venerdì 21 febbraio 2025
Con Tecla Pettenuzzo ci si catapulta nel “mondo dei grandi”. O almeno, così si è sentita la calciatrice del Napoli quando ha visto la sua figurina dell’album Calciatrici Panini, nella sua prima edizione con Serie A e Serie B femminile. L’Opinione, ha avuto il piacere di intervistare il difensore delle partenopee.
Nonostante la giovane età, hai molta esperienza nella massima serie. Già Brescia, Sassuolo, Roma, Sampdoria e adesso Napoli. Nelle ultime uscite, dopo l’infortunio di Paola Di Marino sei tu il capitano. Cosa significa per te indossare la fascia? soprattutto in vista dei playout di Serie A.
La fascia in generale credo sia una grande ma bella responsabilità, e per me pesa tanto per la persona che sto sostituendo. Perché Paola (Di Marino, ndr.) è uno di quei capitani che vive di Napoli, che mangia Napoli e che questo stemma sul petto sa cosa voglia dire. E te lo riesce a trasmettere. Quindi per me sapere che sto ricoprendo quel suo ruolo è tanto, tanto importante. Poi ovviamente è sempre una soddisfazione riuscire ad arrivare ad avere questa fascia.
Una curiosità, ti sei sempre vista come una leader in campo oppure questa consapevolezza è arrivata col tempo?
Sicuramente è arrivata in una fase più matura della mia carriera, e credo che io stia ancora maturando. Quando ero più piccola, nelle prime esperienze tra le grandi non ero una giocatrice che parlava tanto. Poi, avendo sempre più partite sulle gambe, ho acquistato un po’ più di consapevolezza. Quindi sì, credo che a “leader” ci sto ancora arrivando, e la fascia è uno stimolo in più per aiutare la squadra, farmi sentire, trascinare il Napoli dove merita di arrivare.
Circa un mese fa, avete accolto il nuovo mister David Sassarini. Come si affronta un cambio di allenatore in corsa, soprattutto in un momento chiave del del campionato?
La prima parte da gestire è quella emotiva. Quindi dire: okay, sono cambiate delle cose molto velocemente, però essendo così in corsa non c’è il tempo per “metabolizzare” tutto. Siamo state molto brave a riuscire a resettare il capitolo settembre-gennaio e ci siamo subito predisposte per la prossima fase del campionato, la nostra bravura è stata quella di provare ad assorbire tutto quello che c’è da assorbire in minor tempo possibile.
Pareggio con la Juventus, vittoria contro il Como, già si vedono i frutti del lavoro svolto…
Infatti il mister ci dice sempre che probabilmente se non ci fosse stato Salvatore Mango non avremmo questa resilienza, questa capacità soffrire e di stringere i denti. Noi stiamo lavorando tanto sul possesso palla, su come attaccare, insomma l’arrivo del nuovo mister sta avendo i suoi frutti, perché ci sta facendo lavorare tanto su quelle che erano le nostre carenze. Ma partendo da basi solide a livello atletico, come dicevo, grazie al lavoro svolto da mister Mango.
Cambiando discorso, è uscito per la prima volta l’album delle figurine dedicato alla Serie A e alla Serie B femminile. Cosa hai pensato quando l’hai saputo? Cosa si prova a ad avere la propria figurina delle Calciatrici Panini?
Appena ci hanno detto che quest’album sarebbe stato pubblicato è stata una grande emozione. Ti senti nel mondo dei grandi no? Vali, esisti come calciatrice, esisti come Serie A femminile. Questo è un segnale molto importante per la nostra crescita, perché il bambino che compra l’album inizia a capire che c’è un mondo di che magari non conosce. E poi personalmente è stata un’emozione grande. Arrivare a casa e dire “nonna guarda che c’è l’album con la mia foto” e quindi mettermi con lei a scartare tantissimi pacchetti perché era curiosa e voleva trovare la mia figurina è stato bello, molto bello.
L’album Calciatrici, poi gli Europei 2025 trasmessi dalla Rai. Qualcosa si sta muovendo a livello nazionale per il calcio femminile, ma non è abbastanza. Cosa manca a livello istituzionale, culturale, per ridurre il gap di risonanza con il calcio maschile?
Sicuro la conoscenza. Capita tante volte ancora di conoscere persone che non sanno esista una Serie A femminile, quindi servirebbe un investimento sulla parte mediatica, a parte quelle tre-quattro squadre che hanno un grande seguito. Purtroppo non siamo un investimento, ad oggi siamo ancora una spesa. Qualche anno fa era uscita una legge che obbligava tutte le società maschili e professionistiche a creare un settore femminile, pena una multa. E tante società purtroppo preferiscono pagare la multa che avere una squadra femminile. Sarebbe tanto importante che ogni squadra avesse una femminile, perché purtroppo che tante famiglie non mandano la figlia a giocare con i maschietti, ed essendoci poche realtà che partono da bambine piccole ci sono ragazze che iniziano a giocare a tredici, quattordici anni, quando non hai la velocità di apprendimento di un bambino. Inoltre, i nostri campionati stanno iniziando ad avere sempre più straniere, stanno diventando molto più competitivi, e se il nostro settore giovanile non inizia a lavorare con le bambine poi faranno sempre più fatica a inserirsi in Serie A.
Quali sono stati, o sono tutt’ora, i tuoi idoli calcistici?
Con Fabio Cannavaro gioco sul sicuro. mi piaceva vederlo giocare e la cattiveria che metteva in campo. Magari non aveva i piedi migliori al mondo, però è arrivato lì per la voglia e il lavoro. E lo stesso Giorgio Chiellini, loro sono la dimostrazione che se ci credi arrivi a togliersi grandi soddisfazioni. Al femminile, quando ero più piccola guardavo tanto Cecilia Salvai perché mi piace come gioca, ma Laura Fusetti è quella che sento più vicina, perché giocavo con lei nel mio primo anno in Serie A (al Brescia, ndr.). Poi lei ha finito la carriera al Milan, ma è stata molto paziente con me e mi ha dato tanto. Più che idolo, è stata un esempio. Ma forse è la stessa cosa.
Ultima domanda: sei già stata convocata una volta in Nazionale maggiore. La maglia azzurra, al momento, è un sogno nel cassetto o un obbiettivo?
La maglia della Nazionale è la maglia della Nazionale. Se dovesse mai arrivare un’altra convocazione sarei davvero felice. Forse quando era arrivata la prima chiamata non ero pronta per quel tipo di esperienza, avevo bisogno di fare ancora della strada e del lavoro su me stessa. Ad oggi non so dire se è un obiettivo o se è un sogno nel cassetto. Sicuro mi sento più pronta. So che la competizione è tanta, mi dispiace non essere lì però lo capisco. Insomma, il cassetto “è aperto”. Se dovesse arrivare la chiamata, farei di tutto per farne arrivare un’altra.
di Edoardo Falzon