di
STEFANO MAGNI
l manifesto
“Cambiare la politica,
fermare il declino, tornare a cre-
scere”
è sicuramente la proposta po-
litica più interessante nel nostro Pae-
se. Chi scrive ha aderito al
manifesto, dunque non posso for-
mulare un’analisi del tutto asettica.
Ritengo, comunque, sia utile vedere
tutti i limiti di questo progetto. Se
non altro per prevenire eventuali de-
lusioni. E di delusioni, per i liberali,
ce ne sono state tantissime nell’ul-
timo ventennio. Sperando che alme-
no questa non sia l’ennesima delu-
sione, ma sia, anzi, la premessa di
una vera svolta, vediamo di analiz-
zare le caratteristiche fondamentali
di ogni singolo elemento che costi-
tuisce ogni nuova proposta politica.
Prima di tutto: il programma. Già
è bene (e un bene raro) che si parta
dal programma e dalle idee. Finora
i progetti politici italiani sono partiti
da un’ideologia da acquistare a sca-
tola chiusa (i partiti tradizionali), o
da un leader in cui avere fede (i par-
titi nati dopo il 1992). Tutti hanno
proposto un programma o chiesto
alla loro base di formularne uno.
Operazioni di facciata. Quel che
contavano erano le élite partitiche,
teoricamente detentrici dell’ideolo-
gia, oppure il leader che fa e disfa i
programmi e le alleanze a seconda
delle sue momentanee intuizioni.
Partire seriamente da un program-
ma e costruire, attorno ad esso, sia
la struttura del partito che la classe
politica che lo dovrà guidare, è già
un grande passo avanti. Vediamolo,
I
allora, questo programma.
Punto uno:
Ridurre l’ammontare
del debito pubblico: è possibile scen-
dere rapidamente sotto la soglia sim-
bolica del 100% del PIL anche at-
traverso alienazioni del patrimonio
pubblico, composto sia da immobili
non vincolati sia da imprese o quote
di esse.
Bene, niente da obiettare.
Punto due:
Ridurre la spesa pubbli-
ca di almeno 6 punti percentuali del
PIL nell’arco di 5 anni. La spending
review deve costituire il primo passo
di un ripensamento complessivo del-
la spesa, a partire dai costi della ca-
sta politico-burocratica e dai sussidi
alle imprese (inclusi gli organi di in-
formazione). Ripensare in modo or-
ganico le grandi voci di spesa, quali
sanità e istruzione, introducendo
meccanismi competitivi all’interno
di quei settori. Riformare il sistema
pensionistico per garantire vera equi-
tà inter—e intra—generazionale.
Bene, anche se andrebbe appro-
fondito. Si deve render chiaro che
sanità e istruzione possono e devono
essere privatizzate. Si potrebbe chia-
ramente introdurre qualche misu-
ra-ponte, come il buono scuola per
l’istruzione o il buono sanità nel si-
stema sanitario, in modo da permet-
tere agli italiani meno abbienti di
scegliere il servizio (privato) miglio-
re. Spero non si cada ancora nella
trappola della concorrenza fra pub-
blico e privato. Perché il primo, gra-
zie ai suoi privilegi, finirebbe per
schiacciare il secondo, come è suc-
cesso sinora in tutti i settori. Anche
sulle pensioni è meglio essere chia-
rissimi sin da subito. La riforma fun-
ziona solo se si introduce il sistema
a capitalizzazione (come in Cile), in
cui ciascun lavoratore risparmia per
sé, investendo in un fondo pensione
privato, invece che pagare i contri-
buti allo Stato. Finora noi abbiamo
assistito a finte riforme della previ-
denza, in cui lo Stato si è limitato a
rimandare l’età pensionabile, per far
pagare più contributi. Ma di fronte
ad una popolazione che invecchia,
questo metodo è destinato comun-
que ad esaurire le risorse, nel mo-
mento in cui i giovani che lavorano
vengono superati numericamente
dai pensionati da mantenere. Il si-
stema a capitalizzazione non por-
rebbe alcun problema di età: vai in
pensione quando lo decidi tu e pren-
derai quello che tu hai deciso di ri-
sparmiare e investire. È l’unico mo-
do di garantire l’ vera equità inter -
e intra - generazionale.
Punto tre:
Ridurre la pressione fi-
scale complessiva di almeno 5 punti
in 5 anni, dando la priorità alla ri-
duzione delle imposte sul reddito da
lavoro e d’impresa. Semplificare il
sistema tributario e combattere
l’evasione fiscale destinando il gettito
alla riduzione delle imposte.
Viviamo nel Paese con la più al-
ta pressione fiscale del mondo. Pa-
ghiamo il 54% (reale) di quel che
guadagniamo. Ridurre questa pres-
sione al 49% (sempre in termini
reali) vuol dire comunque regalare
forzatamente la metà del proprio
lavoro allo Stato. Il programma di-
ce almeno 5 punti, quindi spero so-
lo che sia realmente solo una prima
tappa. Altrimenti non ci sono molte
alternative: portar via la metà dei
redditi ai cittadini, siano essi pro-
duttori o risparmiatori, vuol dire
strangolare il Paese nello spazio di
una legislatura. Come sta già avve-
nendo, per altro.
Punto quattro:
Liberalizzare rapi-
damente i settori ancora non piena-
mente concorrenziali quali, a titolo
di esempio: trasporti, energia, poste,
telecomunicazioni, servizi professio-
nali e banche (inclusi gli assetti pro-
prietari). Privatizzare le imprese pub-
bliche con modalità e obiettivi
pro-concorrenziali nei rispettivi set-
II
POLITICA
II
Fermare il declino: il manifesto, punto per punto
“Cambiare la politica,
fermare il declino,
tornare a crescere”
è sicuramente
una delle proposte
politiche più interessanti
nel nostro Paese.
Ma è utile vedere
tutti i limiti di questo
progetto. Se non altro
per prevenire eventuali
delusioni. E di delusioni,
per i liberali, ce ne sono
state tantissime
nell’ultimo ventennio.
Partire seriamente
da un programma
e costruire, attorno
ad esso, sia la struttura
del partito che la classe
politica che lo dovrà
guidare, è già un grande
passo avanti. Proviamo
allora ad analizzare
ogni singolo elemento
che compone
questo“manifesto”
K
Oscar GIANNINO
L’OPINIONE delle Libertà
DOMENICA 5 AGOSTO 2012
4