Una rinuncia che salva la vita

giovedì 1 agosto 2024


L’atteso match della discordia tra l’italiana Angela Carini e l’atleta transgender Imane Khelif, dell’Algeria, è iniziato e dopo pochi secondi – per l’esattezza 46 – è finito.

La nostra atleta napoletana ha preso questa difficile decisione, rinunciando al sogno olimpico, dopo aver subito due violenti colpi: un destro nella parte bassa del volto che le ha fatto sganciare il casco ed un secondo colpo devastante che l’ha costretta al ritiro. Parlare di scelta è un eufemismo. La nostra, si è lasciata andare ad uno sfogo di pianto. Amarissimo.

Stendendo un velo pietoso sulla telecronaca Rai della gara – che vogliamo definire semplicemente imbarazzante per non mettere il dito nella piaga –, quando la stampa nostrana, amica della finta inclusività, le ha fatto notare che si è ritirata, Carini ha sottolineato: “Mi dispiace ancora di più, mi ero emozionata ieri quando ha scritto ‘combatterò’ perché in queste cose sicuramente conta anche la dedizione, la testa, il carattere. Però poi conta anche poter competere ad armi pari. E dal mio punto di vista non era una gara pari”.

Al netto di polemiche politiche strumentali come quelle portate avanti dall’Algeria – parlando di iperandrogenismo e intersessualità, con livelli di testosterone nella norma, sottolineando che Khelif non è transgender – rimane un dato di fatto: Caster Semenya, nata donna ma con livelli di testosterone elevatissimi (lei sì nata con iperandrogenismo), è stata esclusa dalle competizioni di atletica in nome della equità e della salvaguardia degli atleti.

Perché variano i criteri in base alla disciplina sportiva?

I diritti delle persone omosessuali, transgender, intersessuali (e tutte le sfumature possibili) non sono messi in discussione. Ma perché i loro diritti sono più importanti di quelli delle persone che vengono definite cisgender? Cosa c’entra lo sport con tutto questo?

Bene ha fatto la nostra Angela: la sua sofferta rinuncia speriamo possa aprire una seria riflessione su come garantire sicurezza ed equità in tutte le competizioni sportive. E sicuramente le ha salvato la vita.


di Claudia Diaconale