di
LUCA PAUTASSO
li enti locali hanno un “buco”
nei loro bilanci di quattro mi-
liardi e mezzo di euro. Praticamen-
te un ottavo della manovra Salva-
Italia varata dal governo
Monti.Cosa succederebbe se ve-
nisse approvata una legge che im-
ponga il pareggio di bilancio an-
che alle Regioni e agli Enti locali?
Semplice: più tasse per tutti.
È questo il quadro disegnato
dalla Cgia di Mestre. Spulciando
i bilanci del 2011, l’associazione
delle pmi e degli artigiani mestrini
ha rilevato come il disavanzo delle
autonomie locali abbia raggiunto
la cifra record di 4,569 miliardi
di euro. «In linea teorica - spiega-
no dalla Cgia - se ipotizzassimo
l’immediata applicazione del prin-
cipio del pareggio di bilancio an-
che a governatori, presidenti di
Provincia e sindaci, le due opera-
zioni estreme che potrebbero es-
sere fatte sono l’aumento della tas-
sazione locale di 4,6 miliardi di
euro, oppure il taglio della spesa
per una cifra equivalente». O an-
cora, in alternativa, una soluzione
intermedia tra le due opzioni.
La scarsa propensione da parte
della cosa pubblica alla spending
review, però, lascia pochi dubbi di
sorta su quale delle tre ipotesi sa-
rebbe la più percorsa. «Si tratta di
dati riferiti al 2011 e che, per que-
G
sto, non tengono conto degli ef-
fetti del Salva Italia e della
spen-
ding review
.
Detto ciò – osserva
Giuseppe Bortolussi, segretario
della Cgia di Mestre, che prova ad
aprire uno spiraglio di ottimismo
–
il nostro è solo un esercizio di
natura teorica. Verosimilmente per
le Regioni e gli enti locali non vir-
tuosi saranno previsti dei piani
pluriennali di rientro, così come
avviene già in quelle Regioni che
oggi sono in disavanzo sanitario».
Tuttavia, come si trova costret-
to ad ammette lo stesso Bortolussi,
«
visto che operare sul fronte delle
uscite è sempre difficile, è proba-
bile che nel lungo periodo a pre-
valere sarà il progressivo aumento
della tassazione locale, come già
avviene in Italia da almeno 15 an-
ni». E a vedere il bicchiere mezzo
vuoto è anche una recente inchie-
sta pubblicata dal
Sole24Ore
:
sol-
tanto nell’ultimo decennio, come
dimostra lo studio condotto dal
principale quotidiano economico
italiano, il peso delle tasse regio-
nali sul contribuenti è aumentato
del 50%. Se poi si passa ad ana-
lizzare l’andamento degli ultimi
40
anni, ovverosia da quando le
Regioni sono state istituite, si nota
chiaramente come la pressione fi-
scale regionale sia cresciuta 27%
del 1970 al 44,7% dei giorni no-
stri. E il
Sole
spiega anche come
mai il “buco” sia in continuo au-
mento: «Mentre le spese totali del-
le Regioni valgono l’11,48% del
pil, le entrate fiscali regionali ar-
rivano soltanto al 4,91%».
Chi sta messo peggio, infatti,
sono proprio le Regioni, al centro
del mirino principalmente a causa
della spesa sanitaria. A livello sta-
tistico, secondo la Cgia, la situa-
zione più pesante si registra nelle
infatti Asl, dove nel 2011 l’inde-
bitamento netto ha raggiunto i
3,09
miliardi di euro. Vanno male
anche i comuni, con un “rosso”
pari a 1,1 miliardi di euro. Il ruolo
delle “virtuose” (si fa per dire),
tocca alle Province, che lo scorso
anno hanno registrato un deficit
pari “solo” a 558 milioni di euro.
II
POLITICA
II
Enti locali: quattromiliardi
da colmare con nuove tasse
Queste primarie
fannodivertire il Pd
i facciamo due primarie?»
«
E come si gioca?» Tutto
pronto per l’apertura della campa-
gna da cui emergerà il candidato
ufficiale alla premiership per il cen-
trosinistra. Sabato si radunerà l’as-
semblea nazionale del Pd e in
quell’occasione si formalizzerà la
modifica dello statuto, introducen-
do una norma transitoria che se-
condo Nico Stumpo - responsabile
Organizzazione del Pd - permetterà
a Matteo Renzi di correre. Peccato
che il giovane rottamatore non
sembra averlo capito, teme un col-
po basso del partito, annuncia che
a Roma non sarà presente e attac-
ca. Per alcune ore monta un dibat-
tito che si consumerà nel nulla.
«
Non faccio parte dell’assemblea
nazionale del Pd. Bersani ha detto
che farà di tutto per fare primarie
aperte, libere e democratiche, tocca
a lui dimostrarsi di parola. Mi au-
guro che prevalga la saggezza e che
non cambino le regole in corsa.
Non capisco perché quelle vecchie
non vadano bene». Fare la squadra
si sa è l’affare più difficile, subito
dopo aver scelto il capitano. Gli
elettori progressisti, nonché grandi
tifosi di partito, seguono divertiti
la faccenda su Twitter. Intorno al-
l’
hashtag #nuoveregoleprimariepd
emerge qualcosa che assomiglia a
un fantamercato per twitteri, di-
pendenti dai top trend del giorno.
Spopolano slogan e post divertenti.
«
C
@
stefanogaruti
scrive: «Seguiteci
stanno uscendo battute memorabili.
Se c’è da far ridere noi del Pd siamo
imbattibili». E aggiunge «Ma dopo
il 2 turno ci sono i rigori o il golden
gol?» Ha ragione. @
Clickmatto
iro-
nizza sulla complessità del sistema:
«
Io voto, tu voti. Poi rivoto io e ri-
voti tu. Se perdi, voti chi ha vinto.
E chi ha vinto, vincerà ancora».
Serve un po’ di chiarezza. Si tratta
di un doppio turno con albo degli
elettori e conseguente patto di coa-
lizione tra le forze che partecipano:
chi perde sostiene il vincitore. Solo
chi avrà votato al primo turno delle
primarie potrà farlo anche al se-
condo. La stessa platea di elettori
dunque deciderà al ballottaggio.
Chi è interessato a votare dovrà ri-
tirare un certificato elettorale alme-
no un giorno prima dell’apertura
delle urne, ma si potrà ritirare la
tessera anche la domenica stessa
delle primarie. In ogni comune sarà
aperto un ufficio per iscriversi al-
l’albo degli elettori. Per quanto ri-
guarda la questione della privacy
sull’albo degli elettori, viene spie-
gato che chi vota alle primarie sot-
toscriverà una dichiarazione di so-
stegno al centrosinistra e i nomi dei
votanti potranno essere pubblici
non per il fatto che abbiano parte-
cipato alle primarie, ma in quanto
sostenitori del centrosinistra. At-
taccati alla maglia.
MICHELE DI LOLLO
Il Pdl cambia nome
E forse si divide
l caso Lazio potrebbe aver ac-
celerato quel processo che i ber-
lusconiani chiamano di “rinnova-
mento del Pdl” e i detrattori
etichettano come mero maquillage
elettorale. Le vicende legate allo
sperpero di fondi pubblici da par-
te di Franco Fiorito hanno porta-
to la dirigenza del Pdl ad affret-
tare i tempi per il cambio di nome
e di simbolo. Nulla di nuovo sotto
il sole, è un’ipotesi che circola da
prima dell’estate. Sarebbe proprio
Silvio Berlusconi il più convinto.
«
Il nome non piace alla gente, il
simbolo non ha mai funzionato»
avrebbe spiegato ai suoi più stretti
collaboratori. Il dubbio adesso è
se procedere con il cambio già a
partire dalle regionali nel Lazio,
che dovrebbero precedere di qual-
che mese le consultazioni nazio-
nali, o non sprecare l’effetto sor-
I
presa puntando direttamente alle
politiche. Nella scelta influirà an-
che il candidato governatore. Ieri
Nicola Zingaretti ha sciolto la ri-
serva. Sarà l’attuale presidente del-
la provincia a dare l’assalto alla
Pisana per il Pd. In alto mare l’in-
dividuazione del candidato del
Pdl. Circolano con insistenza i no-
mi di Andrea Augello, Antonio
Tajani, Luisa Todini e Guido Ber-
tolaso. Ma non è escluso che per
rilanciare l’immagine di un partito
allo sbando non si decida di se-
guire la strada alle primarie. Ai
gazebo gli azzurri potrebbero ar-
rivare divisi. Continuano le trat-
tative tra Ignazio La Russa e la se-
greteria del partito. L’ex ministro
della Difesa vorrebbe costituire
una propria lista, che ricalchi la
vecchia Alleanza nazionale. «Con
due simboli racimoleremmo più
voti» è il ragionamento di La Rus-
sa, che tutelerebbe in questo mo-
do i fedelissimi all’atto della com-
posizione delle liste. Una partita
complicata e tutta in divenire.
Mercoledì sera vi è entrato con
prepotenza anche Gianni Aleman-
no. Il sindaco di Roma ha tirato
il fiato dopo la scelta di Zingaret-
ti, che gli consegna, chiunque sia
il rivale, una sfida più semplice. E
ha lanciato l’idea di una Lista ci-
vica nazionale del Centro-Sud,
«
che bilanci il peso della Lega».
PIETRO SALVATORI
elecom Italia ha resistito per
anni all’idea di scorporare la
sua rete telefonica, ereditata dal-
l’azienda pubblica, del valore di 15
miliardi. Lo ha fatto contro Agcom
ed Europa, contro l’oggettiva im-
possibilità di fare da sola gli inve-
stimenti necessari per portarla alla
velocità della larga banda, contro
un messo di un governo che sulla
questione quasi cadde mandando
a gambe all’aria anche l’ad azien-
dale del tempo, contro le proposte
di partenariato giunte nel tempo
da interlocutori diversi come Chi-
richigno, Borghini e Bassanini, so-
stanzialmente identiche nella so-
stanza, contro la logica
tecnologica, difendendo le virtù del
rame oltre ogni limte e contro la
logica organizzativa, mostrando
per l’inclito di avere già adottato
uno scorporo interno, blindato e
neutrale dal nome
open access
.
Ed
ora contrordine compagni, lo scor-
poro della rete è all’improvviso
ben visto, considerato, spiegato in
veline confidenziali passate alla
stampa confindustriale ed amica,
posta all’ordine del giorno del con-
siglio d’amministrazione. Come di-
re, cosa da fare, cosa gia’ decisa.
Uno scorporo di ramo d’impresa
gigantesco, coinvolgente tra i
18
mila ed i 23mila lavoratori, con
un incasso presumibile di 4 miliar-
di, poco più dei 3,4 di capitalizza-
zioni e prestiti interni ed esterni
T
appena ricontratti. Perché scorpo-
rare la rete tlc fissa nazionale ora
che wifi e tv connected la riporta-
no alla ribalta? Perché discutere di
fibra ottica ora che anche l’Europa
sta capendo che è di vitale impor-
tanza? Perché vendere il terzo polo
televisivo ora che cresce sul mer-
cato dopo aver fatto segnare rosso
per anni? Perché ritrovarsi con il
problema di cosa farsene dell’IT
mentre tutti dicono di avere biso-
gno delle competenze informati-
che? Perché disfasi delle piattafor-
me di social network mentre tutti
gli investimenti vanno in social e
comunicazione? E come mai co-
struire un recinto per il 187, tanto
premiato dopo essersi disfatti del
1254
mentre tutti richiedono
cu-
stomer experience
di alta qualità?
Perché, perché, perché? Inutile cer-
care le risposte tra i liberisti e sul
mercato: le telco non rispondono
a quella logica. Inutile appellarsi
al merito. L’antico guru Decina l’-
ha detto: tra manager, guri e pro-
fessori, abbiamo sbagliato tutto.
Non per questo ce ne sia uno che
se ne vada, anzi. Nemmeno si può
dare la colpa alla politica. La par-
titica, inclusi i giornalisti, è fatta
da vecchi, che vedono la tecnologia
come un fattore accessorio, un al-
tro tipo di cena, comizio, manife-
sto, microfono. L’occasione per
raccontare quanto siano strane le
americanate e le cineserie. E na-
scondere il fatto che tira più la
pubblicità di Google che quella
del carrozzone Rai o del circo Am-
bra Iovinelli per le pubblicità Te-
lecom. I politici non capiscono la
tecnoogia, la odiano se non quan-
do si tratta di fare delle nomine.
Allora non ci sono risposte? Non
c’è dove cercarle? Certo che c’è.
Le risposte si trovano nell’altissi-
ma e rarefatta politica dei gruppi
finanzieri ed imprenditoriali, cui
rispondono o si collegano i partiti
maggiori. Il loro dibattito e lotta
vive su un piano dove lavoro e svi-
luppo sono variabili indipendenti.
Perché non è mai importante cosa
si fa, si tiene o si scorpora, ma sol-
tanto chi lo fa e con chi. Anche e
soprattutto in assenza di quel peso
che sono i lavoratori.
GIUSEPPE MELE
Telecom ci ripensa ancora
Sì allo scorporo della rete
Il cambio di rotta
all’improvviso ben visto,
spiegato in veline
confidenziali passate
alla stampa amica
e posto all’ordine
del giorno del consiglio
d’amministrazione
L’OPINIONE delle Libertà
VENERDÌ 5 OTTOBRE 2012
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