lunedì 27 ottobre 2025
A oltre ottant’anni di distanza, la battaglia di El Alamein rimane uno degli episodi più tragici ed eroici della Seconda guerra mondiale per l’Italia. In quella landa desolata dell’Egitto, i soldati italiani, mandati a combattere una guerra di aggressione al fianco della Germania nazista, scrissero una pagina di storia intrisa di sacrificio e valore, riconosciuta persino dai loro avversari. Ma perché si combatté a El Alamein? Quale fu il reale contributo dei soldati italiani? E perché è fondamentale, ancora oggi, ricordare il loro eroismo?
LA VICENDA STORICA: UNA SVOLTA DECISIVA NEL DESERTO
Le battaglie di El Alamein, combattute tra il luglio e il novembre del 1942, rappresentarono un punto di svolta cruciale nella campagna del Nordafrica. Le forze dell’Asse italo-tedesca, guidate dal feldmaresciallo Erwin Rommel, miravano a conquistare l’Egitto, assicurarsi il controllo del Canale di Suez e accedere alle vitali risorse petrolifere del Medio Oriente. Questa offensiva si inseriva in una strategia a tenaglia più ampia, che prevedeva la convergenza con le forze tedesche impegnate sul fronte russo.
Dopo una serie di successi iniziali che portarono le truppe dell’Asse a pochi chilometri da Alessandria d’Egitto, l’avanzata si arrestò proprio a El Alamein. Qui, l’Ottava amata britannica, sotto il comando del generale Bernard Montgomery, stabilì una solida linea difensiva. La situazione per gli Alleati era critica, ma anche le forze italo-tedesche erano allo stremo, logorate dalla lunga avanzata e dalla cronica carenza di rifornimenti, in particolare di carburante, a causa dell’efficace azione della marina e dell’aviazione britannica.
Il 23 ottobre 1942, dopo mesi di preparazione e con una schiacciante superiorità di uomini e mezzi, Montgomery lanciò una massiccia offensiva. La seconda battaglia di El Alamein fu una guerra di logoramento, in cui la superiorità numerica e la gestione delle risorse giocarono un ruolo cruciale. Nonostante l’ordine di Hitler di resistere a ogni costo, le forze dell’Asse furono costrette a una drammatica ritirata, che segnò l’inizio della fine della loro presenza in Nordafrica.
L’EROISMO DEI SOLDATI ITALIANI: “MANCÒ LA FORTUNA, NON IL VALORE”
In questo tragico scenario, emerse con forza il valore dei soldati italiani, spesso equipaggiati in modo inadeguato ma animati da un incredibile spirito di sacrificio. La celebre frase incisa sul Sacrario di El Alamein: “Mancò la fortuna, non il valore” riassume perfettamente la loro esperienza.
Divisioni come la Folgore e l’Ariete divennero leggendarie per la loro tenacia. I paracadutisti della Folgore, impiegati come fanteria nel deserto, resistettero oltre ogni limite umano, respingendo numerosi attacchi nemici nonostante l’enorme disparità di forze. Le testimonianze dell’epoca, anche da parte britannica, riconobbero il loro coraggio. Lo stesso Winston Churchill, in un discorso alla Camera dei Comuni, affermò: “Dobbiamo davvero inchinarci davanti ai resti di quelli che furono i leoni della Folgore”. Un corrispondente di Radio Cairo commentò che: “La Divisione Folgore ha resistito al di là di ogni possibile speranza”.
Altrettanto eroica fu la resistenza della divisione corazzata Ariete. Equipaggiata con carri armati nettamente inferiori ai modelli Sherman americani in dotazione agli inglesi, l’Ariete si sacrificò per coprire la ritirata delle altre truppe italo-tedesche. L’ultimo, drammatico messaggio radio della divisione, il 4 novembre 1942, è entrato nella storia militare italiana: “Carri nemici fatta irruzione a sud. Con ciò Ariete accerchiata. Carri Ariete combattono!”.
Lo stesso Rommel, che in diverse occasioni criticò l’equipaggiamento e la preparazione di alcune unità italiane, riconobbe il coraggio dei carristi dell’Ariete, affermando che da loro “avevamo sempre preteso più di quanto fossero in grado di fare con il loro cattivo armamento”.
Le testimonianze e le lettere dal fronte dei soldati italiani dipingono un quadro di sofferenza e abnegazione. Un paracadutista della Folgore scriveva alla sua amata nel settembre del 1942, descrivendo la dura vita in trincea ma con un morale altissimo e la certezza della propria superiorità individuale sul nemico. Anche le memorie di Paolo Caccia Dominioni, comandante del 31° Battaglione Guastatori del Genio e futuro artefice del Sacrario Militare Italiano, offrono uno spaccato vivido e commovente di quei giorni.
PERCHÉ FURONO ATTACCATI: LA CONTROFFENSIVA ALLEATA
Le forze italo-tedesche a El Alamein non furono le vittime di un’aggressione improvvisa, ma gli invasori che avevano portato la guerra in Egitto. L’attacco britannico del 23 ottobre 1942 fu una controffensiva su larga scala, pianificata meticolosamente per respingere l’avanzata dell’Asse e proteggere gli interessi strategici alleati nella regione. L’obiettivo era chiaro: annientare l’Armata corazzata italo-tedesca e riprendere il controllo del Nordafricani, aprendo la strada per la successiva invasione dell’Italia.
Gli Alleati godevano di una netta superiorità in termini di uomini, carri armati, artiglieria e aviazione. I nuovi carri armati Sherman forniti dagli Stati Uniti si rivelarono decisivi contro i più leggeri e meno potenti carri italiani. Nonostante la strenua difesa, le linee dell’Asse furono infine travolte dalla potenza di fuoco e dalla superiorità materiale degli Alleati.
UNA PAGINA DI STORIA DA RICORDARE
Oggi, El Alamein è un luogo di memoria, un tributo ai soldati di entrambi gli schieramenti che combatterono e morirono in uno dei teatri più difficili della guerra. Per l’Italia, ricordare El Alamein non significa celebrare la guerra o l’ideologia che la scatenò, ma onorare il sacrificio di migliaia di uomini che, in condizioni disperate e con mezzi inadeguati, fecero fino in fondo il loro dovere.
Il Sacrario Militare Italiano di El Alamein, progettato da Paolo Caccia Dominioni, custodisce le spoglie di circa 5.200 caduti italiani e ascari libici, mentre si stima che oltre 38.000 siano i dispersi nel deserto e in mare. Questo luogo sacro è meta di pellegrinaggi e ogni anno si tengono cerimonie commemorative, come quelle organizzate dall’Associazione Nazionale Paracadutisti d’Italia, per mantenere viva la memoria di quei tragici eventi.
Ricordare El Alamein significa comprendere la complessità della storia, distinguendo tra le responsabilità politiche di una guerra di aggressione e il valore umano dei soldati che vi combatterono. È un monito contro l’orrore di tutti i conflitti e un omaggio al coraggio e alla resilienza di una generazione che fu mandata a morire tra le sabbie del deserto. Una pagina di storia tanto tragica quanto eroica, che merita di essere conosciuta e tramandata.
di Alessandro Cucciolla