Quando il mare di Puglia si tinse di sangue e onore

martedì 23 dicembre 2025


Trentatré anni non bastano a cancellare l’eco di un impatto che squarciò il silenzio della notte e la carne di un uomo giusto. Il 22 dicembre 1992 non è solo una data sul calendario della memoria della Guardia di Finanza; è una ferita aperta nel fianco dell’Italia, il racconto di un’epoca brutale in cui il mare Adriatico era il fronte di una guerra non dichiarata, combattuta tra lo Stato e i “signori del fumo”.

Al centro di questa tragedia c’è lui: Raffaele Vitiello, maresciallo della Guardia di Finanza, un figlio del Sud che aveva scelto di servire la bandiera, consapevole che quel giuramento, in quegli anni, poteva significare il sacrificio estremo.

LA NOTTE DELL’AGGUATO: UNA GUERRA SENZA ESCLUSIONE DI COLPI

Negli anni ‘90, il contrabbando in Puglia non era più la “piccola industria” romantica del dopoguerra. Era diventato un’organizzazione paramilitare spietata. I contrabbandieri utilizzavano scafi blu potentissimi, dotati di motori fuoribordo tripli o quadrupli, corazzati con piastre d’acciaio e rostri per speronare. Non fuggivano più: attaccavano. Quella notte di dicembre, nelle acque antistanti Brindisi, la Guardia di Finanza intercettò i mercanti di morte. Raffaele Vitiello era al suo posto, nel cuore pulsante del natante: la sala macchine. È il luogo più vulnerabile, il più buio, dove il rumore dei motori copre ogni altro suono. All’improvviso, l’impatto devastante. Uno scafo dei contrabbandieri, lanciato a velocità folle come un proiettile marino, puntò dritto contro l’imbarcazione dello Stato. Lo speronamento fu di una violenza inaudita. La lamiera si accartocciò e l’acqua irruppe. Raffaele, che con dedizione vegliava su quei motori per garantire la sicurezza dei suoi compagni in coperta, fu travolto. Morì così, a 45 anni, mentre compiva il suo dovere nell’oscurità della sala macchine.

PERCHÉ RICORDIAMO RAFFAELE VITIELLO DOPO 33 ANNI?

Ricordare Vitiello oggi non è un mero esercizio di retorica, ma un dovere civile. Ecco perché la sua storia deve continuare a scuotere le nostre coscienze. Raffaele era un uomo del Sud che serviva lo Stato in una terra difficile. In un momento in cui i contrabbandieri alzavano il tiro  ̶  speronando auto dei Carabinieri e della Polizia a terra e motovedette in mare  ̶  lui non si tirò indietro.

La tragedia di Vitiello ci ricorda che la legalità ha avuto un prezzo altissimo. La Puglia ha vissuto anni di “guerriglia” urbana e marittima che hanno forgiato l’identità di un’intera regione e delle sue Forze dell’Ordine. Oggi che il contrabbando ha cambiato volto, diventando digitale o sommerso, non dobbiamo dimenticare chi ha affrontato fisicamente la violenza di chi voleva trasformare l’Adriatico in una terra di nessuno.

UNA PAGINA DI STORIA CHE NON PUÒ ESSERE CANCELLATA

La morte di Raffaele Vitiello lasciò un segno profondo non solo in Puglia, ma in tutta Italia. Fu il simbolo di una nazione che non si piegava alla prepotenza criminale. Ogni volta che una motovedetta solca le onde per proteggere i nostri confini, c’è un pezzetto di quell’eroismo silenzioso che Raffaele incarnò fino all’ultimo respiro.

Il suo nome, inciso nel marmo e nei cuori dei suoi colleghi, grida ancora oggi che la legge è più forte della violenza. La sua giovane vita, spezzata pochi giorni prima di Natale, è il monito perenne che la libertà e la sicurezza che godiamo oggi sono state pagate con il sangue di giganti umili come lui.

Onore a Raffaele Vitiello. finanziere, eroe, figlio d’Italia.


di Alessandro Cucciolla