Vivere sostenibile? Solo con QR Code

lunedì 24 novembre 2025


Nelle fiabe i genitori salvano i figli portandoli fuori dai boschi, per sottrarli a streghe, orchi e altre figure poco raccomandabili. Nell’Italia reale del 2025, invece, accade il rovescio: non c’è nessun lupo cattivo, ma pare che il bosco stesso sia diventato, per certe istituzioni, più minaccioso di qualsiasi villain. Lo suggerisce il provvedimento del Tribunale per i Minorenni di L’Aquila che ha disposto l’allontanamento dei tre figli dei coniugi Trevallion, divenuti ormai la “famiglia dei boschi” più nota d’Abruzzo. 

La loro colpa? Aver scelto di vivere in un casolare tra i monti, preferendo un camino ai termosifoni, un pozzo all’acquedotto, pannelli solari alla bolletta e un’educazione parentale pienamente consentita dalla legge. Una vita semplice, alternativa, una sorta di “decrescita felice” che fa (faceva!) sognare nelle conferenze eco-sostenibili, ma che, nella realtà, pare preoccupare molti. Andiamo con ordine.

LA FAMIGLIA “PRIMITIVA” CHE INCIAMPA NEL FOTOVOLTAICO

La versione drammatizzata sostiene che vivessero “senza acqua né elettricità”, però l’acqua arriverebbe da un pozzo e la luce dai pannelli solari ‒ roba che, detta con ironia, sarebbe perfetta per le brochure dell’Agenda Verde più che per la narrativa dell’abbandono. Riscaldarsi con il camino? In mezza Italia è tradizione, non prova di maltrattamento. Ma evidentemente, se il fuoco non arriva da una caldaia a prova di Direttiva EPBD by Ue, qualcuno scatta sull’attenti.

UNSCHOOLING: QUANDO ESSERE LEGALI DIVENTA SOSPETTO.

Tra le questioni, il terribile unschooling: una forma di istruzione parentale riconosciuta dalla legislazione italiana. Infatti, l’obbligo riguarda l’istruzione, non il luogo in cui la si riceve: può essere assolto in famiglia (genitori laureati, anche se di per sé vuol dire nulla), anche con l’aiuto di insegnanti esterni.  Niente stravaganze pedagogiche, dunque, solo una scelta minoritaria. Ma in un Paese che per mesi ha fatto studiare i bambini mascherati davanti a uno schermo, l’istruzione parentale pare essere un pericolo, se fatta senza Teams. Creatività, personalizzazione, educazione su misura: quante volte ne abbiamo sentito parlare? Eppure, quando quelle parole prendono forma in un bosco abruzzese, improvvisamente diventano una minaccia.

I FUNGHI SENZA PATENTINO

Tra le contestazioni, persino la raccolta di funghi senza autorizzazione. Una intossicazione alimentare o un’allergia da farmaci è motivo per allontanare dei figli? Se così fosse, metà Italia dovrebbe temere l’arrivo dei servizi sociali e preparare la valigia dei figli.

LA DECRESCITA FELICE SOLO NEI POWERPOINT

Il paradosso è sfrontato: mentre nelle scuole continuano a celebrare Agenda 2030 nel 2025, economie circolari e stili di vita sostenibili, chi davvero vive a basso impatto ‒ pozzo, solare, ridotto consumismo ‒ diventa improvvisamente “borderline”. Eppure, nessun accertamento sanitario avrebbe mai rilevato condizioni pregiudizievoli per i minori. Ma evidentemente, vivere in modo davvero sostenibile è una provocazione intollerabile per il dogma del “sostenibile purché certificato e con QR code”.

VACCINI E OBBLIGHI: UN NON PROBLEMA

È comparsa anche la questione dell’obbligo vaccinale, che vale solo per nidi e scuole d’infanzia per chi ne decidesse la frequenza dei loro figli. Ma nell’istruzione parentale, se i genitori decidono diversamente, non c’è esclusione scolastica o sanzioni amministrative, evidentemente.

QUANDO LO STATO DECIDE CHE EDUCARE È AFFARE SUO

Come osservano diverse associazioni – e tra queste Rete Liberale – la vicenda mostra il rischio concreto di un invadente potere dei servizi sociali, dove i figli sembrano diventare proprietà collettiva sotto sorveglianza. Se il criterio diventa l’omologazione allo stile di vita dominante, allora nessuno è più al sicuro: oggi i residenti nel bosco; domani chi non sceglie la scuola statale o rifiuta le efficientissime smart city; chi professa valori culturali o religiosi non “in linea”. Però, ci sarebbero valori e credenze importati non troppo in linea con la nostra Costituzione, ma in questi casi vale sempre il cortocircuito di cui sopra.

Per questo Rete Liberale chiede chiarezza, e una revisione delle prassi che portano all’allontanamento: misura estrema, legittima solo di fronte ad abusi reali e certificati, non certo per una vita alternativa.

Chi ha paura del bosco, allora? Il caso Trevallion non è solo cronaca: è lo specchio di un progressismo a corrente alternata, che predica la natura, la semplicità e la sostenibilità, salvo poi spaventarsi quando qualcuno le applica davvero.

Nell’Italia dei mille decreti ecologisti a marchio Ue, pare che l’unica cosa davvero pericolosa sia la libertà: quella educativa, quella familiare, quella di vivere fuori dal decalogo del politicamente corretto, così fragile nella sua teorizzazione da andare in confusione appena incontra la realtà.

Una nota positiva, oltre ai milioni di italiani che hanno percepito questa decisione come una stonatura al comune buonsenso, c’è! Qualcosa si muove sul fronte degli affidi: il dl Nordio–Roccella, Disposizioni in materia di tutela dei minori in affidamento che introduce due registri nazionali, uno per famiglie affidatarie e comunità, uno per i minori collocati fuori famiglia.

Finalmente, ulteriori strumenti per conoscere e monitorare numeri e situazioni per una maggiore trasparenza, che in una materia così delicata non è mai abbastanza. In fondo, un casolare nei boschi non è un pericolo. Il vero pericolo è quando lo Stato comincia a temere una famiglia libertaria che lo abita. D’altra parte, i Trevallion non sono né rom né arrivati su un barcone: e forse è proprio su questo che il grande algoritmo statalista a doppio standard è andato in tilt.


di Nicoletta di Giovanni