Il grande circo social del fitness

venerdì 13 giugno 2025


Qualche tempo fa mi sono occupato dello sdoganamento e della normalizzazione dell’obesità sui social, che sembra si stia “imponendo” − ovviamente ancora con numeri contenuti − come uno modello di vita alternativo. Ormai lo slogan “grasso è bello” si tira fuori per minimizzare i rischi di uno stile di vita che in realtà è intrinsecamente patologico. Vorrei riflettere oggi sul fenomeno opposto, e cioè la diffusione, su Instagram e Tiktok, dei cosiddetti fitfluencer, generalmente ragazzi under 25 che condividono sui social le loro trasformazioni fisiche e si ergono a motivatori per cui vuole iniziare un percorso di cambiamento, con indicazioni non solo sportive ma anche alimentari.

Premessa: i personal trainer non sono iscritti ad un albo come i medici o i giornalisti. Posso fare un corso on-line di 20 ore e diventare personal trainer: sta poi ad un ipotetico cliente la scelta di affidarsi a me oppure a qualcuno magari laureato in Scienze motorie e con anni di formazione alle spalle. Per quanto riguarda la formulazione di un piano alimentare ci si dovrebbe rivolgere ad un dietologo, ad un nutrizionista o al proprio medico di base, ma capita spesso che molti di questi pseudo-guro del fit diano anche indicazioni alimentari. Per carità, dire ad un ragazzo di mangiare due grammi di proteine per chilo di peso e di alzare i grassi non è fare un piano alimentare: sta di fatto che molti gymtoker si spingono anche in ambiti che non dovrebbero minimamente governare.

La settimana scorsa si è conclusa l’edizione 2025 del RiminiWellness, l’evento internazionale − che fa parte della attività di Rimini Fiera − dedicato alla promozione di stili di vita sani, allo sport e alla sana alimentazione. Entri in un qualsiasi padiglione e si materializza a velocità assurda il grande circo del fitness. Wellness significa benessere. Ma lì dentro di benessere c’è ben poco. Abbondano gli stand di integratori (che, a quanto pare, ne esce qualcuno nuovo ogni giorno), di alimenti proteici; ci sono spazi dove le aziende presentano nuovi macchinari per il fitness e il bodybuilding. Ma la maggior parte dei presenti, quasi tutti sotto i trent’ anni, vanno lì per farsi le foto in posa con i loro beniamini. In questi giorni, l’algoritmo di TikTok mi ha mostrato centinaia di video di questi adolescenti che si tolgono la maglietta accanto al guru di turno, si mettono in posa “flexando” per bene quello che hanno e intrattengono chiacchierate di alto livello su come ingrossare la schiena in posa o come far crescere i deltoidi. Nessuno di loro sta facendo qualcosa di sbagliato. Qui non si tratta di fare valutazioni etiche. Se i problemi del mondo fossero le fiere della vanità come questa pregherei di vivere in eterno. Il problema, di fondo, è sempre l’orientamento distorto che la comunicazione e i social stanno prendendo. Parallelamente ai modelli del “grasso è bello “ stanno aumentando a livelli vertiginosi questi ragazzini che in modo spesso ossessivo illustrano altre vite al limite, fatte di alimentazioni dozzinali e spesso limitate, uso continuo di integratori (io stesso ne ho testati molti per diversi mesi, senza aver nessun tipo di miglioramento o senza che influenzassero i miei allenamenti), programmi che vengono spacciati per personalizzati e altre indicazioni (come dicevo prima, anche sul piano alimentare). E tanti ragazzi ci cascano, non sapendo che soltanto una cosa può fare di nuovi scadenti o ottimi sportivi: la genetica. Quella la conosciamo solo noi, e a volte nemmeno tanto bene. L’idea che per diventare grosso debba mangiare quello che dice un fitfluencer, prendere gli integratori che consiglia, dormire quanto dice un altro guro, allenarmi senza sapere come il mio corpo possa rispondere a nuovi stimoli dopo qualche tempo, può avere effetti molto dolorosi. Molti ragazzi “secchi” (in palestra, questo è il termine peggiore che si possa dire a qualcuno) non diventano “grossi” proprio perché si affidano, direi si abbandonano, alle fantasie che tanti influencer mettono in rete. Molti sognano di diventare dei bodybuilder: alcuni ragazzi, a Rimini, si mettevano in posa davanti ai grandi (come Ronnie Coleman, o quello che resta di lui) chiedendo: “Andrò mai al Myster Olimpia?”. Il fatto è che molti di questi bodybuilder sono quasi in imbarazzo davanti a certi fisici naturali da non saper nemmeno rispondere. Per arrivare a quei livelli si deve però passare al lato oscuro, quello del doping. Che poi, molti dei ventenni invitati a Rimini abbiano già fatto il loro primo ciclo di qualche sostanza è palese. Vedere uomini di trenta o quarant’anni, grossi, gonfi come rospi, che a malapena riescono a fare un respiro completo, fa riflettere. E per tanti ragazzi non risolti, pieni di complessi, quelli sono modelli. Se peso 200 kg avrò la mia guida, ma anche se voglio diventare “grosso” i modelli (negativi) non mi mancano.

Le palestre ormai sono piene di adolescenti, ancora in età scolare, che cercano qualcosa, che vogliono mettersi in mostra, che si ritrovano a far parte di circoli dove il narcisismo è la bussola. Un conto è andare in palestra per tenersi in forma, come magari fanno i pensionati o i quarantenni con una famiglia e tanto stress, un conto è allenarsi con i pesi come propedeutica o integrazione ad altri (veri) sport; un conto è orientare la propria esistenza alla ricerca morbosa di qualche obiettivo (come diventare “grosso”) spesso a scapito della salute, inclusa quella mentale. E qui ritornano i complessi, le sindromi di inferiorità, i continui paragoni con gli altri, il vedersi inadeguati e il sentirsi sempre sbagliati. Il tempo passa, il corpo cambia, posso veder crescere un mio amico mentre io rimango secco. Dolore infinito. Per fare sport bisogna avere la mente libera. Serve disciplina per migliorare. “Disciplina” è la parola che più leggo quando qualche fitfluencer parla di come si migliora. Fa quasi ridere l’idea che per loro sforzarsi di dormire otto ore, mangiare bene e allenarsi a cedimento sia “disciplina”. Quello non è nulla. La disciplina la dà un maestro, la dà il mettersi in una condizione mentale specifica, la dà la competizione. Nelle palestre, sia fisiche che virtuali, quelle delle foto in posa davanti allo specchio, la disciplina non è mai entrata. Non so con esattezza quali saranno le conseguenze di tutti questi contenuti: tra qualche anno i bodybuilder si saranno sgonfiati come palloncini, tanti ragazzi-guru magari avranno qualcos’altro da fare e si alleneranno sempre meno: di tutta la “disciplina” di cui hanno parlato rimarrà poco.

Apprezzo invece quei ragazzi che mostrano la loro quotidianità (alimentare e sportiva) senza volersi imporre come modelli, ma soltanto con l’idea di far vedere qualcosa di sano, come fare colazione senza bevande proteiche o pancake d’albume, andare a correre, passeggiare nella natura e riflettere. Ma tutto ciò è meno appariscente. Fa più effetto mostrare qualche contenitore di creatina, piangere dal dolore mentre si fa qualche esercizio e farsi le foto con le luci false delle palestre. L’unica cosa che può farci stare bene a livello fisico e mentale è la stabilità e la sostenibilità di uno stile di vita sul lungo periodo. Non serve a niente mangiare bene, prendere integratori e allenarsi come forsennati, se tra due anni questa vita mi andrà stretta e non sarò diventato come i pompati di TikTok. Vorrei più ragazzi “influencer” della semplicità, dell’equilibrio, che ricerchino il vero benessere e che non abbiamo come scopo della vita quello di trasformarsi in guro del fumo. Di venditori di nulla il mondo è pieno, a partire dai tanti leader che non sanno gestire le situazioni presenti. Riconosco la sacralità dell’usare liberamente gli strumenti comunicativi come i social, ma non posso non riflettere sulle conseguenze etiche della diffusione di modelli sfalsati, di maestri improvvisati, di profeti incompetenti. Come ho detto prima, si può parlare di sport senza alcun titolo. Ma spesso si parla di cose ben più impegnative e delicate senza le competenze (medici alternativi, pseudo-scienziati, complottisti). I social stanno trasformando l’attività sportiva delle palestre generiche (quelle dove si sollevano pesi) in community quasi settarie, dove ci si riunisce intorno al palestrato di turno per ascoltare dalle sue sacre labbra i segreti dell’ipertrofia. Inoltre, la più o meno dichiarata (e sempre intuibile) condizione fisica di chi usa sostanze anabolizzanti viene presa a modello da tutti coloro che − sempre per profonde fragilità, certamente non scaricabili sulla società − vogliono crescere velocemente, senza affrontare le naturali fasi che il corpo e la mente richiedono.

Nessuno sport o disciplina (come le arti marziali) può essere praticato con la filosofia della fretta. A volte aiuta la predisposizione fisica, a volte il talento per la vita di squadra, a volte semplicemente l’abnegazione e la disciplina. I social sono veicoli d’illusione, sono laboratori di false aspettative, e tutto viene manovrato dalle logiche motivazionali spicciole e settarie che tanti influencer dichiarano nei loro video. A tutti i ragazzini che vogliono emulare il pompato di turno consiglio di studiare i rischi per la salute delle sostanze dopanti o dell’allenamento eccessivo. Qualcuno parla di Ronnie Coleman come di un “eroe”: è finito sulla sedia a rotelle dopo un intervento che doveva risolvere delle lesioni alla schiena presenti da anni, su cui invece ha continuato a caricare pesi. Questo è un caso estremo. Ma basta guardare qualche bodybuilder di cinquant’anni per capire che fine si fa ad inseguire la ricerca del corpo perfetto. Le scelte sono personali. Assumere sostanze dopanti è illegale − almeno in Italia − sognare no. Ma sarebbe più fruttuoso cercare di dare un orientamento equilibrato alla propria vita, impegnandosi per raggiungere i propri obiettivi senza però che la competizione, i complessi e le corse appannino la mente. 


di Enrico Laurito