Il corpo-soggetto: un paradigma liberale/12

martedì 20 giugno 2023


Il corpo del bambino e la fase dello specchio

Lo schema corporeo nel campo è un concetto evolutivo, che si apprende. Nelle pratiche di allattamento osservate da Margaret Mead presso gli Arapesh della Nuova Guinea, nel 1935, è possibile riscontrare oltre allaspetto nutrizionale, guidato dal bisogno, anche un gioco tattile e poi rituale, assimilabile a una esperienza emozionale, uno scambio sensibile ed empatico, basato sul desiderio, esperienza dalla quale il corpo del bambino apprende il gioco e lerotismo.  

Elias parla di un colloquio pulsionale che porta il bambino a un certo grado di orientamento verso il mondo adulto. Solo tramite un certo grado di sostegno corporeo e un soddisfacente colloquio emotivo si può sviluppare linteriorizzazione delle caratteristiche socio-culturali provenienti dall’ambiente. L’assoribimento autentico delle caratteristiche principali del proprio ambiente avvia il corpo-soggeto nel mondo.

La modernità ha tuttavia comportato una crescita delle distanza corporea non solo tra le persone ma anche tra le generazioni: sia tra adulti e bambini che tra adulti e popolazione anziana. Da una cultura tradizionale dove a dominare erano i sensi del tatto e dell’olfatto, si è così passati a una società dove udito e vista (in quanto sensi della distanza) contraddistinguono la postmodernità. Oggi, il sentire il proprio corpo viene filtrato dai sensi della distanza.

Del resto John Watson, il fondatore del behaviorismo, nello stesso periodo in cui Margaret Mead faceva le sue ricerche antropologiche, stabiliva che per la crescita sana del bambino, i genitori dovessero diradare, e finanche bandire, le forme di contatto corporeo, tattile, fisico. Per i bambini significava adottare una condizione militare, nel tentativo di costruire delle macchine efficienti, attraverso lestrema regolarità delle loro abitudini e delle loro funzioni vitali. Nell’universo comportamentista timolo e risposta sostituiscono sentimenti, motivazioni e immaginazione, e il comportamento soppianta la naturale spontaneità della pulsione emotiva e psicologica. Il controllo del corpo esclude dalla esplorazione psicologica il sentire attraverso il proprio corpo.

Il comportamentismo pone così la basi della costruzione di corpi-oggetto, che finiscono col subire l’azione dall’esterno, a riprodurre comportamenti, piuttosto che produrne di nuovi, fondati sul proprio sentire bisogni e desideri. Questo porta ad un tipo di azione che non si rivela autentica. Il motivo principale è che l’esperienza di contatto corporeo che crea la fiducia nel contatto corporeo della madre, e quindi la fiducia nel proprio corpo, viene sequestrata al bambino da una visione distorta dello sviluppo corporeo ed emotivo.

Va detto che al periodo comportamentista sono succedute altre epoche che hanno riconsiderato i danni della distanza corporea, eppure ˗ come ci è apparso durante la pandemia con il distanziamento sociale ˗ un certo criterio che soffre la costruzione del corpo-soggetto è sempre in agguato.

Se è infatti vero che nei primi mesi di vita il corpo della madre e del bambino sono una unità indistinta, solo quando il bambino inizia ad avere una minima capacità posturale e cinestetica, si può cominciare a parlare per lui di schema corporeo, e questa capacità di assumere una funzione soggettiva da parte del corpo, non si raggiunge mai senza attraversare una percezione di sé come oggetto tra gli oggetti, seguendo una serie di differenziazioni sensorie progressive (Farneti e Carlini).

Secondo Lacan la fase dello specchioé costitutiva dellindividualità come soggetto da parte del corpo. Lì avviene infatti una presa di coscienza dellimmagine di sé, distinta dalla propria corporeità e dalla propria collocazione nello spazio ˗ che diventa ora un “campo” per lo schema corporeo ˗ nella distinzione che esso percepisce, avendo coscienza degli altri corpi. Lo schema corporeo diventa allora vettore semantico, come scrive Lebreton.      

 Lhabitus e la socializzazione del corpo

E lo schema corporeo come vettore semantico, cioè come soggetto portatore di segni e significati socio-culturali, conduce alla socializzazione del corpo, che viene culturalmente caratterizzato. Per dare sostegno a queste tesi, che fanno in modo che lo schema corporeo del corpo-soggetto sia un prodotto di uno specifico ambiente socio-culturale, Elias, e poi Bourdieu, introducono il concetto di habitus.

Secondo la teoria dell’habitus, ogni singolo individuo e il proprio corpo (quantunque differente da tutti gli altri) ha in comune con tutti gli appartenenti alla medesima società, portatrice di valori, simboli e cultura, una impronta specifica, un carattere. Questo habitus sociale costituisce lhumus sul quale si sviluppano quelle caratteristiche personali attraverso le quali ognuno si differenzia dagli altri e prende nel tempo coscienza di tale differenziazione e individualizzazione.

Ad un habitus sociale, si associano così habitus di un gruppo, habitus familiari, habitus lavorativi e professionali, e tanti altri, che finiscono con lattivare lhabitus individuale, una entità multistratificata, grazie alle esperienze che il corpo di una persona sente, sperimenta e assimila.

Postura, gesti, parole accompagnate a gesti, espressioni del viso, modi di parlare, regole di prossemica, distanza o vicinanza del corpo all’altro, gestualità seduttiva, oratoria, esposizione di storie: nell’habitus c’è tutto il carattere di una persona. Introversione, estroversione, diffidenza, fiducia nell’altro, e il carattere è guidato dall’intimo sentire, dalla percezione che si ha di sé e del proprio campo di azione, dove la sicurezza di sé si è nel tempo costruita grazie al sano contatto corporeo neonatale, l’assenza di traumi, intrauterini o infantili, una crescita serena e priva di scossoni. 

Per Bourdieu il corpo esprime, con i suoi habitus, un linguaggio della identità naturale che manifesta lessere profondo e quindi lessenza della persona. Il linguaggio del corpo diventa una forma di espressione dalla quale si è parlati, piuttosto che parlarla, che tradisce lattore, svelandone ciò che è più nascosto, ma che, al pari o più di quel che dice di sé, lo rende corpo-soggetto.

Bourdieu, influenzato dal marxismo, introduce anche le condizioni economiche e sociali come condizionanti lhabitus corporeo delle persone, e lo stile di vita finisce con il confondersi con lo stile del corpo, la sua postura, il suo contegno. Per Bourdieu l’uomo cerca la distinzione, esprime il desiderio di distinguersi dagli altri. Differenti condizioni di vita producono habitus differenti. Il corpo senziente e la corporeità per Elias e Bourdieu, sono essenziali per produrre un certo tipo di società, ma divengono a loro volta un prodotto sociale che è quindi il risultato di una combinazione tra unepoca sociale, un periodo culturale, una temperie storica, lesperienza e il sentire individuale.

È la stessa distinzione che fa Touraine, dove individui e gruppi sono responsabili della produzione e della riproduzione della società, che dunque vede rincorrersi fasi creative e fasi nelle quali si copiano habitus esistenti, allontanandosi dall’autenticità dell’azione davvero sentita, dettata da bisogno e desiderio.  

È il caso di ricordare che, per Merleau Ponty, nel momento in cui “il Corpo è gettato nel mondo, mentre questo è già là, lo circonda, lo assedia, è dappertutto, sopra e sotto di lui, e il mondo è un mondo intersoggettivo cui il nostro corpo inerisce” esso non è mai svuotato di contenuti simbolici, culturali e sociali”. Quindi, scrive Merleau Ponty, dopo lo schema corporeo nel “campo”, dotato di senso, proprio del mondo della natura, dobbiamo riscoprire il mondo sociale come campo permanente o dimensione desistenza.

Linfluenza delle condizioni sociali sugli habitus sono alla base del “razzismo sociale”, fondato su etichetta, comportamenti codificati e accettati, su gusti specifici, scelte di vestiario, di arredamento, di acconciatura. Bourdieu ne farà un saggio: “La distinzione”, adottato dal sistema dei media. Una certa macchina, la Renault 4, è di sinistra, la Citroen “ferro da stiro” di destra. E così, via via, a una serie di oggetti, di mode, di modelli di azione vengono assegnate preferenze politiche. 

Io posso distogliermi dalla società, dal sociale e dal culturale, ma mai cessare di essere situato rispetto ad essi”. E ancora, “la mia libertà, il potere fondamentale che ho di essere il soggetto di tutte le mie esperienze non può essere distinta dal mio inserimento nel mondo. Io non posso fuggire lessere-corpo, se non in un altro modo dessere: per esempio io fuggo la società nella natura o il mondo reale in un immaginario che è fatto dagli avanzi del reale”. Per fuggire un modo di essere, sono obbligato ad assumerne un altro. Sempre. Al corpo-soggetto non si può sfuggire, ma si può assumere uno stato di corpo-oggetto per il quale l’azione non riesce più ad essere autenticamente basata sul sentire.

La relazione e il contatto

Di sentire in sentire, di bisogno in desiderio, di azione in passione, di pulsione in impulso profondo si giunge alla relazione, al contatto con gli altri corpi.

In definitiva, dunque, il nostro essere-corpo passa sempre attraverso il proprio intimo sentire, sentirsi, sentirsi-timidi, sentirsi-imbarazzati, sentirsi-sicuri, sentirsi-brutti, sentirsi-belli, sentirsi-veri-uomini, sentirsi-imbranati, scaltri, grassi, onnipotenti, perfetti, arrivati, falliti. Tutte queste determinazioni sono del tutto autonome e indipendenti da quel principio di realtà che fa essere o meno oggettivamente quello che ci si sente di essere. È dunque il trionfo dellintenzionalità fenomenologica: la coscienza di qualcosa. E con questo sentirsi andiamo ad incontrare il mondo e ci mettiamo nella relazione.    

Goffman definisce con il termine “situazione” lambiente spaziale nel quale una persona si trova ad essere membro di un raggruppamento che è in corso”. Invece limpegno, il coinvolgimento e lincontro seguono la situazione. Con il corpo in una situazione, in un coinvolgimento, Goffman asserisce per il corpo la funzione del chiasma merlopontiana: percettore e percepito. Ed è con lessere-corpo dellaltro che il nostro essere-corpo costruisce il contatto. C’è necessità di una consapevole presenza corporea perchè avvengano una relazione sociale, un incontro e un contatto.  

In questa determinata “situazione” cui siamo obbligati dallessere nel mondo, continua Merleau Ponty, “lo sguardo dellaltro sul nostro corpo, lo trasforma in oggetto poichè il corpo dellaltro è per noi un oggetto solo se ci ritiriamo entrambi in fondo alla nostra natura pensante, se entrambi ci facciamo sguardo inumano, se ciascuno sente le proprie azioni non riprese e comprese dallaltro, ma osservate come si osservano quelle di un insetto”. Lo sguardo non funziona se è uno sguardo scientifico, che indaga l’altro più che entrarci in contatto. 

È il caso dello sguardo tra sconosciuti, quando loggettivazione di ciascuno effettuata dallo sguardo dellaltro è percepita e si sente come penosa, solo perché prende il posto di una comunicazione, e di un incontro, possibili. Quella pena che si sente e imbarazza, è la nostalgia della comunicazione e del contatto che erano possibili ma che non si sono compiuti.      

È così che, secondo Goffman, lesposizione continua del corpo tende a rende la corporeità socializzata: “lindividuo può smettere di parlare ma non può smettere di comunicare attraverso lidioma del corpo, con un corpo sempre socialmente situato.”

E Simmel ci viene in soccorso come corpo soggetto, quando scrive che nel contatto degli occhi si realizza la relazione reciproca più immediata e più pura che esista, in quanto questa azione non si cristallizza in nessuna formazione oggettiva”. L’uomo esiste per laltro non già quando quest’altro lo guarda ma soltanto quando anchegli lo guarda” e sente. Lo sguardo reciproco testimonia cioè il prendere parte emozionalmente allo scambio: simpatia, antipatia, sfiducia o fiducia passano da qui. Si tratta di cose, tutte, che si sentono molto più di quanto si pensino. Forse la riflessione giunge solo dopo queste mere sensazioni. 

Come potrebbe infatti un corpo-oggetto entrare in relazione?!

È stato così che la gestione della pandemia, che intendeva proprio colpire la relazione tra corpi-soggetto, si è calata pesantemente tra corpi fatti diventare oggetto della paura, del terrore del contagio, e divenuti oggetto di se stessi e del proprio terrore, prima ancora che del potere. Il volto, la faccia ˗ snodo centrale dellincontro reciproco, del contatto, attraverso il contatto degli occhi, dellespressione del viso, portatore di emozioni chiare ˗ è stato così ricoperto dalle mascherine, ovvio impedimento alla relazione spontanea. Queste dinamiche hanno creato sfiducia e malessere che non sembrano trovare più rimedio.

Non solo. La relazione umana ci fa sentire il corpo, scatena azioni e reazioni, ricorda che la dimensione del sentimento del corpo è vita. E per Merleau Ponty non c’è niente di più vitale dellerotismo, dellincontro erotico e sensuale, della “situazione” sessuale.  

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di Andrea Andy Indie De Angelis