giovedì 16 ottobre 2025
A Udine, prima e durante la partita di calcio tra Italia e Israele, si sono presentati i soliti odiatori, spinti dai soliti rimestatori nel torbido. A mio avviso i peggiori sono stati due giornalisti Rai, uno dei quali si è messo a glorificare la tranquillità del corteo un minuto prima che scoppiassero gli scontri: evidentemente ignorava che tutti i cortei di questo tipo nascono “pacifici” e muoiono con la guerriglia. Il secondo – cito Marco Taradash – ha detto: “L’Italia ha la possibilità di eliminare Israele almeno sul campo, vincendo”. Così Jacopo Cecconi, inviato del Tg3 a Udine, nell’edizione delle 19. Diciamo che, o non è padrone del linguaggio che usa, confondendo il lessico sportivo con quello politico, oppure ha un modo sbagliato di usare il microfono. La questione dell’odiare qualcuno per avere una ragione da esporre al mondo e sentirsi parte di un collettivo che urla è decisiva.
Può essere spiegata benissimo da una vicenda che trovai non so più in quale fonte, dato che le notizie sulle persecuzioni nei confronti di ebrei finiscono nel fiume del pensiero “progressista”, quindi spariscono o sono censurate. È così. Ebbene, la fonte si riferisce alla visita di una delegazione del parlamento o del governo giapponese nella Germania nazista, negli anni in cui iniziava la persecuzione che culminò con la Shoah. I nazisti parlarono molto della “questione ebraica”, e di come la stavano “risolvendo”. A quel punto rivolsero ai giapponesi (anche loro commisero atrocità in Corea e Cina) la domanda: “E voi come fate con i vostri ebrei?”, al che uno dei giapponesi della delegazione rispose candidamente: “Purtroppo noi non abbiamo nessuno da odiare”.
Quando si accende il fuoco? Basta un gruppo che rimesta nella fogna delle sue “idee” e indica alla massa qualcuno da odiare. È come una polveriera. Tutto esplode. Tutti si mettono il lenzuolo bianco della pace, ignorando che è quello del Ku Klux Klan, o del neofascismo rossonero o del propalestinismo o di quello che volete. Il meccanismo è quello: dagli all’untore e entrerai in un clan, avrai almeno uno scopo. Odiare è più facile del suo contrario. Versare sangue rende l’odiatore un sacerdote che si crede onnipotente, per un giorno, un’ora, una vita. La strada di Caino si ripete all’infinito. Solo nella predicazione del Messia ebreo (e in parte nel buddismo) si delinea la possibilità di prendere la parte che fu tolta ad Abele e dire ai milioni di Caino: Fermatevi!
Per capire Hamas e i pro-Pal conviene anche citare Muṣʿab Ḥasan Yūsuf, un giovane che ha militato in Hamas, visto che era figlio di uno dei fondatori del movimento. Yūsuf ha ripudiato il suo percorso familiare, la sua appartenenza etnica, collaborando con Israele e ottenendo asilo politico negli Stati Uniti, diventando uno dei principali accusatori del movimento che ha controllato Gaza, da quando fu riconsegnata da Israele ai palestinesi (e speriamo che ora sia finita). Ecco alcune parole di questo coraggioso giovane che ha parlato al Parlamento europeo (dov’erano i Tg e i talk-show italiani?) dicendo ciò che non si sente dire nei media mainstream. Cito solo queste parole: In Palestina “c'è la tribù di Hamas, c’è la tribù della Jihad Islamica, c’è la tribù di Khalil, e c’è la tribù di Nablus. Ogni tribù ha interessi diversi, e sono tutte in conflitto tra loro. Se non avessero Israele come nemico comune, si ucciderebbero a vicenda. I pro-Pal in realtà stanno dando aiuto e copertura ad Hamas, partecipano al crimine”.
di Paolo Della Sala