giovedì 31 ottobre 2024
Nel giorno dei suoi 60 anni, Marco Van Basten riemerge nella memoria collettiva come uno dei più grandi talenti che il calcio abbia mai conosciuto. Nato il 31 ottobre 1964 a Utrecht, l’attaccante ha incarnato l’essenza del bomber completo: tecnica raffinata, istinto innato per il gol e una capacità straordinaria di essere decisivo nei momenti più importanti. Tuttavia, la sua carriera è stata segnata da un dualismo crudele tra successi e infortuni devastanti, che ne hanno arrestato il percorso troppo presto. Van Basten ha esordito giovanissimo con l’Ajax, distinguendosi subito per la sua abilità nel segnare e nell’interpretare il gioco. Con quattro titoli di capocannoniere della Eredivisie e una Scarpa d’Oro ottenuta nella stagione 1985-86 – quando ha realizzato 37 gol in 26 partite – si è imposto come uno dei talenti emergenti più interessanti d’Europa. Con la squadra di Amsterdam, ha conquistato anche tre campionati olandesi e la Coppa delle coppe del 1987, segnando in finale contro il Lokomotive Lipsia. Tuttavia, il giovane attaccante aveva ambizioni più alte, e quando il Milan si è interessato a lui, Van Basten ha colto al volo l’opportunità.
Nel 1987, il Milan di Silvio Berlusconi ha messo a segno un colpo storico, portando in squadra il cigno di Utrecht, che presto si è trovato a giocare con altri due grandi olandesi, Ruud Gullit e Frank Rijkaard. Sotto la guida di Arrigo Sacchi, i rossoneri hanno adottato un gioco rivoluzionario, dove pressing e intensità sono diventati la cifra stilistica. Van Basten, con il suo talento naturale, si è adattato magnificamente, risultando determinante nelle vittorie della Coppa dei campioni nel 1989 e 1990, e della Coppa intercontinentale sempre nello stesso anno. In quegli anni, il fuoriclasse olandese ha raggiunto l’apice della carriera, vincendo tre Palloni d’Oro (1988, 1989 e 1992) e consacrandosi come uno dei migliori attaccanti della storia.
Ma il fisico di Van Basten ha iniziato a cedere sotto i colpi dei difensori e delle partite ad alta intensità. Già dalla prima stagione al Milan, Van Basten ha sofferto di problemi alla caviglia, che si sono aggravati nel corso degli anni, richiedendo numerosi interventi chirurgici. Nel 1993, a soli 28 anni, Marco si è sottoposto a un’operazione delicata nella speranza di poter tornare in campo. Tuttavia, le sue condizioni non sono migliorate, e la sua ultima apparizione risale alla Finale di Champions League del 1993 contro il Marsiglia, giocata tra il dolore e la consapevolezza che il ritiro fosse imminente. L’annuncio ufficiale è arrivato inesorabilmente nel 1995. Il cigno si è congedato dai tifosi rossoneri con un discorso emozionante, tra gli applausi di San Siro e le lacrime di chi ha visto svanire un campione troppo presto. E se lo sport gli ha dato tanto (ma non tutto ciò che gli sarebbe spettato di diritto), lo stesso non si può dire della sua situazione familiare, soprattutto del suo rapporto con la malattia della madre. “Mia madre è stata in un manicomio, era un’esperienza strana, dopo il suo primo ricovero, in quegli anni, andavo a visitarla spesso ma non mi riconosceva. Lei, in realtà, non c’era già più, era già altrove, mi raccontava cose strane”, ha ammesso il campione in un’intervista.
Nonostante una carriera bruscamente troncata, Marco Van Basten ha lasciato un segno indelebile. Le sue 276 reti in 373 partite, i titoli internazionali e i Palloni d’Oro lo hanno consacrato come un mito. La sua capacità di segnare in ogni modo e la visione di gioco lo hanno reso un punto di riferimento per generazioni di attaccanti. Oggi, il bomber di Utrecht resta un simbolo per gli amanti del calcio e un esempio di talento indomito, un uragano contenuto in una teca di cristallo.
di Edoardo Falzon