Francia-Croazia, in palio il premio per il “miglior film” 2018

venerdì 13 luglio 2018


Un incontro inedito, storico, a suo modo epico. Francia-Croazia rappresenta l’epilogo dei Campionati Mondiali di calcio che si sono tenuti in Russia. Le “grandi” hanno tutte perso malamente. La Germania, detentrice del trofeo, ha snobbato, forse per la prima volta, la competizione iridata, non garantendo la solita “regolare” andatura. Il Brasile si è rivelata una squadra che, al di là di Neymar, non ha garantito né spettacolo né adeguate coperture difensive. L’Argentina di Leo Messi, per incomprensibili ragioni extracalcistiche, si è concessa il lusso di lasciare Mauro Icardi fuori dal Mondiale. Messi, quando gioca nella Selección, deve sacrificarsi a inventare e a coprire, a discapito della sua vena realizzativa. Il Portogallo, oltre ai guizzi del neo-bianconero Cristiano Ronaldo, ha accusato la solita incompiutezza “mondiale”. L’Inghilterra, patria di Eupalla, ha sciupato l’ennesima occasione di arrivare almeno in finale. Si tratta, con tutta evidenza, di una nazionale che dipende quasi esclusivamente da Harry Kane, capocannoniere di Russia 2018 con sei reti.

Ma, su tutti, le formazioni e i giocatori che destano stupore e ammirazione sono la giovane Francia del diciannovenne Kylian Mbappé e la matura Croazia del trentaduenne Luka Modrić. Il francese ricorda, per classe, velocità, fiuto del gol, il primissimo Edson Arantes do Nascimento. Sì. Nientemeno che Pelè, vincitore del suo primo Campionato del mondo nel 1958, in Svezia, a soli diciassette anni. Modrić, corifeo dell’incredibile Real Madrid, sorprende per il tocco, le movenze, la visione di gioco che ricorda un esteta del calcio come Andrea Pirlo. La Francia, anche grazie agli “attori non protagonisti” Antoine Griezmann, Paul Pogba, N’Golo Kanté e Blaise Matuidi ha raggiunto, in scioltezza, la finalissima. La Croazia vi è arrivata per la prima volta. Grazie a Ivan Perišić e Mario Mandžukić. Già. Ma il premio per il “miglior attore” se lo contendono Mbappé e Modrić. Nei loro piedi e nella loro voglia di vincere sta scritto l’esito di una sfida irripetibile. Per queste ragioni, da vedere, analizzare e seguire con trasporto.

Dunque, la sfida di domenica ci consegna, plasticamente, il risultato di questa ventunesima edizione della Coppa del mondo. Per la Francia sarà la terza volta. Dopo il vittorioso mondiale casalingo del 1998, contro il Brasile e la sconfitta ai rigori con l’Italia, patita nel 2006. Il pronostico non ha senso. Seppure, indubbiamente, la Francia parta con un leggero vantaggio. Non fosse altro che per la nuova generazione che sta facendo emergere il selezionatore Didier Deschamps, già campione del mondo e d’Europa nel 2000 (contro l’Italia). Secondo i commentatori più avvertiti, la Francia è il futuro perché riesce a rappresentare, al meglio, l’ideale di una società multietnica. Una nazione di 67 milioni di abitanti. Dall’altra, la Croazia, abitata appena da quattro milioni di persone. La compagine croata, allenata da Zlatko Dalić, davanti a sé ha un compito straordinario: riscrivere la storia del calcio così come l’abbiamo conosciuta fino a oggi. La Croazia incarna una costola di quella Jugoslavia definita, un tempo, il Brasile d’Europa, all’insegna di genio e sregolatezza. La Francia è all’inizio di un nuovo ciclo. La Croazia segna, probabilmente, la fine di un gruppo irripetibile. Domenica, dunque, oltre ad assegnare il premio per il “miglior attore” a uno tra Mbappé e Modrić, e quello di “miglior regista” a Deschamps o Dalić, si assegna il premio più importante, quello per il “miglior film”: Francia o Croazia.


di Guglielmo Eckert