Dewulf: antieroe pre-social, demolito da un fax (e da Guga)

venerdì 29 luglio 2022


Maledetti fax. E maledetti giornalisti. Il 1997 è l’anno di un mezzo carneade secco allampanato che a 20 anni si prende il Roland Garros. GustavoGugaKuerten è un biondastro segaligno, un po’ ingobbito e parecchio sgraziato, che fa il suo debutto in società andando a vincere gli Open di Francia. Tra lui e la finale c’è un ragazzotto fiammingo con l’occhio ceruleo e i basettoni da rockstar, arrivato al penultimo atto anche lui, come Kuerten, nella sorpresa generale. Le attenzioni, dunque, non sono tutte necessariamente puntate sul giovane brasiliano. Per entrambi è il primo grande palcoscenico del tennis mondiale. Che vale una finale. Ma se Kuerten sembra a suo agio nell’arena di Bois de Boulogne, il suo avversario no, spremuto e svuotato dalle improvvise attenzioni mediatiche.

Alzi la mano, anzi la racchetta, chi si ricorda di Filip Dewulf da Bourg-Leopold, che 25 anni fa sfiorò l’impresa di vincere lo slam parigino. Un torneo che per lui era cominciato una settimana prima dell’avvio ufficiale. Fuori dai primi 64, è infatti obbligato a giocare le qualificazioni per entrare nel tabellone principale. Dewulf, in realtà, non è proprio un signor nessuno. Due anni prima si era preso la soddisfazione di vincere il torneo di Vienna battendo in finale addirittura il beniamino di casa Thomas Muster.

Nelle qualificazioni, Dewulf mette in fila prima il nostro Stefano Pescosolido, poi tale Cyril Buscaglione (francese) e infine Julien Chauvin (un altro galletto). Al primo turno supera facilmente Cristiano Caratti in 3 set. Poi cominciano le battaglie vere: servono 5 set per regolare il brasiliano Felipe Meligeni e altri 5 per battere lo spagnolo Albert Portas. Ma il meglio arriva agli ottavi e ai quarti. Va oltre il pronostico e oltre se stesso, sconfiggendo due terraioli: lo spagnolo Alex Corretja e lo svedese Magnus Norman.

È una deflagrazione. Impossibile continuare a fari spenti. Le luci infatti si accendono. E accecano. Ed è l’inizio della fine. La pressione si fa insostenibile. Il giorno prima della semifinale un giornale locale ha la brillantissima idea di proporre ai tifosi di inviargli dei fax d’incoraggiamento. E lui, invece di starne alla larga, ha l’altrettanto brillantissima idea di leggerseli tutti: “Non avrei dovuto farlo, mi hanno messo ancora più pressione”, ha raccontato di recente alla Rtbf, “ho vissuto malissimo l’iper-mediatizzazione: all’inizio era bello, poi l’interesse generale è cresciuto e io ho iniziato a divertirmi sempre meno”.

E la politica, naturalmente, ci mette del suo. Mai deviare dalla regola principale: salire sul carro del vincitore. E infatti quel 6 giugno sulle tribune del centrale si presentano il principino Filippo erede al trono e una mezza dozzina di ministri. Alla sua fidanzata, insegnante di francese, le negano invece un giorno di permesso. Arriverà in elicottero all’ultimo momento, grazie all’interessamento di un giornale che si accolla le spese. “Non ce l’ho fatta a gestire tutte queste attenzioni. Era decisamente troppo per me. Mentalmente non ero pronto”.

A Guga riesce a strappare un set, per poi cedere nel tie-break del quarto. Dopo cinque anni si ritira, diventa giornalista sportivo (e si ricicla nel padel). La vittima si è fatto carnefice.


di Pierpaolo Arzilla