La parabola del Campione

mercoledì 20 novembre 2019


Il Lupo perde il pelo ma non il vizio. Siamo convinti che quattro titoli mondiali meritino rispetto, ma non per questo dobbiamo bendarci gli occhi per far finta di non vedere quello che è successo fra le Ferrari in Brasile. Sebastian Vettel, il grande ma forse non così grande Vettel, ha perso nuovamente la brocca, esattamente come gli successe a Baku nel 2017 quando, dimentico di essere su una monoposto a ruote scoperte, affibbiò, solo per stizza, una sportellata da vetture turismo all’incredulo Lewis Hamilton. Stavolta, partito in prima fila ma raggiunto dal compagno di squadra relegato 14mo al via, ha creato con un fallo di reazione un bel disastro, senza oltretutto ammetterlo.

Quanto ci sarebbe piaciuto che fosse stato in vita e in forze Enzo Ferrari. Metterci lì, in disparte, ad assistere alla sua reazione al rientro dei piloti al box. Altro che rimandare il debriefing: lui i conti li avrebbe fatti subito! E magari starebbe ancora inseguendo Mattia Binotto!

La realtà di questo 2019 è che nel Team è arrivato finalmente un grande pilota e non succedeva da anni. Il pur ottimo Vettel ha quindi dovuto fare i conti per tutto l’anno con un novellino (per età ed esperienza) che però lo ha ridimensionato per bene: nonostante i molteplici guai che gli ha procurato la squadra, Charles Leclerc è riuscito infatti a battere il suo caposquadra 11 volte a 9 in prova, ben 7 a 2 nelle pole position ed è davanti a lui in campionato.

La parabola del campione, raccontata proprio dal “vecchio” in persona, sosteneva che il tempo della gloria scade per tutti. Sta scadendo, piano piano, per Valentino Rossi. E sta scadendo evidentemente per Vettel, sposato in privato da pochi mesi ma già padre di due figlie. Forse ha iniziato a scadere per Cristiano Ronaldo. Ma scadrà prima o poi anche per Hamilton e, un giorno, per gli stessi giovani d’oro di oggi: Verstappen e Leclerc. È la vita e i campioni che, in passato, non hanno disceso quella parabola, come Clark e Senna, sono stati fermati proprio nella vita prima che potessero iniziare. Per disgrazia della loro esistenza ma per fortuna del loro mito.

Di imperdonabile, a nostro avviso, non c’è l’ostinazione del pilota Vettel, dopotutto brava persona, ma quella della Ferrari che continua, com’è nella sua storia, a non voler scegliere il n. 1 in pista – come noi scrivemmo in un articolo a inizio campionato – nemmeno adesso. Insomma, chi ha il comando deve comandare. È imperdonabile, cioè, l’esitazione nel retrocedere a gregario Vettel: speriamo che questa grande lezione smuova quei timidi dirigenti a convincersi che in questo spietato mondo del XXI Secolo, così cambiato, i risultati si raggiungono solo con la fermezza dei capi.


di Maurizio Oliviero