martedì 1 ottobre 2024
Not in my house. Era questa la celebre frase – legata al gesto del “no” fatto con l’enorme dito indice – che Dikembe Mutombo usava per celebrare ogni stoppata effettuata sui parquet prima dei Denver Nuggets, poi degli Atalanta Hawks e dei Philadelphia 76ers. Ma anche i New Jersey Jets, i New York Knicks e gli Houston Rockets sono stati la “casa” di uno dei difensori più forti della storia dell’Nba, che si è spento a 58 anni a causa di un tumore al cervello. Nel 2022, la lega aveva reso noto della malattia, e del fatto che Mutombo stelle lottando contro questo male.
Era originario dello Zaire (ora Repubblica democratica del Congo) ed è stato fra i primi campioni africani del basket americano. Mount Mutombo era alto 2.18 metri, e grazie alla sua intelligenza tattica e le sue doti atletiche è stato il recordman di stoppate per tre stagioni consecutive – dal 1993-1994 al 1995-1996 – e dei rimbalzi, di cui è stato il detentore per le stagioni 1999-2000, 2000-2001. Dikembe è membro della Hall of Fame del basket americano dal 2015, da soli sei anni dopo il suo ritiro ufficiale, ed è secondo nella classifica all time di stoppate, dietro solo ad Hakeem Olajuwon. Infine, per ben quattro anni (1995, 1997, 1998, 2001) è stato eletto come miglior difensore della lega, primato eguagliato da Ben Wallace e Rudy Gobert.
Ci sono ragazzini nei campetti di tutto il mondo che stoppano l’avversario e gli fanno di “no” con il dito, probabilmente senza sapere chi ha inventato questo gesto. Probabilmente, perché un Mutombo è, anche giustamente, meno celebre di un Jordan o un Bryant. Ma va bene così, perché Dikembe è stato molto più di un giocatore di basket. Negli ultimi 30 anni, l’unico nuovo ospedale costruito in Congo è stato innalzato grazie a un suo investimento. Mutombo ha poi continuato a costruire interi quartieri e case popolari nel suo Paese. Poi, grazie alla sua fondazione, ha aiutato stabilmente i più poveri del Congo, del Sudan e di Washington – la città in cui ha vissuto gran parte della sua vita – ed è inoltre stato un portavoce delle Nazioni unite e un fermo sostenitore del Comitato paralimpico Usa.
Oltre ad essere diventato parte del gergo Nba (not in my house), Dikembe Mutombo è riuscito a diventare un esempio fuori dal parquet, che ha fatto della missione umana il senso della sua vita dopo lo sport. Farewell, Mt. Mutombo.
di Edoardo Falzon