Visioni. “Vita da Carlo 4”, una divertente ma discontinua stagione finale

venerdì 19 dicembre 2025


Cala il sipario sull’ironica ma frammentaria serie tivù firmata da Carlo Verdone. La quarta e ultima stagione di Vita da Carlo, visibile in esclusiva su Paramount+, figura tra i numerosi racconti televisivi presentati in anteprima all’ultima Festa del cinema di Roma. Prodotta da Luigi e Aurelio De Laurentiis, la serie in dieci brevi episodi, creata dall’attore-regista insieme a Nicola Guaglianone e Menotti (alias Roberto Marchionni), vede protagonisti Sergio Rubini, Monica Guerritore, Antonio Bannò, Caterina De Angelis e registra la partecipazione di Alvaro Vitali alla sua ultima interpretazione: “Si muore solo quando si viene dimenticati”, afferma in una poetica sequenza onirica. La serie riprende dopo la gaffe commessa dal protagonista nella terza stagione, durante il Festival di Sanremo. Carlo ha preferito ritirarsi a Nizza. Ma è proprio quando si è abituato a questo esilio autoimposto, che qualcuno si ricorda di lui. Il direttore del Centro sperimentale di cinematografia (interpretato da Roberto Citran) lo contatta per offrirgli la cattedra di regia. Un fatto è certo. A Carlo Verdone non mancano le intuizioni profetiche. La partecipazione di Lucio Corsi alla terza stagione della serie come concorrente della kermesse sanremese si è rivelata reale. Come direbbe Woody Allen, “la vita imita l’arte”.

Tant’è vero che il cantautore toscano non solo ha preso parte all’ultima edizione canora, ma è addirittura arrivato al secondo posto, dietro Olly e prima di Brunori Sas. Di più. Come aveva ipotizzato nella prima stagione, Carlo Verdone è diventato realmente sindaco di Roma. Seppure per un giorno. Infatti, in occasione del suo 75° compleanno (17 novembre), l’attore-regista è stato, per ventiquattr’ore, il primo cittadino della Capitale (come lo fu Alberto Sordi il 15 giugno 2000). Con un esordio da film: la banda della Polizia locale ha suonato la colonna sonora di Un sacco bello firmata da Ennio Morricone, mentre l’attore saliva i gradini del Campidoglio. “Adesso prendo io il comando”, ha detto con la fascia tricolore sul petto.

Nella giornata particolare, il sindaco Roberto Gualtieri ha donato a Verdone la Lupa Capitolina, massima onorificenza della città. Tornando all’ultima stagione di Vita da Carlo, il cineasta, con la consueta verve e la naturale umanità, si cimenta con l’insegnamento nella Scuola nazionale di cinema, come aveva fatto il padre, il critico e storico del cinema Mario Verdone. Per onorare l’illustre genitore, Carlo si diverte a giocare con la propria cinefilia, spaziando dal bianco e nero citazionista di Fritz Lang alla parodia di horror, con il fantomatico e improbabile Catacumba. Appare persino un episodio legato al mistero, ambientato a Natale, volutamente e forzatamente in stile Cena con delitto (Knives Out). Ma se la prima parte del racconto verdoniano suona, con tutta evidenza, fin troppo manierista, la seconda parte, continuando a scandagliare la caotica dimensione familiare, è narrativamente più credibile e ispirata. Perché i personaggi dei parenti rappresentano il cuore autentico del racconto. In particolare, la figlia Maddalena (interpretata da una convincente Caterina De Angelis) e Sandra (Monica Guerritore, che si è calata con umiltà e connaturato fascino nel ruolo dell’ex moglie del regista).

Anche se la palma della migliore interpretazione spetta, senza alcun dubbio, ad Antonio Bannò, che dà il volto a Chicco, il compagno e futuro marito di Maddalena. È l’attore più in parte. Il più credibile. Il più magnetico. Anche, se bisogna ammetterlo, tra i momenti più riusciti della stagione figura il genuino e appassionato rapporto di Verdone con i giovani studenti di cinema. “Facendo i provini – ha dichiarato l’autore – mi sono reso conto che c’è una generazione di ventenni a cui vale veramente la pena dare una chance in questo lavoro. Lo dico anche perché abbiamo bisogno di un ricambio generazionale e personalmente ho trovato dei ragazzi preparati, molto bravi e talentuosi. Diamogli fiducia”. Invece, risulta poco convincente l’accademica performance di Sergio Rubini, collega al Centro sperimentale, coprotagonista nel 1992 il set del film Al lupo! Al lupo!. Gira a vuoto anche la finta partecipazione, carica di stereotipi, di Verdone al programma Belve di Francesca Fagnani. Narrativamente inconcludente. In definitiva, la riflessione di Carlo Verdone sulla società dello spettacolo appare fin troppo superficiale. La conclusione della serie tivù si configura come un commiato divertito e insieme malinconico di un esperimento interessante ma discontinuo.

(*) La recensione della prima stagione di Vita da Carlo

(**) La recensione della seconda stagione di Vita da Carlo

(***) La recensione della terza stagione di Vita da Carlo


di Andrea Di Falco