Djoković: il silenzio di Roma e l’eco di un addio

venerdì 2 maggio 2025


Nel cuore della primavera romana, quando il Foro Italico si veste di arancio e applausi, un’assenza fa più rumore di molte presenze: quella di Novak Djoković. Il serbo ha annunciato che non prenderà parte al torneo Master 1000 di Roma, uno dei templi sacri del tennis mondiale, e la notizia ha colpito come un rovescio lungolinea inatteso, lasciando gli appassionati in un silenzio pieno di interrogativi. Djoković non ha parlato apertamente di ritiro, ma i segnali cominciano a disegnare un quadro che i più romantici del tennis riconoscono: quello della lenta, dignitosa uscita di scena di una leggenda. A 37 anni, con 24 titoli del Grande Slam sulle spalle e l’aura di chi ha già scolpito il proprio nome nella storia, Nole sembra ora ascoltare un tempo più interiore, un ritmo che non è più dettato dal calendario Atp, ma dal cuore.

Roma, dove Djoković ha vinto sei volte e ha perso altrettante finali, era una tappa speciale. Saltare il torneo capitolino significa rinunciare a un pezzo d’anima, ed è per questo che la sua scelta non può essere letta solo come una pausa fisica. È qualcosa di più profondo. È come se il campione serbo stesse cominciando a dire addio, a modo suo, con delicatezza e senza proclami. Lo si immagina oggi in silenzio, lontano dai riflettori, forse in un campo privato, a colpire la palla contro il vento. O magari in una delle sue letture filosofiche, cercando risposte oltre la linea di fondo. Djoković è sempre stato più di un atleta: è stato un pensatore in pantaloncini bianchi, un ribelle elegante, un funambolo del tempo che non ha mai avuto paura di essere se stesso, anche quando questo significava andare controcorrente. La sua assenza a Roma potrebbe essere solo una pausa. Ma potrebbe anche essere il preludio a un addio che nessuno è pronto ad accettare.

Perché Novak Djokovic non è soltanto un giocatore: è un frammento di un’epoca irripetibile. Con Roger Federer e Rafael Nadal che hanno già appeso la racchetta al chiodo, la sua uscita rappresenterebbe la chiusura definitiva del più grande capitolo nella storia del tennis. Basta il silenzio di Roma, quel vuoto improvviso nel tabellone, e il battito di cuore di chi, per 20 anni, ha vissuto ogni punto come se fosse il primo, o l’ultimo. Perché a volte, i veri addii cominciano senza parole. Con un’assenza che fa più rumore di mille presenze.


di Michele Bandini