Nadal e Vettel: la terra Rossa

lunedì 11 giugno 2018


Che cosa hanno in comune la finale del Roland Garros e il Gran Premio del Canada di F1?

La noia, la monotonia e due grandi campioni. Potrebbe sembrare una contraddizione, potrebbero sembrare elementi in antitesi l’uno con l’altro, ma è l’evidenza dei fatti a dirlo.

A Parigi bastano i tre set necessari a Rafa Nadal (32 anni) per aver ragione di Dominic Thiem (25 anni). Per lo spagnolo è l’undicesimo titolo sul rosso del Roland Garros, e anche questo la dice lunga. Così come significativo è il fatto che in tutto il torneo Nadal abbia perso un solo set, il primo, nei quarti contro l’argentino Diego Schwartzman. Poi dominio assoluto contro avversari più giovani, in grado di esprimere però solo potenza nei colpi ma poco coraggio e scarsa fantasia. E dire che il regno incontrastato dello spagnolo sulla terra rossa di Parigi è cominciato nel 2005 quando aveva appena 19 anni. Meglio che i giovani Thiem e Zverev (che contro di lui ha perso gli internazionali di Roma) non ci pensino. Oppure comincino a capire che per vincere sulla terra rossa contro il gigante spagnolo serve provare a variare il gioco, almeno rischiare qualcosina in più, magari trovando gli angoli giusti per chiudere a rete o usare il vecchio e dimenticato servizio e volee, o ancora un uso più frequente della palla corta.

Onore a questo proposito al nostro Marco Cecchinato che ha messo in mostra un bel tennis, una buona variazione di colpi (da sottolineare la sua palla corta) e che adesso deve lavorare sodo per crescere, visto che ha dimostrato sul campo di poter stare tra i primi trenta del mondo.

Thiem (che contro Cecchinato ha sofferto e non poco i primi due set) ha certamente un bel tennis, usa una mano sola, e questo stilisticamente parlando è apprezzabile, ma non può e non dovrebbe accettare gli scambi da fondo campo contro un avversario come Nadal che è un muro e più forte tiri, più violenta ti arriva la palla in risposta. Un suicidio tattico. Persino re Federer (37 anni) ha dovuto cambiare negli ultimi tempi in parte il suo tennis facendosi vedere più a rete quando è necessario. L’età in genere nello sport è elemento importante ma sembra che nel tennis così non sia. È un dato di fatto che a dominare le scene ancora oggi siano Nadal e Federer in attesa del ritorno a grandi livelli di Novak Djokovic (31 anni). Ecco perché poi una finale può avere un risultato scontato dall’inizio e dunque risultare noiosa e monotona, senza nulla togliere a chi la vince. Giù il cappello davanti a Nadal, ma che i giovani si diano una mossa.

Nella Formula 1 succede invece che il campione del mondo in carica Luis Hamilton (quarto in griglia) dichiari alla vigilia del Gran Premio del Canada che da quella posizione è difficile rimontare, impossibile vincere. Come dire che il Gran Premio si gioca sulla pole e quindi basterebbero le qualifiche per decidere il vincitore. Il problema è che ha ragione. Almeno in diversi circuiti è così. Chi parte davanti, davanti arriva salvo fatti clamorosi come potrebbe essere un errore di strategia, un calo della macchina o un incidente. E infatti per un calo di potenza del motore Hamilton ha perso anche una posizione rispetto alla griglia di partenza facendosi superare da Ricciardo. Per il resto arrivo in fotocopia con Vettel dominatore assoluto nelle prove e nel Gran Premio, davanti a Bottas , secondo anche in griglia e Verstappen terzo, come in griglia. Giri su giri durante i quali non si vedono sorpassi nelle posizioni di testa, con un minimo di tensione solo sul finale quando Verstappen stava riprendendo Bottas e Hamilton si era avvicinato a Ricciardo. Al di là di tutto va celebrata con entusiasmo la vittoria della Ferrari e il ritrovato primo posto nella classifica mondiale di Sebastian Vettel. Un successo dal sapore particolare perché conquistato in Canada dove il tifo per la rossa è simile a quello di Monza, e dove la suggestione storica riporta indietro di 40 anni quando su questo circuito vinceva con la Ferrari Gilles Villeneuve, a cui poi il circuito è stato intitolato. E dove l’ultimo successo Ferrari risaliva al 2004 quando al volante c’era Shumacher. Il dominio del nuovo motore Ferrari fa ben sperare per questo mondiale, con tutti gli scongiuri del caso. La Mercedes monterà i nuovi motori nel prossimo Gran Premio e allora avremo dei parametri più attendibili.

Aspettando, speriamo non troppo, Raikkonen incapace anche ieri di inserirsi nella lotta per i posti che contano. Vettel celebra così la vittoria numero 50 in carriera e a lui fa da contraltare la malinconica uscita di scena di Fernando Alonso costretto al ritiro nel suo gran premio numero 300.

Qualche anno fa durante la consueta cena di Natale a Maranello offerta ai giornalisti dall’allora presidente Montezemolo venne fuori il discorso sulla monotonia delle gare di formula uno. Montezemolo chiese agli invitati suggerimenti per rendere più imprevedibili e dunque spettacolari le corse. Qualcuno suggerì meno elettronica in modo da ridare centralità alla guida, al cosiddetto “manico”. Suggestivo ma difficilmente percorribile, impensabile che si torni indietro nell’era dell’elettronica. Ma il tema resta aperto. Alzi la mano chi ha idee in proposito e se poi c’è qualcuno in grado anche di preparare tatticamente in maniera di versa anche i giovani tennisti, ben venga. Sarebbe bello vedere una finale al Roland Garros vinta al quinto set e un Gran Premio deciso da un sorpasso.


di Eugenio De Paoli