
enti locali già esistenti
e tagliando spese
che non possiamo
più permetterci
La spending review
non entrerà mai in Rai
Tarantola afferma
la necessità dell’azienda
di dover camminare
sulle sue gambe
e di incrementare
il livello qualitativo
delle sue produzioni,
bilancio permettendo
L’OPINIONE delle Libertà
VENERDÌ 5 OTTOBRE 2012
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