Campioni del mondo: 40 anni fa l’urlo di Tardelli

lunedì 11 luglio 2022


Quarant’anni fa l’Italia di Enzo Bearzot trionfa al Santiago Bernabeu ai Mondiali di calcio del 1982. In quegli anni il trofeo rappresenta il coronamento di una carriera che, spesso, significa pure Pallone d’oro. La competizione si divideva in due fasi a gironi, una semifinale e la finalissima. L’Italia comincia male, riesce a cavarsela al primo turno grazie a un gol segnato in più del Camerun. Neanche il tempo di tirare un sospiro di sollievo e gli Azzurri vengono gettati nella “fossa dei leoni sudamericani”, per usare le parole di Gianni Brera. Contro l’Argentina un riscoperto catenaccio, le reti di Marco Tardelli e Antonio Cabrini, più di 20 falli commessi da Claudio Gentile su Diego Maradona, riportano in alto la scuola italiana.

Quello contro il Brasile per molti è uno dei match più belli della storia del calcio. L’archetipo di una partita di pallone. La Seleção, così sicura di passare il turno che ha già prenotato albergo e pullman per Madrid, fa la voce grossa. Attacca ininterrottamente la porta azzurra, ma i ragazzi di Bearzot sono abili a sfruttare il contropiede. Botta e riposta di gol. Socrates risponde alla rete flash di Paolo Rossi (dopo cinque minuti dal fischio d’inizio), che poi realizza una doppietta e regala un nuovo vantaggio agli italiani al 25esimo. Nella ripresa Falcão rimette in parità il risultato, ma la tripletta di Rossi regala la semifinale all’Italia. La penultima partita della scalata tricolori è una delle più agevoli. Il solito Pablito mette a referto una doppietta: in 180 minuti passa da zero a cinque gol segnati nella competizione. Capocannoniere ex aequo con Karl-Heinz Rummenigge. I due bomber sono destinati a incontrarsi nella finale: è l’ora di Italia-Germania dell’Ovest.

Nel calcio la strategia, la tecnica individuale e il gioco di squadra possono favorire fino a un certo punto. Come la storia insegna, le più grandi imprese in questo sport hanno tutte intorno un alone di magia. La Dea bendata punisce i campioni e ne crea di nuovi, in nome di tutti coloro che amano, soffrono e vivono per quei maledetti 90 minuti.

Al Bernabeu, nel primo tempo, Cabrini fallisce un rigore che potrebbe girare l’inerzia della gara dalla parte dei tedeschi. Ma l’aria che tira quella sera a Madrid è diversa. Rossi segna il primo gol, importantissimo però è la rete di Tardelli che scatta la foto-copertina della scalata italiana sulla vetta del mondo. Quel tiro dal limite di una eleganza sopraffina e poi l’urlo liberatorio che atterrisce l’undici tedesco. A detta di Rummenigge “se si considerano i 90 minuti contro lItalia, abbiamo meritato di perdere. La squadra in azzurro era più fresca e anche migliore dal punto di vista calcistico”. Sul 3-0 di Alessandro Altobelli il Presidente della Repubblica, Sandro Pertini, sopraffatto dalla forza dell’Italia si lascia scappare un “non ci prendono più” in direzione di Juan Carlos I.

Pertini aveva ragione. Nonostante la rete della bandiera di Paul Breitner, l’arbitro Arnaldo Cesar Coelho fischia tre volte e solleva il pallone al cielo. “Palla al centro per Müller, ferma Scirea, Bergomi, Gentile, è finito! Campioni del mondo, Campioni del mondo, Campioni del mondo!”: così il telecronista Nando Martellini incide le sue parole sulla coppa dorata, compagna nel viaggio di ritorno di Dino Zoff, Pertini, Bearzot e Franco Causio, testimone di un’altra partita: quella di scopone scientifico tra i quattro.


di Edoardo Falzon