Ritratti. Da Gentile a Barton: brutti, sporchi e cattivi

venerdì 17 giugno 2022


Scegliete la vita, scegliete un lavoro, scegliete una carriera, scegliete la famiglia” declama Mark Renton (interpretato da Ewan McGregor) nel film cult Trainspotting (1996) diretto da Danny Boyle. Bisognerebbe aggiungere al monologo “scegliete chi portarvi in battaglia”. No, nessun riferimento all’attuale situazione geopolitica mondiale. Più che altro, una considerazione su chi avere vicino nei momenti difficili, ossia mentre l’ossigeno scarseggia durante una partita di calcio (calcetto o calcio a otto), con l’età che aumenta e la panza che avanza. Insomma, un fidato scudiero su cui fare affidamento. E se più di uno, meglio ancora. Di seguito alcuni esempi di centurioni del pallone che, ancora oggi, farebbero la loro figura, nel bene ma soprattutto nel male. Già: non fateli arrabbiare.

Vinnie Jones

Vinnie Jones da Watford, adesso, è un attore che predilige il ruolo di cattivo. E non è un caso: ex centrocampista, è l’icona della famigerata Crazy gang del Wimbledon, squadra che – contro ogni pronostico – conquista la Coppa d’Inghilterra nel 1988 (1-0 sul Liverpool, gol di Lawrie Sanchez). Giocatore con attributi fumanti, Jones è famoso per uno scatto fotografico che lo immortala mentre strizza i gioielli di famiglia di Paul Gascoigne. Aperta e chiusa parentesi. Non c’è altro da aggiungere.

Claudio Gentile

C’è chi odia gli indifferenti. Claudio Gentile, di sicuro, non ama i raccomandati del pallone. Nato a Tripoli, il difensore lega i suoi successi ai colori della Juventus. Conquista con la Nazionale il Mondiale che si svolge nel 1982 in Spagna. Nell’occasione, diventa l’ombra di Diego Armando Maradona (Argentina) e Zico (Brasile), finendo per seguirli anche alla toilette. Il numero dieci dei verde-oro, peraltro, tornerà nello spogliatoio con la maglietta strappata. Un messaggio subliminale, ma non troppo: con Gheddafi – questo il soprannome del terzino – non si scherza.

Duncan Ferguson

Duncan Ferguson, o se preferite Big Dunc, scozzese fluttuato tra i Rangers Glasgow, Everton e Newcastle, è un centravanti senza il dono della pazienza. A referto una condanna a tre mesi di reclusione dopo aver assestato una testata al difensore dei Raith Rover, John McStay.

Pasquale Bruno

Da San Donato di Lecce a Edimburgo il passo è breve. Pasquale Bruno, ’O Animale, conquista una Coppa Italia e una Coppa Uefa con la Juventus. Poi si trasferisce nella casa dei cugini del Torino: in un derby rifila una gomitata al centravanti bianconero Pierluigi Casiraghi. Al difensore è attribuita una frase che potremmo leggere nel peggiore bar di Caracas: “Quando faccio un’entrata, posso prendere sia la gamba che la palla, e se prendo la palla... pazienza”.

Marco Materazzi

Ha fatto piangere (Perugia-Juventus 1-0, 14 maggio 2001), ha pianto (Lazio-Inter 4-2, 5 maggio 2002), ha esultato (Inter-Bayern Monaco 2-0, 22 maggio 2010) e ha fatto godere (Italia-Francia, 5-3 dopo i calci di rigore, 9 luglio 2006). Marco Materazzi, una vita in più vite, tra gioie e dolori, scarpate e gomitate, campi polverosi e vittorie immortali. In campo non guarda in faccia a nessuno: Andriy Shevchenko e Bruno Cirillo ne sanno qualcosa. Eppure, spesso viene ricordato per la testata ricevuta da Zinedine Zidane. La causa? Una roba di campo. Matrix, come viene appellato dai tifosi, è amato e odiato, come una nota marca di scarpe. O anche come la Vecchia Signora, squadra rivale da sempre e per sempre. Strana la vita.

Tony Adams

Ha una vaga somiglianza con un agente della Polizia locale di Roma (Municipio II) che mostra il polso di ferro mentre dirige il traffico della Capitale. Tony Adams nasce a Romford, sobborgo nord-orientale di Londra. Diventa capitano e bandiera dell’Arsenal, oltre a essere una colonna della Nazionale della Perfida Albione. Con i Gunners fa incetta di campionati, Coppe d’Inghilterra e di Lega, Charity Shields più una Coppa delle Coppe. Alza il gomito in campo (per placare i bollenti spiriti degli attaccanti) ma anche fuori. Ne parla in Fuori gioco, la mia vita con l’alcol (Baldini & Castoldi). Nel libro, The donkey, l’asino – come viene soprannominato dai tifosi avversari – confessa questo lato oscuro. E ricorda: “Per noi alcolisti un bicchiere è troppo e cento sono nulla”.

Andoni Goikoetxea

Per qualcuno è El Gigante de Alonsotegi, per altri è il Macellaio di Bilbao. Con una entrata killer nel 1983 frantuma la caviglia di Maradona (allora al Barcellona), due anni prima ha la stessa attenzione per il ginocchio di un altro blaugrana, Bernd Schuster. Questo basterebbe per ricevere una “taglia”, almeno dalle parti del Camp Nou.

Paolo Montero

Paolo Montero. O Paolo il caldo. Mentre i ragazzini collezionano francobolli, l’uruguaiano accumula cartellini rossi, tanto da averne il record (16) nel campionato di Serie A. I trofei in bacheca non mancano, stesso dicasi per gli interventi da codice del portuale: da segnalare il pugno a Luigi Di Biagio e un calcione a Francesco Totti.

Roy Keane

“Nella mia carriera ho fatto un sacco di falli e conosco benissimo la differenza tra entrare duro e voler far male a qualcuno. Io ad (Alf-Inge) Håland non volevo spaccare la gamba. Chi gioca a calcio sa come si spaccano le gambe. È per questo che la gente in campo si arrabbia quando vede un certo tipo di tackle: capisce subito l’intenzione che c’è dietro. Nessun mio avversario storico, tipo Patrick Vieira, quelli dell’Arsenal o del Chelsea, nessuno di loro, credo, direbbe qualcosa di così negativo su di me. Direbbero che ero cattivo, che mi piaceva il gioco fisico, ma non ero sleale”. Questo uno stralcio de Il secondo tempo, dove Roy Keane – irlandese e cuore pulsante del Manchester United di sir Alex Ferguson – racconta la sua vita. C’è da credergli, sennò si può mettere male.

Joey Barton

È un giocatore, probabilmente, venuto dall’inferno. Joey Barton deve scegliere fra tre strade: “Fare l’artigiano, il calciatore o quella della droga”. Opta per la seconda possibilità. Ma non sarà una carriera qualsiasi. Perché campa di pane e rissa. E sembra proprio che non ne possa fare a meno. Come una condanna. La condanna di essere un bad boy.

 


di Claudio Bellumori