La farsa pandemica e vaccini anti-Covid

lunedì 27 ottobre 2025


Nel silenzio quasi totale dei grandi media, è emerso in Parlamento un fatto che avrebbe meritato l’apertura di tutti i notiziari e un dibattito pubblico serio sul rapporto tra scienza, potere e interessi economici. Durante la sua audizione davanti alla Commissione parlamentare d’inchiesta sulla gestione della pandemia da Covid-19, il professor Fabrizio Pregliasco, volto onnipresente nei talk show e per anni considerato uno dei principali riferimenti scientifici per l’opinione pubblica, ha ammesso di aver ricevuto, negli ultimi quattro anni, finanziamenti diretti da alcune tra le più grandi multinazionali farmaceutiche del mondo.

Già nel 2021, ebbi modo di videointervistarlo con la mia rubrica tv La Cura Ri-Costituente e in quella circostanza mi colpì la leggerezza con cui dava delle risposte sconcertanti, tipo quando gli domandai il motivo per cui i farmaci anti Covid-19 avessero il segreto militare e lui rispose che non lo sapeva, dimostrando al riguardo un totale disinteresse, visto che per il medesimo il fatto era superfluo e non significativo, insomma senza alcun beneficio del dubbio.

Ora siamo di fronte ad altre dichiarazioni sconvolgenti rilasciate da Pregliasco con la stessa naturalezza con cui rispose alla mia video intervista, fornendo alla Commissione un elenco delle società farmaceutiche finanziatrici come GSK, Sequirus, Bayer, Janssen, Sanofi, Bausch & Lomb, Lilly, Pfizer, Moderna, Novavax, Procter & Gamble. In sostanza, tutte le aziende che hanno prodotto i vaccini contro il Covid-19 o che hanno tratto vantaggi economici dalla crisi sanitaria globale.
La rivelazione è avvenuta in un contesto istituzionale, sotto giuramento, e avrebbe dovuto suscitare interrogativi immediati sulla reale indipendenza di chi, per anni, ha orientato le decisioni politiche e la percezione collettiva riguardo ai vaccini, ai lockdown e alle strategie di contenimento del virus.

Nonostante ciò, la notizia è rimasta confinata a poche righe su alcuni giornali “anti conformisti” e non ha trovato spazio né nei telegiornali né nelle prime pagine delle principali testate nazionali. Come volevasi dimostrare, siamo di fronte al solito silenzio assordante, che alimenta il sospetto di un’omertà informativa funzionale a evitare la riapertura di un dibattito scomodo, ossia quello sulla trasparenza della comunicazione scientifica e sul possibile intreccio tra mondo accademico, industria farmaceutica e potere politico. Nel corso dell’audizione, Pregliasco ha difeso la bontà dei vaccini e la correttezza delle politiche sanitarie adottate durante l’emergenza, sostenendo che “tutta la ricerca biomedica si finanzia anche attraverso collaborazioni con aziende private” e arrivando persino ad affermare che “forse sono più indipendente di altri, perché ho ricevuto fondi da più soggetti”.

Tale spiegazione alquanto grottesca e surreale ha indignato molti membri della Commissione, tra cui il presidente Marco Lisei, che ha incalzato Pregliasco su diverse questioni, dal mancato aggiornamento del piano pandemico del 2006 all’improvvisa adozione dei Dpcm che hanno limitato per mesi le libertà costituzionali.

La vicecapogruppo di Fratelli d’Italia al Senato, Antonella Zedda, ha osservato che: “Chi riceve denaro da produttori di farmaci non può dirsi terzo nel giudicare la questione vaccini”, richiamando la necessità di “chiarezza e onestà anche nel campo scientifico, così come la politica dovette farlo dopo Mani Pulite”.
Sul fronte opposto, il Movimento 5 Stelle, che aveva fatto della trasparenza la propria bandiera, ha mostrato imbarazzo, tant’è che il senatore Alfonso Colucci ha tentato di attenuare la portata dell’ammissione chiedendo se i fondi ricevuti fossero “personali o per la ricerca scientifica”, come se questo bastasse a eliminare il conflitto di interessi.

L’aspetto fondamentale di queste dichiarazioni consiste nel fatto che la distinzione tra ricerca e compenso privato non cambia la sostanza del problema, perché la dipendenza economica da grandi gruppi industriali può comunque orientare, anche inconsapevolmente, il giudizio di chi è chiamato a esprimere pareri di rilevanza pubblica. Il caso Pregliasco assume un significato che va oltre la sua persona, in quanto rappresenta il simbolo di un sistema in cui la scienza, per mancanza di fondi pubblici e per la spinta alla produttività accademica, si è progressivamente intrecciata con l’industria farmaceutica, fino a renderne difficile la distinzione tra consulenza, collaborazione e condizionamento.

Durante la pandemia, questa commistione si è tradotta in una gestione dell’informazione sanitaria fortemente centralizzata, nella quale le voci critiche venivano marginalizzate e il dibattito ridotto a una contrapposizione ideologica tra “scienza” e “negazionismo”, in cui la scienza perdeva il suo connotato sperimentale ed epistemologico per divenire un inconfutabile dogma.

Pertanto, ora che emergono ammissioni di rapporti economici con Big Pharma, il silenzio dei media, nel loro dogmatico conformismo informativo, appare ancora più grave. La mancata copertura mediatica di questo episodio solleva domande inquietanti: chi decide oggi cosa merita di essere raccontato? È accettabile che una notizia di tale portata venga ignorata perché incrina la narrativa dominante sulla pandemia?

In una democrazia sostanziale e non solo formale, il diritto dei cittadini a essere informati dovrebbe prevalere sulla convenienza politica o economica di tacere. L’omissione, in questo caso, pesa quanto una menzogna, perché non si tratta di alimentare teorie complottiste, ma di pretendere trasparenza da chi, durante l’emergenza, ha esercitato un’influenza diretta sulle scelte sanitarie del Paese e sulle coscienze di milioni di persone.
Invero, resta il fatto che un uomo di scienza, presentato per anni come voce neutrale e rassicurante, ha ammesso di essere finanziato da quelle stesse aziende che avevano tutto l’interesse a promuovere campagne vaccinali di massa, mentre il virologo e biologo francese, nonché premio Nobel per la medicina, Luc Montagnier veniva vilipeso dai media e da egocentrici scienziati come inebetito.

Infatti, resta agli atti che l’infettivologo Matteo Bassetti ha dovuto risarcire gli eredi dello scienziato Luc Montagnier per un importo di 6.000 euro, secondo quanto stabilito dal giudice del tribunale civile di Genova, a causa degli insulti proferiti nei suoi confronti durante un dibattito a Sutri, nel Viterbese.

Quindi, mentre la notizia delle ultime dichiarazioni di Pregliasco affiora solo sulle pagine di pochi quotidiani, la fiducia dei cittadini nelle istituzioni, nella scienza e nell’informazione subisce un altro duro colpo. La trasparenza non dovrebbe essere un’eccezione, ma la condizione minima per ricostruire quella credibilità collettiva che il silenzio del conformismo illiberale e monotematico, ancora una volta, rischia di compromettere.

Al postutto, non si può pensare di silenziare il dibattitto riducendolo alla solita pretestuosa polarizzazione, riassumendo la questione in pro-vax e no-vax, al solo scopo di evitare un sano e costruttivo confronto di dati sperimentali, a favore di teorie dogmatiche sulla aprioristica infallibilità di una sedicente scienza, che in realtà scienza non è, ma atto di fede.


di Fabrizio Valerio Bonanni Saraceno