Direttore ARTURO DIACONALE
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Venerdì 5 Ottobre 2012
delle Libertà
L’autorottamazionedelcentrodestraelasocietàaperta
atteo Renzi dice di voler “rot-
tamare” il Pd. Ma corre il pe-
ricolo di essere a sua volta “rotta-
mato” prima ancora di giocare la
partita per la premiership da un
gruppo dirigente post-comunista del
proprio partito pronto a fare carte
false pur di rimanere al proprio po-
sto con Pierluigi Bersani. Viceversa,
sul versante opposto, il caso Fiorito,
che inizialmente sembrava una vi-
cenda di semplice ruberia personale,
si è trasformato in una valanga po-
litica che ha di fatto realizzato al-
l’interno del centro destra quella rot-
tamazione che Renzi vorrebbe
provocare nella sinistra. Questa rot-
tamazione riguarda solo il gruppo
M
dirigente del Pdl della regione gui-
data fino alla scorsa settimana da
Renata Polverini? No di certo. L’in-
consapevole rottamatore Fiorito non
si è limitato a fare piazza pulita dei
colleghi laziali senza deroghe o di-
stinzioni di sorta, ma ha creato le
condizioni per una vera e propria
rivoluzione nei criteri di selezione
del personale politico dell’area mo-
derata. Sia a livello locale che a li-
vello nazionale. Il paradosso, dun-
que, è che a sinistra si predica un
cambiamento che non potrà essere
realizzato per le resistenze strenue
del vecchio gruppo dirigente mentre
a destra, dove non è mai spuntato
un Renzi capace di chiedere il ritiro
delle vecchie glorie, l’azzeramento
dei gruppi dirigenti avviene di fatto
grazie allo tsunami mediatico-giu-
diziario. È facile preventivare le con-
seguenze di questo singolare para-
dosso. A sinistra, come ha rilevato
Walter Veltroni, il Pd rischia una ro-
vinosa scissione. A destra il Pdl non
rischia solo di spaccarsi di due tra
ex An ed ex Forza Italia, ma appare
di fatto risucchiato in un buco nero
che qualcuno dovrà pure colmare
in qualche modo. I tempi della crisi
della sinistra sono lunghi. A destra,
invece, i tempi della crisi sono im-
mediati. Le elezioni nel Lazio ed a
Roma sono alle porte. Rappresen-
tano la prova generale di quelle na-
zionali immediatamente successive.
E il buco nero provocato dalla rot-
tamazione del Pdl va colmato subi-
to. Ma come, e con chi? La risposta
non è nei nomi. Tutti quelli che ven-
gono pronunciati in queste ore ap-
paiono inadatti a risolvere il pro-
blema. Non perché incapaci, ma
perché espressione di una classe po-
litica che agli occhi della maggio-
ranza dell’elettorato del centrodestra
va considerata comunque corre-
sponsabile del fallimento evidenziato
con il caso Fiorito. La risposta, al-
lora, è nel tipo di nuova proposta
politica che può essere offerta per
colmare il buco nero della...
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L’America e noi, bizantini da tardo impero
gni quattro anni assistiamo
ammirati allo spettacolo della
democrazia in azione, quando i con-
tendenti alla Casa Bianca si sfidano
in un lungo e faticosissimo processo
elettorale, che inizia circa un anno
prima, con le primarie, ed entra nel
vivo con i duelli televisivi. Ieri notte
Romney ha stracciato Obama nel
primo dei tre dibattiti presidenziali,
togliendo ai media prevalentemente
pro-Obama un boccone che pregu-
stavano da mesi: celebrare il colpo
del ko del presidente uscente allo
sfidante. A molti potranno apparire
superficiali, invece i dibattiti sono
l’essenza della politica, dove non ba-
sta avere le idee migliori, bisogna
O
anche saperle comunicare e dimo-
strarsi credibili. Non è uno show te-
levisivo, ma una durissima prova di
sopravvivenza durante la quale i lea-
der si forgiano nel contraddittorio
davanti ad un pubblico di milioni
di cittadini. E le regole sono chiare:
dentro o fuori, senza reti di prote-
zione, senza ripescaggi, scorpori,
quote, listini o preferenze, senza i
nostri bizantinismi da tardo impero.
Romney ha saputo mettere in atto
al meglio la sua strategia: ha attac-
cato Obama in modo intelligente,
pragmatico, non ideologico. Il che
ha spiazzato il presidente, che su
quel piano avrebbe avuto gioco fa-
cile a rispondere colpo su colpo. En-
trambi avrebbero “eccitato” la loro
base, ma se vuole vincere Romney
deve fare di più, convincere gli elet-
tori indecisi, indipendenti, e dunque
impermeabili alla propaganda. E
ogni volta, noi che guardiamo dal
di qua dell’Atlantico non riusciamo
a non farci prendere dalla depres-
sione per lo stupefacente contrasto
tra come funziona la democrazia ne-
gli Stati Uniti – sebbene con le ine-
vitabili imperfezioni delle cose uma-
ne – e come è ridotta in Italia. Anche
noi siamo in campagna elettorale,
ma non sappiamo ancora con quale
legge elettorale si voterà, perché ogni
cinque anni cambia a seconda degli
equilibri che le forze politiche in Par-
lamento intendono favorire; il pre-
mier uscente non si candida ma è in
pole per un secondo mandato; da
una parte non fanno le primarie in
attesa che l’anziano leader decida il
da farsi, mentre dall’altra le fanno,
ma col trucco per tagliare fuori
l’outsider. E come se non bastasse,
potrebbero non avere alcun senso
in caso di ritorno al proporzionale.
Senza offesa per nessuno, ciascuno
con le proprie ragioni...
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2
di
FEDERICO PUNZI
Mentre Obama
e Romney stanno
sudando le proverbiali
sette camicie per onorare
la democrazia,Monti
non sembra avere
avversari, eppure
non ha alcuna intenzione
di “sporcarsi”
le mani con essa
di
ARTURO DIACONALE
I tempi della crisi a
sinistra sono lunghi.
A destra sono immediati.
Le elezioni nel Lazio
ed a Roma sono vicine.
Sono la prova generale
di quelle nazionali.
E il buco nero provocato
dalla rottamazione
del Pdl va colmato
Obama delude i suoi fan italiani
K
È un Obama nettamente ridi-
mensionato quello che esce dal dibattito
di Denver, il primo dei tre confronti televi-
sivi che accompagneranno gli elettori
americani all’appuntamento del 6 no-
vembre con le elezioni
presidenziali.Spento, sempre in difesa,
con gli occhi abbassati, incerto e palese-
mente annoiato: il presidente ha deluso
le aspettative, altissime, che i media
hanno artificialmente gonfiato soprat-
tutto negli ultimi mesi. Eppure Mitt Rom-
ney, dato per sicuro perdente, ha
dominato dall’inizio alla fine: negli
scambi dialettici, nella postura, nel tono,
nella capacità di regalare un sorriso alla
platea. E soprattutto ha sommerso
Obama di dettagli ai quali il presidente,
senza il suo fidato “teleprompter”, fati-
cava a replicare senza pause, borbottii e
inciampi. La cosa peggiore, poi, è che
Obama ha deluso tutti i fan, al di qua e al
di là dell’oceano, che non si aspettavano
una prestazione così opaca. A forza di
esagerare le virtù del presidente, i demo-
cratici sono rimasti sconvolti dalla verità.
Il re è nudo. E negli States inizia la sta-
gione del grande freddo.