Pagina 4 - Opinione del 02-9-2012

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II
CULTURA
II
Il genio di Isabelle Salari illumina anche Sulmona
di
FRANCESCO DI MAJO
arte non conosce età. Esiste o
non esiste a prescindere dal-
l’anagrafe. E Isabelle Salari ne è
l’esempio vivente. La giovanissima
pittrice parteciperà alla XXXIX
edizione del Premio Sulmona 2012.
È la prima volta che la storica ras-
segna Internazionale d’Arte Con-
temporanea, riservata agli artisti
italiani e stranieri tra i più rappre-
sentativi delle attuali ricerche d’im-
magine, propone un’opera di una
bambina di tredici anni. Isabelle è
stata invitata all’evento da Giorgio
Di Genova: il critico romano ha
scelto l’opera dal titolo “Infinito”,
dedicandole particolare attenzione
nel testo in catalogo in corso di
stampa.
La kermesse, organizzata dal
Circolo di arte e cultura “Il Qua-
drivio” con il patrocinio della Pre-
sidenza del Consiglio dei Ministri,
del Senato della Repubblica, della
Camera dei Deputati, della Regione
Abruzzo, della Provincia dell’Aquila
e del Comune di Sulmona, ha preso
il via ieri. La prestigiosa commis-
sione del premio è presieduta da
Vittorio Sgarbi e composta da Car-
lo Fabrizio Carli, Giorgio Di Ge-
nova, Toti Carpentieri, Giorgio Se-
veso, Chiara Strozzieri, Duccio
Trombatori, Gaetano Pallozzi. Sug-
gestivo scenario dell’esposizione,
che potrà essere visitata fino al 29
settembre, sarà il Chiostro dell’ex
Convento di Santa Chiara. Nata a
Perugia il 23 novembre del 1998,
da madre italo-francese e padre ira-
niano, Isabelle Salari è considerata
una delle artiste iraniane viventi più
importanti e i suoi quadri sono
esposti a Teheran. Nel 2010 ha pre-
sentato la sua prima mostra, inse-
rita all’interno della rassegna “100
pittori di Roma”, riproposta anche
in via Margutta.
Di lei ha scritto Alberto Bevilac-
qua: «Sorprende che la giovanissi-
ma Isabelle Salari dimostri tanta
maturità nel’interpretazione pitto-
L’
rica della vita. Esiste in lei una sti-
lizzazione che ci sembra figlia del-
l’arte orientale. E come se Isabelle
avesse sondato una cultura raffina-
ta, assimilandola: l’arte, ad esempio,
della miniatura che serviva, oltre
che a illustrare la realtà, a farla lie-
vitare con un potenziale di sogno.
Se non si sapesse che Isabelle è una
ragazzina, la si direbbe una visio-
naria già maturata anche dalla vita,
dotata di un’anima corporale. Que-
sti quadri mi ricordano i rotoli della
Scuola di Osaka, della pittura nan-
ga. È una nebbia sensuale che av-
volge il reale, lo fa intravedere come
miraggio, più rivelatrice e lucente
di uno specchio. L’uso del colore,
qui, della potenza interpretativa im-
plicita nel colore, nasce da un istin-
to d’eccezione che supera di un lun-
go, assai lungo, tratto l’età della
pittrice. Con la quale non ho mai
parlato (le avrei chiesto come con-
vive con le sue lanterne magiche).
E una verità va subito detta: non ci
si muove nella dimensione astratta
fine a se stessa, bensi fra aspetti
concreti, quelli dell’esperienza che
la scienza fa nell’analisi di labora-
torio, quando le immagini “al ve-
trino” fanno capire di come sia
composta la materia nelle sue cel-
lule ultime. Invidio la capacità di
esprimere sogni. Ma i sogni dipinti
da Isabelle non sono pure evasioni,
sono lampi che escono da una co-
scienza matura. Questa coscienza
aspira allo spazio, al cosmo. Chi,
come noi, ha studiato il cosmo al-
l’interno degli osservatori, sa bene
che le gioiose deflagrazioni raffigu-
rate di Isabelle sono quelle fornite
dagli sfondi dove le stelle convivo-
no. Amo in particolare, di Isabelle
pittrice, i blu che si fondono con i
rossi. La precocità, nel nostro caso,
è il raro privilegio di sfruttare le
emozioni nella fase primaria in cui
si manifestano nella nostra esisten-
za. E c’è la storia di una ragazza,
un popolo, che Isabelle ha ereditato
nel proprio sangue attraverso la fi-
gura del padre».
È la prima volta
che la storica rassegna
Internazionale d’Arte
Contemporanea,
riservata agli artisti
italiani e stranieri
tra i più rappresentativi
delle attuali ricerche
d’immagine, propone
un’opera di una
bambina di tredici anni.
Di lei ha scritto
Bevilacqua: «È una
nebbia sensuale
che avvolge il reale,
lo fa intravedere come
miraggio, più rivelatrice
e lucente di uno
specchio. L’uso
del colore, qui,
della potenza
interpretativa implicita
nel colore, nasce
da un istinto d’eccezione
che supera di un lungo,
assai lungo, tratto
l’età della pittrice.
Con la quale non ho mai
parlato. E una verità
va subito detta: non ci si
muove nella dimensione
astratta fine a se stessa,
bensi fra aspetti
concreti...»
L’OPINIONE delle Libertà
DOMENICA 2 SETTEMBRE 2012
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