Ritratti. Quei campetti chiusi a chiave

venerdì 22 settembre 2023


Ogni luogo era buono: un parco, una strada, un terreno anche intriso di sassi e buche. Con un pallone e un pizzico di fantasia era possibile volare ovunque, dal Santiago Bernabeu all’Old Trafford. C’era la voglia di andare oltre. C’era la creatività. Quella creatività che, adesso, è assente. Oppure è assunta in piccole dosi.

Un discorso, questo, affrontato da Dino Zoff in un’intervista al Corriere della Sera dell’anno scorso. L’ex numero uno di Udinese, Mantova, Napoli e Juventus, campione del mondo con la Nazionale italiana di calcio nel 1982, spiega a chiare lettere: “Manca l’oratorio. Oggi i campetti mi sembrano tutti chiusi a chiave. Per entrarci devi pagare. E quando paghi poi le cose cambiano, salta la legge del campo dove il più forte vince. E dove tutti migliorano. Al campetto siamo cresciuti tutti, magari con un parroco che ti levava il pallone se non andavi a messa”.

Sempre Zoff: “Non sono un nostalgico, non lo sono mai stato, credo che ognuno sia figlio della propria epoca. E per fortuna, aggiungo. Non è vero che una volta tutto era meglio, non scherziamo. Però ci sono alcune cose che andrebbero tenute in maggiore considerazione, come l’educazione alla creatività dei piccoli calciatori”.

Non solo: “Devono essere liberi di giocare, devono sentirsi liberi. Senza genitori che pretendono di avere figli campioni a dodici anni, facendo in realtà solo loro del male. All’oratorio si cresceva imparando che nulla nella vita è dovuto: se uno è più bravo, vincerà. E allora tu per essere bravo uguale devi correre di più, imparare, crescere. Perché nessuno lo farà per te. Il campetto insegna la vita”.

Amen.


di C.B.